Furino: «Juve, basta vivacchiare. Bisogna tornare a vincere» - ESCLUSIVA
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Furino: «Juve, basta vivacchiare. Bisogna tornare a vincere» – ESCLUSIVA

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Intervistato in esclusiva da JuventusNews24, Giuseppe Furino, ex capitano della Juventus, ha parlato dei bianconeri, ripercorrendo diversi momenti della sua carriera da giocatore

8 campionati italiani, 2 Coppe Italia, 1 Coppa UEFA e 1 Coppa delle Coppe, questi i trofei vinti da Giuseppe Furino con la maglia della Juventus. L’ex capitano bianconero, che è stato anche vicecampione mondiale nel 1970 con la nazionale italiana, è stato intervistato in esclusiva da JuventusNews24. Ecco come ha commentato il momento che sta vivendo la Juventus di Massimiliano Allegri.

Partiamo dalla partita di Salerno: come giudica il ritorno alla vittoria della Juventus, anche in vista del prossimo impegno contro il Genoa?
«Da juventino seguo sempre la Juventus. Contro la Salernitana la Juve non ha fatto una grande partita, ma ha saputo tenere le redini del gioco e ottenere la vittoria. Per quanto riguarda il Genoa, penso che sia un brutto cliente da affrontare in campionato: la squadra dovrà giocare bene, come giocherebbe una squadra che ha personalità, tecnica e sicurezza. Dovranno imporre il proprio gioco per vincere».

Si aspettava tutte queste difficoltà da parte di Allegri quando ha saputo che sarebbe tornato sulla panchina della Juventus?
«Non so se mi sarei aspettato tutte queste difficoltà, però questo è un momento particolare per la Juventus. Il risultato è importante, ma è chiaro che la Juve sia in ricostruzione; ci vorrà del tempo perché si trovi la soluzione. La qualità della rosa? L’allenatore non può scendere in campo, ma nelle situazioni difficili deve trovare le soluzioni più adatte. Purtroppo alla fine chi ci rimette è sempre l’allenatore».

Considerato che la Juventus è in ricostruzione, avrebbe senso dare più spazio ai giovani, come Kaio Jorge e Soulé?
«Questo non so dirlo, ma l’allenatore è di grande esperienza e ha grandi sicurezze: sa scegliere i giocatori migliori da schierare in campo, anche se oggi non è come una volta. I ragazzi e i giocatori in generale soffrono di un problema: si stirano sempre, il mio primo stiramento in carriera l’ho avuto a 30 e non è perché non corressi. La parte fisica comunque vedo che è curata bene in allenamento; questo è un guaio che riguarda tutte le squadre in Serie A. Per tornare al ringiovanimento della rosa, sono arrivati, stanno arrivando e arriveranno giocatori giovani spero bravi e ci sarà, prima o poi, una formazione che ci farà rivedere la nostra Juve. Nel calcio c’è chi sale e c’è chi scende, bisogna avere pazienza, ma prima o poi la Juve tornerà a comandare».

In ottica scudetto, chi vede tra le favorite?
«Io sono del meridione, fino ai 12 anni ho vissuto in Campania tra Avellino, Salerno e provincia, prima di arrivare a Torino.  La mia seconda squadra è il Napoli e spero che possa vincere. Le altre? Ne vedo tre o quattro che possono lottare, comprese Atalanta, Inter, Milan e Napoli, ma ancora non c’è certezza, il campionato è ancora all’inizio».

L’obiettivo della Juve quest’anno è di arrivare in Champions, ma al momento si trova al settimo posto. Quanto sarà complicato per la squadra di Allegri risalire la china?
«La Juve non deve più perdere tempo, deve darsi una regolata perché gli altri stanno scappando e quando sei a -10 i punti da recuperare sono tanti. A me interessa che la Juve vinca e comandi il gioco, che sia la forza trainante del campionato, vivacchiare in una posizione buona ma non buonissima mi dispiace: voglio vederla dove si merita, cioè ai primi posti. Una classifica così, vicino alla Fiorentina e Lazio, non è da Juve».

Per tornare dove le spetta, la Juve deve affidarsi a Paulo Dybala? È lui il leader che serve ai bianconeri?
«Dybala non mi sembra un leader: i leader sono quelli che stanno sempre in campo. Lui invece ne ha sempre una, è sempre infortunato. Capisco che i tempi siano diversi, ma adesso sono sempre tutti stirati. Se gioca è un grandissimo giocatore, però gioca 10 partite all’anno. Mi dispiace dire questo perché in campo è determinante e fondamentale; vorrei vederlo giocare sempre però fa una partita ogni due. Ci vuole anche il fisico».

Chi sono i giocatori più forti con cui ha mai giocato?
«Metto sicuramente Bettega che era un grandissimo giocatore, e poi un grandissimo difensore: Francesco Morini, che ci ha lasciato da poco. Era un difensore fantastico, quando giocava lui, l’attaccante avversario poteva andarsi a bere una Cocacola al bar. Poi, per la stima e quello che dava in campo, dico Benetti: era un giocatore che da avversario bisognava temere. Una volta ho giocato contro di lui quando ero al Palermo; gli sono andato contro di spalla e mi sono trovato per terra. Zoff poi era un portiere fantastico, tutti i miei compagni di allora erano dei grandi giocatori, eravamo una squadra che non aveva obiettivi, giocavamo per la maglia ed erano tutti grandi persone e ottimi giocatori».

È questo attaccamento alla maglia che manca ai giocatori di oggi?
«Noi abbiamo vissuto un altro periodo, oggi il mercato è sempre aperto. Un giocatore sta un giorno qua e uno là: è un casino. Sono cresciuto nella Juve da quando avevo 12 anni, ero già un tifoso bianconero dai 5 anni. Ho vissuto il calcio nel meridione, dove non c’erano gli oratori. Giocavamo tutti nei prati e c’era solo il pallone, non c’erano altri divertimenti. Eravamo tutti tifosi, principalmente della Juve, per noi era come un riferimento».

Ci racconta un retroscena che non tutti conoscono dei suoi anni alla Juventus?
«Sivori era il mio idolo prima di arrivare a Torino e quando ho iniziato a giocare alla Juventus l’ho conosciuto. Avevo 14 anni e lui era squalificato, quindi si allenava con le riserve. Ha fatto una partita contro di noi ed è stato uno spettacolo: mi emoziono persino a ricordarlo. C’era un rapporto di conoscenza e stima tra di noi e questo mi gratificava, quel momento mi ha emozionato. Poi non dico di averlo avuto amico, ma spesso veniva a Torino e ci incontravamo tutti quanti».

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