Stelle Bianconere
Andrea Fortunato, un talento segnato da un destino fatale
Considerato da molti l’erede di Antonio Cabrini, Andrea Fortunato perde la vita a soli 23 anni annientato da un terribile male: la leucemia
Due anni in bianconero, dal 1993 al 1995. Un biennio in cui Andrea Fortunato vince scudetto e Coppa Italia. Probabilmente sarebbe diventato il nuovo Cabrini, se solo la vita non gli avesse riservato un epilogo così drammatico. Ancora oggi, a 23 anni di distanza dalla sua dipartita, l’intera tifoseria bianconera lo ricorda con tumultuoso affetto.
Andrea Fortunato nasce a Salerno il 26 luglio 1971 da una famiglia benestante, figlia della borghesia salernitana. Suo padre è un cardiologo, sua madre una bibliotecaria, il fratello un avvocato e la sorella laureata in Lingue. Andrea si appropinqua seriamente al calcio solo dopo aver conseguito il diploma di ragioniere, anche (e soprattutto) per volontà dei suoi genitori, assai preoccupati dal fatto che il ragazzo potesse incontrare difficoltà insormontabili nell’imporsi come calciatore.
I PRIMI PASSI E L’ESORDIO NEL CALCIO CHE CONTA – Appena bambino, Andrea Fortunato prende confidenza con il pallone nella sua città natale: Salerno. La Giovane Salerno, squadra dilettantistica dove viene introdotto dal suo mentore Alberto Massa, è il suo primo club. Quattordicenne, cullando il sogno di una vera carriera da giocatore, accetta l’offerta del Como. Pertanto, si trasferisce in Lombardia, cercato a grande richiesta dal direttore sportivo dei lariani Sandro Vitali. Inizialmente si forma nel settore giovanile fra Allievi e Primavera, sino al 1989. Subito dopo è aggregato alla prima squadra, in Serie B. L’esordio da professionista avviene il 29 ottobre. E la stagione di Fortunato si conclude con 16 presenze, ma purtroppo anche con la retrocessione del Como in Serie C1. Nel 1990-1991 Eugenio Bersellini diventa il nuovo tecnico dei comaschi. L’approdo del sergente di ferro sulla panchina comasca rappresenta una sorta di manna dal cielo per il giovanissimo terzino sinistro diciannovenne, poiché l’allenatore ex Inter stravede per lui, tanto da assegnargli una maglia da titolare. Dunque, Andrea Fortunato disputa ventisette partite nel corso di una buonissima stagione da parte dei comensi, che sfiorano l’immediato ritorno in cadetteria terminando il campionato secondi in classifica a pari punti con il Venezia, per poi perdere lo spareggio promozione proprio contro i lagunari. Il talentuoso fluidificante campano, a suon di eccellenti prestazioni, strega il presidente del Genoa Aldo Spinelli, che, nell’estate del 1991, sborsa 4 miliardi di lire per portarlo in Liguria. Di primo acchito, l’esperienza genoana di Andrea Fortunato non è esattamente delle più felici. Infatti, non solo gli viene preferito il più esperto Claudio Branco, ma, come se non bastasse, a seguito di un furibondo litigio con il vice allenatore Sergio Maddè, il Mister rossoblù Osvaldo Bagnoli decide di mandarlo in prestito al Pisa. Giunto in terra toscana, Fortunato totalizza 25 presenze nella restante parte di stagione. Nel 1992-1993 fa ritorno al Genoa, dove viene accolto a braccia aperte dal nuovo allenatore Bruno Giorgi, sostituto di Bagnoli che si trasferisce all’Inter. Si ritaglia immediatamente un ruolo da titolare sull’out di sinistra, debuttando così in Serie A da protagonista con la casacca del Grifone insieme a un altro fulgido talento del calcio italiano come Christian Panucci, compagno di squadra con il quale stringe un idilliaco rapporto di amicizia anche fuori dal rettangolo di gioco. Nell’annata vissuta interamente a Genova, Andrea Fortunato annovera 33 presenze locupletate da 3 gol, fra cui uno decisivo, il 6 giugno 1993 contro il Milan, fondamentale per il definitivo 2-2 ma soprattutto per la salvezza dei genoani.
L’APPRODO ALLA JUVE – Nell’estate del 1993, Fortunato compie il grande salto di qualità tanto agognato della sua carriera: firma con la Juventus. Particolarmente stimato e fortemente voluto da Giovanni Trapattoni, è acquistato dalla Juve per 10 miliardi. Sotto la Mole, l’esterno basso salernitano viene immediatamente bollato come una sorta di alter ego di Antonio Cabrini, ma è lo stesso Andrea Fortunato a spegnere perentoriamente gli entusiasmi: «non paragonatemi a Cabrini, per favore. Ne ho di strada da fare! Lui è fra quelli cui mi piacerebbe somigliare. Era un giocatore unico, inimitabile. Questi paragoni sono una sciagura, anche se piacciono tanto ai tifosi. Sperare di emularlo mi sembra quasi impossibile». Ebbene, queste dichiarazioni di Fortunato denotano tutta la sua umiltà, la serietà e il rispetto quasi reverenziale nei confronti di un fuoriclasse assoluto come Cabrini. Diretto dalle sapienti mani del Trap, si conquista in un batter d’occhio un posto da titolare inamovibile, un sogno diventato realtà, per un ragazzo da sempre tifoso della Vecchia Signora. Gioca 27 partite nel 1993-1994, e il 12 dicembre sigla la sua prima (e unica) rete con indosso la casacca bianconera. L’annata procede a gonfie vele dal punto di vista delle prestazioni, ma in primavera Andrea Fortunato patisce un improvviso calo fisico che si ripercuote negativamente sul suo rendimento. Alcuni giornalisti commentano così l’inatteso crollo verticale atletico del calciatore: «Andrea è stanco, irriconoscibile sul campo, lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia. Fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante». Questa situazione, in un primo momento, sembra essere surreale, poiché non si comprendono, fino in fondo, i reali motivi delle performance scadenti offerte dal laterale sinistro bianconero. Ma il 20 maggio 1994, al termine di un campionato chiuso da Madama al secondo posto, durante una partita amichevole con il Tortona, Fortunato lascia forzatamente il terreno di gioco alla fine della prima frazione, e pronuncia queste parole: «mi sento sfinito». Ciò allarma Riccardo Agricola, medico sociale della Juventus, che decide di sottoporre il calciatore a una serie di accertamenti clinici presso l’ospedale “Molinette” di Torino.
LA LEUCEMIA – Il responso delle analisi è estremamente tragico: Andrea Fortunato è affetto da leucemia linfoide acuta. Così, i compagni e tutti i tifosi, sommergono d’amore il ragazzo, e i gruppi organizzati del tifo bianconero gli porgono le scuse per il trattamento riservatogli nel periodo relativo alle sue pessime prestazioni, ma di cui nessuno era a conoscenza delle vere ragioni. Per via della mancanza di un donatore compatibile, Andrea non può ricevere un trapianto totale di midollo osseo, per cui, nelle settimane successive, viene trasferito al centro specializzato del “Policlinico Silvestrini” di Perugia, dove si cerca disperatamente un’alternativa. Non solo chemioterapia, ma Fortunato viene sottoposto a un parziale trapianto di cellule sane rigorosamente “lavorate”, provenienti dalla sorella Paola all’inizio, poi dal papà Giuseppe. Durante le cure ospedaliere si intensificano e si rafforzano i legami affettivi con i compagni di squadra Fabrizio Ravanelli, il quale mette a disposizione la sua casa di Perugia e il calore della sua famiglia, affinché Andrea possa seguire più serenamente la terapia, e con Gianluca Vialli, con il quale è in contatto praticamente ogni giorno. Le cellule della sorella vengono rigettate a ferragosto, mentre quelle del padre attecchiscono, alimentando la speranza di una totale guarigione, anche grazie ai trattamenti seguenti che migliorano il suo fisico. In ottobre Andrea Fortunato abbandona finalmente la sua stanza d’ospedale per cominciare la riabilitazione. Controllato in regime di day hospital, riprende gli allenamenti grazie all’ospitalità del Perugia, ma non solo. Nel febbraio del 1995 festeggia la laurea della sorella, per poi andare a Genova ad abbracciare i compagni juventini impegnati in trasferta con la Sampdoria. Tutto sembra essere rientrato nella norma, ma un repentino abbassamento delle difese immunitarie, causato da una polmonite, stronca Andrea nel tardo pomeriggio del 25 aprile. Ed è qui, purtroppo, che cala il sipario sulla vita di un giovanotto di belle speranze, un ragazzo perbene, sempre con il sorriso stampato sulle labbra, un sorriso rassicurante, contagioso, che infonde un’irrefrenabile voglia di vivere, un sorriso che invita a lottare strenuamente, senza mai gettare la spugna. Alle esequie, tenutesi nella cornice della Cattedrale di Salerno, sua città natale, partecipano oltre 5000 persone. I discorsi di Sergio Porrini, erede della sua maglia numero 3 e del capitano Gianluca Vialli, scanditi da mille lacrime, rappresentato l’addio e l’ultimo saluto ad Andrea.
LA BREVISSIMA PARENTESI IN NAZIONALE – Andrea Fortunato racimola solo tre convocazioni in nazionale maggiore, chiamato dal CT Arrigo Sacchi. Debutta il 22 settembre del 1993 in Estonia-Italia, sfida valevole per le qualificazioni al Mondiale di USA ’94.
RICONOSCIMENTI POST MORTEM – In memoria del povero ragazzo salernitano vi è oggi un riconoscimento intitolato a suo nome: il “Premio Andrea Fortunato”. Inoltre, gli viene dedicata la biblioteca e il museo del gioco del calcio di Villa Matarazzo, nel comune di Castellabate, nonché uno speciale annullo filatelico con bollo unico delle Poste Italiane. E ancora, nella città di Salerno, dal 2014, è presente lo Juventus Club “Andrea Fortunato”. Tutto ciò, forse, non basta ad onorare Andrea, ma è particolarmente significativo di quanto questo straordinario ragazzo sia gelosamente custodito in ogni anfratto del cuore di tutti coloro che lo hanno vissuto e lo hanno amato incondizionatamente.
(di Stefano Dentice)