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Il calcio ai tempi dell’emergenza Coronavirus: il modello Juve è un esempio
L’emergenza Coronavirus impone delle restrizioni per il bene comune: il modello Juve è un esempio di educazione civica
Col cuore si vince sempre, con l’educazione si va ben oltre. Juventus è l’esempio di come bisogna vivere un momento come questo, che richiama tutti alla massima responsabilità. Al di là degli interessi propri di qualunque natura e delle posizioni più o meno comprensibili, l’emergenza Coronavirus coinvolge l’intero Paese. Non più una parte: perché sebbene i rischi di conseguenze serie restino mediamente bassi nelle aree più colpite dall’epidemia e pressoché nulli nel resto del territorio, l’aumento della pur bassa percentuale dei casi difficili potrebbe portare rapidamente alla saturazione delle strutture sanitarie, specie quelle delle zone rosse, con il conseguente necessario supporto di altri presidi già allertati.
EMERGENZA. Ecco perché si è reso necessario un provvedimento drastico sulla chiusura di scuole e stadi, per esempio, contesti che potrebbero favorire il contagio. «La salute pubblica è fondamentale. La nostra posizione è stata chiara fin da subito – ha ribadito stamani il numero uno del club bianconero Andrea Agnelli – Dovevamo essere sicuri che fosse la comunità scientifica a dire cosa si può fare o no. Il ruolo delle autorità era di uscire con una corretta decisione, questo è quello che è avvenuto. Poi sono le cariche sportive a lavorare riguardo a cosa le autorità hanno imposto, considerando il nostro impatto anche a livello sociale. Gli effetti economici delle azioni devono essere messi in secondo piano».
DISAGIO. Non si può certo nascondere che il disagio causato dal momento sarà pesante. Congelare l’intero sistema calcio (come quello dello Sport in generale) espone a una serie di conseguenze negative, specie nelle categorie inferiori: dal distacco dei propri sostenitori alla negazione di realizzare un incasso che in qualche circostanza garantisce la sopravvivenza, alla possibilità che qualche sponsor faccia un passo indietro non avendo più ritorno d’immagine. Per le realtà più grandi, invece, il danno enorme sarà in termini di “prodotto” in un’ottica commerciale. Il sacrificio dettato dalle misure di prevenzione, però, in questa fase è alquanto necessario per il bene comune. Il calcio nel stadi vuoti, in queste settimane, sarà ancora più un riferimento per molti. Un fattore di distrazione che avrà il dovere di offrire modelli positivi e valori sani.
EPIDEMIA. Al di là del campanile, che la fede dica Juve, Inter o chicchessia, anche il calcio deve rimanere unito per combattere il Covid-19. «Ho grande rispetto per Steven Zhang, abbiamo discusso dell’epidemia un paio di settimane fa, quando è venuto a cena casa mia. Abbiamo discusso della serietà della situazione – prosegue Agnelli -. Non devono essere i club a decidere cosa va fatto o no, le autorità si sono espresse chiaramente, ed è nostra responsabilità ora seguire quello che ci hanno detto. L’economia sarà colpita profondamente, speriamo che la situazione sia contenuta e risolta. Ogni azienda in ogni paese sarà colpita da un calo. La priorità va alla salute pubblica, l’obiettivo è contenere il contagio del virus».
EDUCAZIONE. Juventus dimostra tutto il suo valore evitando lo spreco di tre tonnellate di cibo che sarebbero state vendute e distribuite nei bar e nei punti di ristoro dell’Allianz Stadium mercoledì sera, in occasione del match di Coppa Italia con il Milan. Le derrate sono state preparate comunque, e destinate a bisognosi grazie alla collaborazione di quattro associazioni di Torino: Banco Alimentare, SERMIG, Comunità di Sant’Egidio e Fondazione Specchio dei Tempi. In un momento di emergenza, nel quale si chiede la massima responsabilità nel rispetto delle regole e delle buone norme comportamentali, la trasformazione di un danno economico in donazione, attraverso l’annullamento degli sprechi alimentari, è un grandissimo esempio per tutti.