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Monza Juve: non siamo Allegri
Monza Juve: non siamo Allegri. L’analisi all’indomani della sconfitta in casa del Monza che ha gettato nuove ombre sul futuro del tecnico
Prima di Monza-Juventus ho posto una domanda a mister Mario Gatta ne I Dialogobbi: «Da allenatore, se vedi una situazione di calma piatta, cosa faresti? Ti metti in gioco tu, inventi qualcosa di totalmente nuovo o cos’altro?».
Prima di Monza-Juventus c’era stata la gara di Champions League con il Benfica. E dopo sconfitte così rovinose, susseguenti a periodi difficili, tutti vorremmo trovarci nello spogliatoio della squadra e vedere cosa succede. Capire qual è il sentimento prevalente perché si pensa istintivamente che sia lì dentro che possa scattare qualcosa di decisivo: un evento, un discorso, l’emergere di una nuova leadership, uno scontro di personalità o una comunanza di interessi.
Naturalmente nessuno fuorché i presenti sanno cosa si viva in uno spogliatoio, anche se emergono voci, retroscena e rumors che pretendono di spiegare tutto. Anche consolandosi così, perché non c’è niente di più accomodante per noi tifosi di pensare che la colpa sia interna. Successe nel dopo Cardiff: tutti a inseguire la motivazione del crollo del secondo tempo in qualche fatto misterioso avvenuto in quel quarto d’ora, con ricostruzioni tra le più fantasiose e ognuna – ovviamente – strasicura per la fonte dalla quale proviene. Dimenticandosi di osservare il campo, dove il Real Madrid fu semplicemente nettamente più forte.
Torno alla domanda iniziale, che potrebbe avere anche un fondamento sbagliato. Io immaginavo una situazione di calma piatta, perché tale mi era sembrata la mancanza di reazione adeguata al vantaggio del Benfica. Coerente con altre partite nelle quali l’anonimato, il vuoto e l’assenza di energia si era riscontrato nel primo tempo (Genova) o dopo essere passati in vantaggio (tante, troppe gare) o per tutto l’incontro (l’amichevole precampionato con l’Atletico Madrid). Quella calma piatta dentro ha un mare di frustrazione e non è detto che non produca tempeste dentro le 4 mura di un post-partita all’Allianz Stadium o nella settimana alla Continassa. Le immagini di Di Maria e Milik che discutevano delle sostituzioni potevano anche suggerire un certo scollamento tra allenatore e gruppo, o almeno parte di esso.
Qualsiasi sia la situazione mi interessa la seconda parte della domanda che è poi ciò che penso debba fare per statuto un allenatore in una situazione di crisi e a maggior ragione uno come Allegri che ne ha vissute e ne è uscito alla grande: mettersi in gioco personalmente e/o inventare qualcosa di nuovo. Due scelte forti, non necessariamente da fare entrambe, che potevano rispondere al riconoscimento di uno stato delle cose certificato dalla situazione in Champions League. Perché è quegli 0 punti dopo 2 giornate, accompagnati da una sensazione di manifesta inferiorità verso Psg e Benfica – sebbene manifestatasi in modi diversi – il dato nuovo e molto più grave sia rispetto all’anno scorso che a quel fantastico 2015-16 della grande rimonta. In Europa non si è mai sbandato così. Con il rischio di vivere quel crollo che spesso le grandi squadre alla fine dei loro cicli hanno e che si sperava di avere evitato con la scorsa stagione, trascorsa senza vincere ma anche senza uscire di strada.
Il mister ha scelto una linea di comunicazione che tra confidenze a Mario Sconcerti e nervosa conferenza stampa non ha contribuito a dare la sterzata che ci si aspettava sul campo. Lo pensavo prima di Monza-Juventus, la partita non ha fatto altro che confermarlo. Affermare che la squadra ha fatto bene compatibilmente alle condizioni di difficoltà che si hanno e ironizzare sulle voci di esonero non ha generato nulla se non la sensazione di uno scollamento davvero preoccupante tra le opinioni e la realtà. La squadra è apparsa semplicemente disconnessa dalla realtà, tradita persino dall’uomo – Di Maria – che l’aveva minimamente scossa nel finale di Juve-Benfica. E di nuovo – intendo tatticamente o nella gestione della partita – non si è visto proprio nulla, come se si pensasse che in qualche maniera i nostri valori possano uscire senza bisogno di aggiustamenti.
Vi devo la risposta di mister Gatta, se non l’avete letta: «Per prima cosa farei una bella litigata con i più rappresentativi dello spogliatoio, cercherei di tirare fuori tutto il loro orgoglio, li metterei nelle condizioni di non avere alibi». Non sappiamo cosa sia successo nello spogliatoio in questi giorni. Ma se il risultato è stato escludere Bonucci per scelta tecnica, non capisco come si possa pensare che nelle difficoltà complessive che sta vivendo la Juve si possa fare a meno della risorsa morale di un capitano e di quella tecnica di un regista arretrato.