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Allegri si racconta: «Dopo Cardiff ero sereno. Ho pensato a mio nonno…»
Max Allegri si racconta a The Players Tribune: da quando aveva 14 e «volevo diventare Preside» fino all’idea di smettere subito dopo Cardiff
L’uomo dietro al manager. E’ questo che emerge dalla bella intervista di Max Allegri, che si racconta al portale The Players Tribune. Con una sincerità che va anche contro le normali logiche sportive. «Dopo la finale di Cardiff comunque ero sereno. Per vincere la Champions deve avere fortuna ed essere la squadra migliore. E sapevo che noi non eravamo la squadra migliore. E’ semplicemente questo».
Ma tutta comincia molto prima. La dead-line, il punto di non ritorno per Max Allegri scatta a 14 anni. «Allora le cose sono complicate. Prima da bambino, ricordo che la vita era piuttosto semplice. E felice. Poi a 14 anni tutto si fa più serio. Detestavo la scuola. La detestavo. “Massi, non puoi marinare la scuola! Devi fare i compiti! Devi stare seduto ad imparare la storia di Napoleone”. Non ero fatto per essere uno studente, ma io avrei voluto fare il Preside. Chissà, forse tutti i managers vogliono fare il preside?».
Ma si impara più dalle sconfitte che dalle vittorie. E per Max la sconfitta peggiore non è nè Cardiff, nè Berlino ed anzi non passa dalla Champions, nè dalla Juve. «E’ stata la mattina che sono entrato negli uffici del Milan. E mi hanno esonerato. Era una cosa che mi aspettavo certo, ma quando succede è impossibile non sentire dentro che hai fallito. Mi hanno comunicato di persona che non ero più l’allenatore del Milan. L’ho visto come un fallimento del mio lavoro».
«Il Lunedì dopo Cardiff ho pensato seriamente: ho raggiunto il massimo con questa squadra? Che senso ha continuare. Poi mi è venuto in mente mio nonno. Faceva il muratore, lavorava sodo. Quando ero ragazzo guardava tutte le mie partite. Non gli importava se poi vincevamo o no. In realtà non gli importava molto del calcio. “Bel gioco, Massi. Vuoi andare a vedere i cavalli ora?” Non parlavamo di calcio. Per lui contava solo che mi divertissi. E’ per questo che faccio questo lavoro».