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Analisi tattica Dinamo Kiev-Juve: la posizione di Chiesa fa la differenza

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Analisi tattica Dinamo Kiev-Juve: la partita di Champions analizzata nei dettagli. Le mosse di Andrea Pirlo e Mircea Lucescu

La Juve inizia il proprio cammino europeo con un 2-0 in casa della Dynamo Kiev. Non tutto però ha funzionato per il meglio tra i giocatori di Pirlo.

La solidità di Danilo

Contrariamente a quanto visto col Crotone e nelle gare precedenti, oggi la Juve non ha praticato un pressing particolarmente offensivo (forse perché ha dato risposte contraddittorie nell’ultima gara). A Kiev, i bianconeri si sono disposti con un 4-4-2 piuttosto attendista. Anche se a volte la Juve è parsa un po’ rinunciataria, con lunghe fasi senza palla, va detto che in tal modo è riuscita a fare venire a galla i grossi limiti tecnici della Dynamo. Tranne qualche cross interessante nel finale, gli ucraini non sono quasi mai riusciti ad arrivare dalle parti di Szczesny. Da segnalare in particolar modo la prova di un Danilo molto solido difensivamente: il brasiliano ha giocato nell’insolita posizione di difensore sinistro, ma se l’è cavata bene. La Juve ha solo difeso maluccio a destra, nella zona di Kulusevski (l’ala) e Bentancur. La Dynamo Kiev ha trovato diverse volte Sharapenko alle spalle del centrocampo avversario, ma la scarsa qualità degli ucraini ha impedito ciò che ciò si traducesse in occasioni da gol. Insomma, nonostante un brutto calo nel finale, la Juve ha rischiato molto di meno rispetto a Crotone.

L’importanza di Chiesa

La fase di possesso ha invece creato più problemi, con la circolazione della Juve non sempre efficace. In fase di possesso, i bianconeri si schieravano con un ibrido 4-4-2/3-2-5 in cui Cuadrado dava ampiezza a destra e Chiesa a sinistra. Molte cose la Juve ha sofferto: prima di tutti, Bentancur e Rabiot erano ben schermati dagli avversari. I difensori della Juve hanno faticato molto nel trovarli, sono anzi stati spesso costretti al cambio di gioco sugli esterni. Con il centro bloccato, gli ospiti si sono resi pericolosi soprattutto con Chiesa. L’intenzione di Pirlo era chiara: fare densità a destra per poi cambiare gioco a sinistra, dove l’ex Fiorentina era sempre largo e alto, pronto a puntare il difensore avversario. Quando può dribblare l’avversario, Chiesa è un giocatore che fa la differenza.

A inizio match, sono arrivati diversi pericoli in questo modo, ma con il passare dei minuti la circolazione di palla è stata sempre più lenta. La Juve non è più riuscita a isolare Chiesa sul lato debole nel corso della prima frazione, e quando ce l’ha fatta (ad inizio ripresa) i bianconeri sono finalmente riusciti a trovare il gol che ha sbloccato il match. Non si possono però trascurare i molti problemi nel palleggio che i bianconeri hanno mostrato nella prima frazione, con Kulusevski assai impreciso nel fraseggio: la Juve ha faticato nello sfondare centralmente. Da salvare però un Ramsey che si è smarcato molto bene tra le linee per dare soluzioni di passaggio, galleggiando in continuazione. Quando i bianconeri lo hanno innescato, il gallese si è reso pericoloso.

La leadership di Morata

La prestazione del giocatore che ha deciso il match, Alvaro Morata, è forse l’aspetto più incoraggiante. Non solo lo spagnolo ha dimostrato le grandi qualità che tutti quanto conosciamo nella finalizzazione e nel colpo di testa, ma sta anche offrendo – tra Kiev e Crotone – tanta leadership. Anche nei momenti di difficoltà, viene incontro e offre un buon gioco spalle alla porta. I gol segnati tanto questa sera come sabato scorso sono proprio nati da suoi movimenti e sponde, con Morata che poi ha finalizzato l’azione.

Insomma, in attesa di Ronaldo, l’ex Atletico Madrid sta segnando con continuità. Il suo primo gol ha sbloccato una gara che pareva complicarsi sempre di più.

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