McKennie: «Sotto choc alla chiamata della Juve, cosa disse Pirlo»
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McKennie: «Sotto choc alla chiamata della Juve, ecco cosa mi disse Pirlo. Al primo allenamento…» – VIDEO

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Weston McKennie si è raccontato ai canali della Juventus dopo le 100 presenze in bianconero. Le sue parole

Weston McKennie ha parlato ai canali della Juventus dopo le 100 presenze in bianconero.

ARRIVO ALLA JUVE «C’erano due club, non club di primo livello, ma erano un passo avanti. Ho ricevuto la chiamata dal mio procuratore durante la preparazione e mi ha detto che la Juventus era interessata a me. Ero sotto choc, volevo che si concretizzasse, volevo la Juventus. Ero sul pullman con la squadra, stavamo andando in Austria per il ritiro e ho saputo che avrei ricevuto una chiamata da Andrea Pirlo. Cosa? Pirlo mi avrebbe chiamato?! Ero a pranzo con la squadra, generalmente non potevamo tenere i telefoni e li lasciavamo da parte. Ho visto che mi stava chiamando un numero dall’Italia. Mi sono guardato attorno, ho preso il telefono e sono corso fuori dalla sala. Sembrava davvero che volesse che venissi qui. Lì ho capito che sarei realmente venuto alla Juventus, il resto è storia».

PRIMO ALLENAMENTO – «Al primo allenamento non avevo niente con me, neanche con gli scarpini. La prima seduta l’ho fatta con le Adidas Copa. Guardavo tutto dei miei compagni: Chiellini, Higuain, Cuadrado, Bonucci, Buffon. In pochi sanno, dopo che l’Italia ha vinto il Mondiale del 2006, avevo un poster con la squadra che alzava la coppa. Quindi vederli personalmente e giocare potenzialmente con loro è stato surreale. Ero davvero entusiasta».

ESORDIO ALLA JUVE – «Ovviamente ero un po’ agitato. Arrivando da un club come lo Schalke, pochi avevano fiducia in me, pochi sapevano chi fossi. Eri agitato ma anche felice allo stesso tempo. Il fatto che lo stadio non fosse pieno ha aiutato, ma c’era grande entusiasmo. Dopo quella partita e quella prestazione ho creduto ancora di più in me stesso».

PRIMO GOL ALLA JUVE«Penso di essere partito dalla panchina, in Germania non avevo segnato molto. Se guardi il replay non sapevo come esultare ma è stato molto bello. Senti il peso che ti si toglie dalle spalle, non sentivo più la pressione, segnare mi ha tolto pressione, farlo in un derby è stato fantastico».

CONTRO IL BARCELLONA «Ho un aneddoto interessante. Non avrei mai pensato di giocare una partita cosi. Sono cresciuto in Germania e ho iniziato a giocare lì, sono andato in Spagna con la mia famiglia poi. Il Barcellona si allenava allo stadio a porte chiuse. Abbiamo implorato la sicurezza di farci entrare dicendo che eravamo americani e io avevo appena iniziato a giocare. Ci hanno fatto entrare. Abbiamo visto Messi, Ronaldinho e altri che si allenavano. A un certo punto è arrivato un pallone e l’ho ricacciato indietro. Un cerchio che si chiudeva. L’angolo verso cui sono andato ad esultare era lo stesso dove ero entrato da bambino. Mi sono immaginato il me bambino. Se me l’avessero chiesto avrei risposto che non pensavo mai. Un momento importantissimo».

ESULTANZA ALLA HARRY POTTER«Volevo fare qualcosa di diverso. Quando ero bambino mi ricordo che una delle mie nonne mi aveva manato la collezione dei libri di Harry Potter, avevo iniziato a leggerli poi sono usciti i film. Mi sono innamorato. Ero un bambino creativo con grande immaginazione, li guardavo ogni anno. L’esultanza è venuta cosi, mi ricordo che avevo parlato con qualcuno dicendo che avrei esultato cosi ed è rimasto. Unico e speciale. Spero di poterlo fare più spesso questa stagione».

SUPERCOPPA «Incredibile, è stato il mio primo trofeo. Una bella sensazione essere quello che alzava il trofeo, c’è anche un po’ di tristezza perché abbiamo vinto ma c’era una grande assente che era lo Scudetto. Manca nella mia bacheca».

COPPA ITALIA«Dolce amaro, si avvicinava la fine della stagione, sarebbe potuto essere il mio ultimo trofeo con i compagni. Soprattutto perché il trofeo l’ha alzato Gigi e non sapevamo se fosse rimasto. Bello vedere la felicità nei suoi occhi».

TOURNEE NEGLI USA«Da americano è bello tornare a casa. Gran parte degli juventini hanno famiglia in Italia o in Europa. Quindi per loro vederli giocare è più semplice ma per me o Weah è difficile che le persone ci vengano a vedere con i nostri club a meno che non si sveglino molto presto. Giocare davanti al pubblico di casa è incredibile».

WEAH «È fantastico. Per un po’ sono stato l’unico in Italia adesso ci sono altri americani. Per lui è bellissimo vedere il suo percorso e i traguardi. Suo padre è un grande tifoso della Juventus. Se al Mondiale avessi detto che io e lui avremo giocato insieme non so come avrebbe reagito. Tim è molto felice di essere qui. È bello avere una persona che capisce lo slang americano, un compagno con cui tornare in America e ha una grande energia».

100 PRESENZE«Non sapevo che sarebbe stata la centesima. Ne ho fatta di strada in questo club. Se tre anni fa mi avessero detto che avrei giocato cosi tante partite. Mi viene in mente la conversazione avuta con Pirlo. Mi ha detto che tutti possono riuscire a giocare un anno in un club come la Juve, ma riuscire a giocare più anni qui ci vuole lavoro, costanza, allenarsi duramente, lavorare su sé stessi. Le 100 presenze sono un club importante. Quando sono arrivato nessuno pensava che avrei potuto fare un percorso cosi positivo e avere questo successo. Un traguardo importante per la mia carriera».

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