Calciopoli: raccolta firme per revocare all'Inter lo scudetto del 2006
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Calciopoli: petizione con raccolta firme per revocare all’Inter lo scudetto del 2006

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Ecco la petizione per sensibilizzare gli Enti alla revoca dello scudetto 2005/2006, assegnato all’Inter. Parte la raccolta di firme

In attesa dell’11 marzo, data in cui il collegio di Garanzia del Coni esaminerà il ricorso presentato dalla Juventus per la revoca dello scudetto del 2006, parte la petizione per sensibilizzare gli Enti a cui spetterà la decisione. Ecco il comunicato con cui i promotori presentano la raccolta firme.

«I sottoscritti, Paolo Spagnuolo, Pasquale Gallo, Luigi Palumbo, Giacomo Novello, Massimo Tortorella, Pasquale Jovane, Ivan Ambrosanio, Carmine Cuomo, Benedetto Merulla, Meluccio Pecoraro, Giovanni Caliandro,Emanuele Montuori, Fabio Di Giovanni, quali promotori nonché i firmatari della presente raccolta di firma

Premesso che

  • A seguito del cosiddetto scandalo “Calciopoli”, per cui fu riscontrato che alcune squadre di calcio intrattenessero rapporti con i designatori arbitrali al fine di influenzare le designazioni per le proprie partite e ottenere così arbitri “favorevoli”, alla Juventus, retrocessa dal primo all’ultimo posto, venne revocata l’assegnazione dello scudetto, nonostante il primo posto conseguito sul campo nella classifica del campionato di serie A 2005/2006;
  • Il Milan, coinvolto nell’inchiesta, in virtù della cospicua penalizzazione subita, perse il secondo posto, per cui al primo posto della predetta classifica venne collocato l’Inter, all’epoca squadra considerata estranea agli illeciti di Calciopoli;
  • La Corte Federale, organo della FIGC, il 25 luglio 2006 si limitò a revocare lo scudetto alla Juventus, senza assegnarlo ad alcuna squadra;
  • Il 26 luglio 2006, viceversa, la FIGC, presieduta dal Commissario straordinario Guido Rossi, assegnò il medesimo scudetto all’Inter;
  • In realtà, statisticamente, la storia del calcio italiano ed internazionale non ci consegna precedenti simili in cui, cioè, alla revoca dello scudetto per illecito sportivo si accompagnasse l’assegnazione “a tavolino” ad altro club (cfr. il caso della revoca dello scudetto al Torino del 1927 e della mancata assegnazione del medesimo titolo al Bologna, secondo classificato); 
  • La vittoria a tavolino dell’Inter fu attribuita alla squadra risultata estranea allo scandalo, quindi al club che aveva dimostrato il rispetto del principio della lealtà sportiva; 

Considerato che 

  • Successivamente, vale a dire nel 2011, le risultanze processuali di calciopoli vennero ampiamente smentite dal  procuratore federale Stefano Palazzi, secondo cui anche l’Inter fu responsabile di illeciti, avendo cercato di assicurarsi vantaggi in maniera non corretta;
  • A prescindere dalla prescrizione dei reati rilevante nel caso di specie, il procuratore stigmatizzò come illeciti i comportamenti perpetrati dal dirigente Giacinto Facchetti,  le cui condotte sono tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all’art. 1, comma 1, CGS (codice di giustizia sportiva), anche dell’art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.c., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale.
  • Alla responsabilità dei singoli tesserati segue la responsabilità diretta e presunta della società ai sensi dei previgenti artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS”; 
  • Il fatto nuovo, assorbente e dominante (rispetto all’esclusione dell’Inter dallo scandalo calciopoli), si è verificato recentemente: la pubblicazione della sentenza n. 2166 del 26.03.2018, emanata dalla Corte d’Appello di Milano, sez. V pen. Essa ha considerato rilevante, corrispondente al vero ed estremamente indiziante (sia ad un esperto sia ad un profano) il contenuto dell’intercettazione telefonica dell’11.05.2005 tra Giacinto Facchetti ed il designatore arbitrale Bergamo;
  • In particolare, la Corte milanese ha rilevato che, al cospetto della telefonata intercettata, “non ci si trova nell’ambito di una simpatica chiacchierata tra amici, ma il Presidente della Società Sportiva Internazionale F.C. faceva esplicite raccomandazioni ad un designatore arbitrale (Bergamo), da trasmettere all’arbitro Bertini, che avrebbe arbitrato la partita di Coppa Italia Inter – Cagliari del giorno dopo;
  • i Giudici di secondo grado, inoltre,  hanno evidenziato che “dal tenore letterale delle parole dette (“diglielo che è determinante domani”, “è determinante!”; “è necessario che il 4-4-4- si smuova con un risultato che cominci per V”) non si evincono risposte o affermazioni assolutamente neutre…”, interpretazione confermata dall’arbitro Bertini che, ascoltato in giudizio, ha riferito che Facchetti, prima della gara, gli “fece un appunto sul fatto che avesse arbitrato l’Inter 12 volte in precedenza, e che lo score fosse di quattro vittorie, quattro pareggi, quattro sconfitte”;

Ritenuto che

Il comportamento della società Inter, da ultimo emerso dalla sentenza n. 2166 del 26.03.2018, emanata dalla Corte d’Appello di Milano, sez. V pen., si manifesta palesemente contrario:

All’art. 1 bis CGS, quindi ai principi di lealtà, probità e correttezza;

Ai principi fondamentali previsti nella premessa del Codice di comportamento sportivo deliberato dal CONI: “il presente Codice di comportamento sportivo specifica i doveri fondamentali, inderogabili ed obbligatori, di lealtà, correttezza e probità;

All’art. 2 del medesimo Codice che sottolinea il principio di lealtà;

All’art. 3 del medesimo Codice che pone il divieto di alterazione dei risultati sportivi;

All’art. 9 del medesimo Codice che evidenzia il principio di imparzialità

Preso atto che

– La legittimazione e l’interesse a promuovere ed a partecipare alla presente raccolta di firme è in capo a tifosi, sportivi e cittadini in genere, in virtù del fatto che lo sport è considerato “importante fattore per lo sviluppo umano” (art. 1 Carta Europea dello Sport adottata dal Consiglio d’Europa) e dello “sviluppo delle relazioni sociali” (art. 2 della Carta). Lo sport, inoltre, è ormai riconosciuto come uno degli strumenti più forti e altamente strategici per la cooperazione tra gli Stati, al punto che il diritto allo sport, come il diritto alla solidarietà, allo sviluppo, alla comunicazione, all’ambiente sano, viene considerato mezzo per perseguire la pace sociale (cfr. Atto finale di Helsinki; la Carta internazionale dell’educazione fisica e dello sport, adottata nel novembre 1978 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO);

– si rende opportuno ristabilire il rispetto dei predetti principi, onde arginare il dilagante clima di disgregazione sociale e netta contrapposizione in virtù dell’”appartenenza calcistica”

Tenuto presente che

Al Consiglio Federale, ex art. 4 comma 1 NOIF spetta, tra l’altro, il controllo della regolarità dei campionati

Tutto ciò premesso

I sottoscritti promotori e firmatari della presente raccolta firme, alla luce dei numerosi fatti nuovi emersi e citati, nonché delle norme nazionali ed internazionali che associano lo sport a lealtà, probità e correttezza, sensibilizzano ed invitano gli Enti in indirizzo, ciascuno per le proprie competenze, a revocare la iniqua, ingiusta e lesiva (dei valori testé menzionati) decisione adottata il 26 luglio 2006, dalla FIGC, presieduta dal Commissario straordinario Guido Rossi.»

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