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Bonucci dalla Carrà: «Tornare alla Juve è stata la cosa più bella»
A raccontare comincia tu: Leonardo Bonucci ospite di Raffaella Carrà giovedì 2 maggio alle 21.20 su Rai 3
Dopo averne ricevuto la visita alla Continassa, Leonardo Bonucci è pronto ad andare a trovare Raffaella Carrà nel confidenziale “A raccontare comincia tu“.
Il difensore bianconero spazierà dalla sua vita da giocatore della Juventus a quella privata che l’ha recentemente visto diventare papà per la terza volta. Il programma andrà in onda questa sera alle 21.20 su Rai 3, in un racconto dietro le quinte da non perdere.
LE PAROLE DI BONUCCI
JUVENTUS – «Ogni viaggio finisce con un ritorno a casa. Ho avuto la fortuna di tornare alla Juve ed è stata la cosa più bella che mi potesse succedere. Alla Juventus la vittoria è l’unico risultato permesso. Quando entri nel mondo Juve ti rendi conto che il pareggio non è consentito. Qui c’è una certa disciplina: prima di un calciatore devi essere un bravo uomo, devi sapere stare al mondo. Ci sono delle regole e tu devi sottostare a quelle regole».
AGNELLI – «È una persona squisita, parla tanto con noi. Lui è lungimirante. La Juve ha lo stadio di proprietà da 8 anni e all’epoca era impensabile».
PASSAGGIO AL MILAN – «Il litigio con Allegri e lo sgabello di Oporto è stato l’episodio più eclatante. Era stato un anno intenso per me che venivo dall’esperienza di Matteo. Ho vissuto delle cose come se fossero contro di me. Con il passare del tempo ho capito che avevo perso lucidità. L’anno di Milano è stato difficile però bello perché mi ha fatto crescere a livello umano».
FUTURO – «Voglio diventare allenatore della Juve, ma tra 10-11 anni… Allegri può star tranquillo!».
NAZIONALE – «È un gruppo che si sa divertire. Noi “vecchi” abbiamo la responsabilità di far crescere i giovani che fortunatamente ci sono in Italia. Ci divertiamo, è una Nazionale che gioca con gioia».
CALCIO – «Voglio sempre giocare, lottare. Mi chiamano il guerriero. Io, Chiellini e Barzagli abbiamo dalla nostra l’esperienza ma ci sono tanti giovani bravi. Mi piace essere d’aiuto per i giovani, come altri lo sono stati per me. Alla Juve mi ha aiutato tantissimo Buffon, in Nazionale i primi anni mi ha aiutato tanto Cannavaro. Ho sempre apprezzato Nesta. Qui alla Juve ho giocato con mostri come Chiellini e Barzagli. Gigi mi ha sempre consigliato di non fare interventi da rosso perché è meglio prendere un gol che rimanere in 10… Tranne ovviamente se sei a due minuti dalla fine della partita».
CARRIERA – «Ho rifiutato un’offerta importante dalla Cina perché non fa parte di me».
VIDAL – «Ci siamo divertiti nei ritiri. Chiudevo la porta a chiave per evitare i suoi scherzi, ma non è bastato!».
ALLEGRI – «Allegri ogni tanto fa volare le lavagne nello spogliatoio. Anche con Conte era così».
CONTE – «È stato fondamentale per me, mi ha dato tanti consigli e un modo di giocare che ha esaltato le mie caratteristiche. Mi ha dato una mentalità vincente».
RONALDO – «Ho la fortuna di allenarmi con Ronaldo. È davvero difficile da marcare perché lui può fare qualsiasi cosa con la palla in qualsiasi momento. Cristiano è il migliore giocatore del mondo. Lui lavora molto per la squadra, è umile e disponibile. È il primo che scherza. Lui ora comincia a parlare italiano, ma di solito parliamo inglese o spagnolo».
NUMERO 19 – «Il mio mental coach ha studiato numerologia e i numeri per me erano 19 o 37. Ho scelto il 19 perché era nata Martina, e in effetti è un numero che torna spesso nella mia vita».
GOL – «È eccitante. Vedere uno stadio che esulta con te è bello ed emozionante, anche se il mio mestiere è quello di salvare i gol invece di farlo. Ogni tanto però è bello anche farli».
RITI PRIMA DELLE PARTITE – «Tutte le volte mi scambio un messaggio con Martina prima delle partite. Prima delle gare sento sempre gli stessi pezzi degli ACDC e dei Muse. L’ultima prima di entrare in campo è Fighter».
TIFO – «Lo stadio ti fa avere qualche punto in più perché in alcuni momenti sei un po’ sottotono e quello che succede intorno ti aiuta a ripartire».
HIGUAIN – «Quel salvataggio su Higuain l’ho fatto grazie allo stretching!».
ZAPATA – «Negli ultimi anni ho sofferto molto Zapata. Ho sempre fatto molta fatica nel reggerlo e a volte è capitato che abbia segnato».
ESULTANZA – «Non è un’offesa verso qualcuno, è un gioco dei miei amici. Il mio gruppo di Viterbo ha lo juventino, il laziale, il romanista ecc. Da me si usa dire “sciacquati la bocca” e quindi faccio questa esultanza. Tutti l’hanno presa come un’offesa ma è sempre stato un gioco. Quando passai dal Bari alla Juventus, tutti mi dissero “Non hai coraggio a fare quel gesto in bianconero” e quindi l’ho fatto».
MANCINI – «Con lui ho esordito in Serie A all’Inter».
INFANZIA – «Quando ero piccolo giocavo a centrocampo, ma da centrocampista devi avere i piedi buoni come Pirlo, quindi mi hanno messo difensore. Per questo motivo so fare i lanci lunghi. Qualsiasi cosa incontravo la prendevo a calci, ho sempre amato il pallone. Io sono cresciuto con Don Alfredo, una figura importante per la mia infanzia. Una volta usciti dalla scuola ci incontravamo all’oratorio: lì giocavamo a pallone fino a quando non c’era più luce. Io abitavo a due passi dall’oratorio. Quando ero piccolo ero l’unico juventino di casa, gli altri erano dell’Inter. Il mio sogno è sempre stato quello di essere un’icona del calcio, adesso sto sulla buona squadra. La cosa difficile è sempre confermarsi».
FAMIGLIA D’ORIGINE – «Mio papà era calciatore. Io ho preso un po’ di carattere da mamma e un po’ da papà. Dicevano che mio fratello era più forte di me a giocare a calcio. Poi io sono stato fortunato, lui meno perché ha avuto vari infortuni. Lui giocava e io andavo dietro a lui e intanto giocavo con i più grandi».
VITERBO – «Mi dispiace non poter tornare spesso a Viterbo. Per arrivarci ci vuole mezza giornata e non ho molto tempo, ma solo molto legato alla mia città. La festa di Santa Rosa è molto bella. Se uno non la vede non ci crede. I ragazzi portano un campanile altissimo con la torre tutta illuminata. Il pericolo principale è quando la alzano e quando la poggiano per fare una sosta. Negli ultimi anni succede sempre di avere partite in quel periodo con la Nazionale e quindi non posso andarci, ma qualche volta voglio portarci i miei figli».
TORINO – «È una città a misura d’uomo. Siamo fortunati perché facciamo il lavoro che ci piace, in una città bellissima e con dei tifosi calmi. Qui è abbastanza tranquillo. Con Cristiano la città è un po’ più popolata, ma diciamo che possiamo comunque goderci un po’ di libertà. Ci troviamo benissimo».
FAMIGLIA – «La famiglia ti dà stabilità. Nella mia carriera ci sono stati tanti momenti in cui ho vissuto momenti difficili, la famiglia aiuta. La colonna sonora del mio matrimonio è “Il più grande spettacolo dopo il big bang”. La coincidenza è che allo Juventus Stadium mandano spesso questa canzone, e io guardo sempre Martina sugli spalti».
PAROLE DI MOURINHO – «Io ad Harvard? Certo, a portare i libri a quelli che studiano!»
SOCIAL – «Con il mio passaggio al Milan ho preso tanti insulti sui social. Mi dà fastidio che chi parla non è informato e che spesso chi insulta è un ragazzino».
LORENZO – «Mio figlio tifa Torino e gioca anche con i piccoli granata. Voleva la maglia del Torino con il numero di Pogba! Prima Lorenzo era della Juve, poi a scuola è diventato del Toro, me lo hanno deviato! Quando gli ho messo la maglia per la vittoria dello scudetto era triste, poi ho dovuto portarlo a cena con Belotti la sera dopo! Abbiamo fatto una cena insieme e ci siamo divertiti. Quando ero al Milan e abbiamo giocato con il Torino, siamo andati direttamente da Belotti e lui l’ha regalata a Lorenzo».
MATTEO – «Matteo tifa tutte le squadre. Quando è nato Matteo ho assistito al parto. Ero imbalsamato, non riuscivo neanche a fare una foto a mio figlio. Ho tenuto la mano a Martina tutto il tempo».
MALATTIA DI MATTEO – «La malattia di Matteo è stato un dono. Lui aveva 2 anni ed eravamo a Formentera, quando siamo rientrati a Torino ci hanno detto che era da operare il giorno successivo. Prima di entrare in sala operatoria ha fatto il verso del leone. A quel punto non sei più padrone della situazione. Io sono convinto che la nostra storia sia già scritta, quello che deve succedere succede. Io ho preso il suo pupazzo e ho detto “Dio, fai quello che devi fare, basta che sia meno doloroso possibile”. Siamo stati fortunati e ci hanno aiutato dei bravi medici. Lui sa quello che è successo e adesso ha il suo bel caratterino anche per quello».
MARTINA – «Ci siamo conosciuti a Viterbo perché Martina studiava lì. Per due mesi ci siamo sentiti e poi visti, anche se non ci siamo piaciuti. Poi io sono andato in vacanza con i miei amici e continuavo a pensare a lei e quindi ho detto “proviamoci”. Siamo stati un anno separati quando io ero a Treviso e poi a Pisa, poi lei mi ha seguito a Bari».
BULLISMO – «Purtroppo è un momento difficile. Tutti i genitori vorrebbero che il figlio diventasse calciatore ma uno su un milione ci riesce. Io mi rendo conto che è il sogno di ogni genitore».