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Auguri (con vittoria) per i papà juventini
La festa del papà diventa occasione per ricordare i “padri” della Vecchia Signora. Una lezione di stile, dove la passione incontra l’intelligenza
Dopo aver salutato le tante donne dal cuore bianconero, la giornata del 19 marzo -che avete certamente dedicato anche a Samp-Juve – impone l’obbligo di rivolgere un pensiero agli uomini, soprattutto se sono anche papà. Cari papà, sapete di avere un ruolo importantissimo nella famiglia e nella società. Non dimenticatelo mai: i vostri figli hanno bisogno di voi, ovvero hanno sempre bisogno di entrambi i genitori. Due figure complementari e concordi (cum+cordis: con lo stesso cuore, come etimologia vuole!), capaci di accudire, dare il buon esempio, amare sopra ogni cosa.
Nell’educazione sportiva poi, ça va sans dire, a voi si riconosce tradizionalmente un ruolo più rilevante, soprattutto con i figli maschi e soprattutto se si tratta di calcio. Quindi, frenate lingua e impulsi distruttivi e tentate sempre di orientare i vostri figli verso il rispetto: delle regole, degli avversari, di se stessi.
Così avrebbero voluto i padri fondatori della nostra Juventus, che mai più si sarebbero immaginati tutta questa strada per la loro pargoletta. I primi inconsapevoli papà furono due giovani fratelli torinesi, Enrico e Eugenio Canfari, che nel retrobottega della loro officina di biciclette danno vita allo Sport-Club Juventus. È il primo novembre del 1897 e serpeggia tanta voglia di gioco e di gioventù. Non a caso viene scelto il nome latino, che sottolinea la giovane età dei soci fondatori – tra cui molti studenti del liceo D’Azeglio – e anche la portata innovativa di questo gioco, allora sconosciuto in Italia. C’è poi la panchina, la mitica panchina su cui quei giovani si siedono e favoleggiano attorno al calcio, alla Juventus e ai loro sogni di gloria.
Qualche anno dopo, terminata la guerra che stoppa ogni sogno e ogni partita, fa capolino colui che è considerato il Papà per antonomasia della Juve, l’uomo che l’ha fatta crescere, che l’ha portata a diventare una squadra professionista, capace di competere con le più grandi d’Europa. È il 1923 e lui è Edoardo Agnelli, figlio del fondatore della Fiat Giovanni. È colto, è appassionato di calcio, è dotato di doti manageriali. Negli anni della sua presidenza, fino al 1935, la Juventus spicca il volo e da quel momento si lega indissolubilmente alla famiglia Agnelli, fenomeno unico nel panorama mondiale.
Questo matrimonio felice dà vita anche al cosiddetto “stile Juve”: un misto di eleganza, professionalità e mentalità vincente. Dove la passione incontra l’intelligenza, in un sapiente mix da trasmettere di padre in figlio.
“La saggezza del padre è il più grande ammaestramento per i figli.” (Democrito)