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Platini sul ritorno alla Juve: «Mai smesso di essere juventino, ma le storie d’amore si vivono una volta sola»
Platini sul ritorno alla Juve: «Mai smesso di essere juventino, ma le storie d’amore si vivono una volta sola». L’intervista a Le Roi
Michel Platini, ex fuoriclasse della Juventus e presidente Uefa, si è raccontato in una lunga intervista a La Stampa.
RICORDI DI TORINO – «I ricordi della mia vita e quelli legati al calcio. Due cose diverse. Senza la Juventus, senza l’Avvocato non sarei mai diventato Michel Platini. Se fossi rimasto a Nancy la mia vita avrebbe preso tutta un’altra piega. E poi la collina, la scuola francese dei miei figli, il ristorante Giudice. Sa qual è alla fine la cosa più bella? La passione dei tifosi della Juventus per me. In fondo io sono sempre rimasto uno di loro».
FFP E UEFA – «Chieda a quelli dell’Uefa. Qualcosa resiste ma è complicato per il presidente dell’Uefa Ceferin farlo rispettare se il suo principale sostenitore è l’emiro Al Khelaifi del Psg. La verità è che sia Ceferin sia il presidente della Fifa Infantino sono degli usurpatori di poltrone. Io facevo calcio, loro politica. Non c’è una riforma nei loro programmi, se non fare più partite e incassare più soldi. E così non rispettano le competizioni che hanno fatto la storia del calcio».
SUPERLEGA – «Prima o poi si farà, ma non così. E… non mi faccia dire di più».
JUVE DI TRAPATTONI – «Se vinciamo la Coppa dei Campioni ad Amburgo ne vinciamo tre di fila e apriamo un ciclo, me lo dice sempre anche Boniek».
HEYSEL – «All’Heysel dovevamo giocare per proteggere la gente dentro lo stadio. Non mi sono mai pentito di quella scelta».
CASO VLAHOVIC – «La società è razzista. Il calcio ci prova a tenere fuori il razzismo dagli stadi, ma è complicato. Se avessi avuto un’idea quando ero presidente dell’Uefa l’avrei applicata. So solo che si dovrebbe partire dalle scuole per debellarlo».
JUVE DI ALLEGRI – «L’ho vista giocare poco, l’ultima volta con l’Eintracht, non posso dare un giudizio tecnico. Se la penalizzazione è condizionante? Molto, se sei attaccato alla società. Altrimenti i giocatori se ne possono anche fregare, tanto sanno di poter cambiare facilmente squadra. Non certo come ai miei tempi, quando cambiavi solo se Boniperti era d’accordo».
TORNARE ALLA JUVE DA DIRIGENTE – «No. Tornare qui dopo oltre trent’anni non avrebbe avuto più senso. Di quel mondo non ci sarebbe stato più nessuno. Le storie d’amore non si vivono due volte».