Vaciago: «Fatta pace con Allegri in 5 minuti. Esonero? Si è sentito un corpo estraneo che la Juve voleva espellere»
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Vaciago: «Fatta pace con Allegri in 5 minuti. Esonero? Si è sentito un corpo estraneo che la Juve voleva espellere»

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Vaciago: «Fatta pace con Allegri in 5 minuti. Esonero? Si è sentito un corpo estraneo che la Juve voleva espellere». Il racconto

Vaciago oggi a Tuttosport ha raccontato l’incontro che ha avuto ieri con Allegri dopo i fatti avvenuti nel postpartita di Atalanta Juve.

IL RACCONTO – «Ci sei all’una e mezza se passo in redazione?». La vicenda di mercoledì notte si chiude definitiva-mente negli uffici di Tuttosport, davanti alla foto della Juventus del 1957-58 e quella del Tori- no del 1975-76, icone di un calcio di altri tempi, più veri e più saggi, che benedicono la stretta di mano, unica possibile conclusione di un fatto brutto, ma archiviabile perché solo gli stupidi non riescono a chiarirsi. Massimiliano Allegri ed io abbiamo fatto pace in cinque minuti e non è stato particolarmente difficile, perché a freddo è diventato più comprensibile il contesto nel quale è esploso lo sfogo di rabbia dell’allenatore bianconero. Qualche ora prima di ricevere la prevista, anzi previstissima, comunicazione dell’esonero, Allegri è un uomo sereno e amareggiato. Pentito di quanto è successo dura te e dopo la finale, ma soprattutto dolorosamente consapevo le di cosa, quel folle comportamento, gli è costato. Non certo il posto di allenatore de la Juventus, che sapeva di perdere comunque a fi ne stagione, ma un finale diverso, il s luto dello Stadium all’ultima giornata contro il Monza, magari mostrando la Coppa insieme alla squadra. È forse una punizione più dura dell’esone- ro per chi si è sempre sentito e si sente tuttora parte della Juventus e profondamente j ventino. Non nel senso del tifoso, che per un professionista del calcio è sempre un concetto un po’ sfumato, ma nel se so di membro di una famiglia di cui è stato parte nella buona e nella cattiva sorte. Me lo ha spiegato con uno sguardo quasi lucido, perché sarebbe stata una chiusura perfetta di un cerchio lungo dieci anni, compresi i due a riposo, con una Coppa a sigillare tutto in modo molto juventino. Niente di tutto ciò, invece. E un po’ di malinconia non può non velare l’umore anche del più cinico dei tifosi. Allegri è stato, nel suo secondo mandato, un allenatore di- visivo per molte ragioni, alcune logiche altre no, ma la principale è quella di essere stato il parafulmine del club in un triennio tempestoso in cui di fulmini ce ne sono stati troppi e di vittorie poche. E soprattutto quest’ultimo fattore pesa tantissimo quando alleni la Juventus, perché – per esempio – è bastata la vittoria di mercoledì a incrinare il fronte dell’antiallegrismo, lasciando gli integra- listi al loro posto, ma facendo vacillare emotivamente i più moderati dei suoi detrattori. Alla Juventus il fatto estetico è sempre stato secondario e, senza dubbio, il gioco offerto dalla Juventus nelle ultime due stagioni è stato, a tratti, troppo sotto il livello accettabile, le vittorie fanno sempre luccicare anche quello che oro non è. Allegri è stato, da due anni a questa parte, l’unica faccia della Juventus e la sua figura si è fatta sempre più ingombrante all’interno del club, i cui meandri conosceva megliio di tutti i dirigenti. Nei grandi club, quando funzionano, ognuno ha il suo lavoro e deve svolgere solo quello e lo deve fare con il massimo impegno e la massima professionalità. Deviare da questa gola sacra porta sempre qualche guaio e l’esplosione di rabbia di Allegri nella notte di mercoledì è uno di questi. Con la nuova dirigenza non è riuscito a creare un rapporto. Forse perché non h mai sentito la fiducia, consapevole di fare parte di un altro capiolo della storia juventina, forse perchè non si sono mai riusciti a capire fino in fondo. Non sempre si parla la stessa lingua, anche se questo non dovrebbe mai e poi mai finire come è finito sul prato dell’Olimpico con i gestacci a Giuntoli, perché le storie di dissapori tra allenatori e direttori sportivi possono riempire un paio di enciclopedie, ma di solito si risolvono, animatamente, in una stanza e non sotto gli occhi di milioni di persone. E’ anche vero che una stagione di incomprensioni è lunga e lascia il segno, soprattutto se a un certo punto ti senti un corpo estraneo che il club vuole espellere, aspettando solo il momento giusto: così si è sentito Allegri, perp questo ha accumulato la frustrazione che è esplosa nella serata della Coppa Italia. Non è possibile stabilire chi ha torto e chi ha ragione in un divorzio se il matrimonio, a pensarci, non s’aveva da fare. La nuova Juventus voleva licenziarlo già un anno fa, ma costava troppo e stare insieme per forza, alla lunga porta sempre un finale così. Un finale brutto dal quale non si torna indietro, un finale che lascia Allegri svuotato, malinconico, ma anche sereno e pronto a guardare al futuro. E’ ancora presto per girarsi indietro e non essere punti dai ricordi degli ultimi giorni, fra un po’ la prospettiva cambierà, sia per Allegri che per i tifosi. Quando certi angoli del presente, fortunatamente diventeranno curve nella memoria e accetteranno come una vittoria il fatto che non ritorna mai più niente».

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