Giuliani: «Vincere è una cultura insita nella Juventus»
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Giuliani: «Vincere è una cultura insita nella Juventus»

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Laura Giuliani, portiere della Juventus Women e della Nazionale, ha parlato del suo ruolo e della sua carriera. Ecco le sue dichiarazioni

Laura Giuliani, portiere della Juventus Women e della Nazionale, è intervenuta in diretta Instagram con la pagina di RandstadItalia.

GLI INIZI «Mi emoziona ascoltare quello che ho fatto in carriera. Quando si fa un summit di quello che è stato mi vengono le lacrime agli occhi. Io ho iniziato a giocare a calcio con i miei compagni e amici, e il calcio mi divertiva. Quando ho visto che avevo voglia di continuare, ho chiesto a mio padre di fare il provino per la squadra dell’oratorio a San Giuliano Milanese. Il provino, poi alla fine, non andò così bene».

ESPERIENZA ALL’ESTERO«Credo sia stato poi l’inizio della mia crescita effettiva a livello personale e calcistico. Il fatto di trovarsi lontano da casa per la prima volta a 19 anni, ti ritrovi catapultata in un’altra dimesione. Un po’ la vedi come una boccata d’aria fresca, ma poi quando cominciano a presentarsi determinate problematiche, ti rendi conto di quanto ti manchi quel che hai lasciato».

JUVENTUS «La maglia della Juve è storica, l’hanno vestito i migliori portieri italiani. A livello di tradizione è stata quella che ha portato il maggior numero di portieri alla Nazionale. Però senza il lavoro dei club, non ci sarebbe la Nazionale. Sono due maglie che vanno di pari passo, ma una è il premio per quanto fatto con l’altra. La Juve è un club ambizioso, dove vincere è l’unica cosa che conta, è un’identità, un qualcosa che si respira appena entri lì. E’ una cosa che arriva dall’alto ma è una cultura insita all’interno del club. La Juve è un’industria a 360° che noi dobbiamo ringraziare per averci portato fino a qua, e come al solito come è entrata nel calcio femminile, ha vinto».

RUOLO DEL PORTIERE – «Il portiere di base è un ruolo solitario. Già nella formazione si vede: tutti i reparti hanno minimo due persone, il portiere è sempre da solo. Al giorno d’oggi il portiere sta diventando una parte della difesa, entrando nelle dinamiche di costruzione e difesa dello spazio. Noi a livello psicologico dobbiamo essere sempre pronti a cambiare. Essere soli significa esserlo anche nel momento dell’errore. Però il calcio è un gioco di squadra: se non mi arriva nemmeno un tiro in porta è merito delle mie compagne, ed io cerco di fare gruppo incitandole da dietro. La comunicazione è alla base del nostro ruolo, può togliere tanti nodi dal pettine».

ERRORE«Come reagisco? L’errore di base fa parte del nostro ruolo. Quando un bambino sbaglia, lo fa 100 volte prima di fare la cosa giusta. Nel momento in cui diventi grande, al primo errore vieni giudicato. Una delle cose fondamentali è cercare di limitare i danni, accetti l’errore e lo accantoni. A fine partita lo analizzi: non devi solo rivederlo, ma cercare di capire da dove è scaturito l’errore. Deve essere un motivo per migliorarsi. Se un errore è recidivo, bisogna correggere qualche mancanza di base».

AUTOMOTIVAZIONE«Prima mi buttavo giù molto facilmente. Un mio preparatore mi diceva sempre che la palla più importante è la prossima. Mi viene in mente l’errore contro la Germania nel 2017, mi ricordo che mi arriva il cross, la palla mi scivola e le tedesche segnano l’1-0. In quel momento ho pensato di focalizzarmi sulla palla dopo e aiutare la mia squadra. Poi è stata una delle mie partite più belle, macchiate da quella imprecisione. Poi alla fine ringraziai il mio preparatore».

OBIETTIVI – «Uno dei fondamenti, dei principi più importanti. Darsi degli obiettivi significa non pensare di diventare Buffon in due anni, ma obiettivi costanti e raggiungibili, essendo consapevoli di una crescita. Bisogna essere ottimisti e programmarsi le cose, vedere cosa si riesce a fare. Io tutti i giorni organizzo la mia giornata sulla base dell’allenamento che voglio fare, e nel mezzo, cerco di metterci un’attività nuova. Fare mille attività che di solito non farei».

RIGORE PARATO ALLA KERR «Diciamo che ho fatto la torta e poi l’ho distrutta, perchè ho parato il rigore ma poi ha fatto gol. Diciamo che però è stata una grande emozione, perchè è stato all’esordio al Mondiale, di fronte a tanta gente. Però mi ero preparata: abbiamo studiato chi tirava i rigori nell’Australia». 

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