Bernardeschi a Tuttosport: «La Juve per me è speciale. Tornare? Se ci sarà occasione risponderò»
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Bernardeschi a Tuttosport: «La Juve per me è speciale. Tornare? Se ci sarà occasione risponderò»

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Bernardeschi a Tuttosport: «La Juve per me è speciale. Tornare? Se ci sarà occasione risponderò». L’intervista

Bernardeschi ha concesso un’intervista a Tuttosport in una diretta su Instagram col direttore Guido Vaciago.

RITORNO ALLA JUVE – «Quello che posso dire è che la Juve per me è qualcosa di speciale. Sono diventato uomo e calciatore alla Juve. Ho fatto un percorso grandioso, abbiamo visto tantissimi trofei e ne vado orgogliosamente fiero. Le cose che verranno non le possiamo sapere, ma se ci sarà occasione ovviamente risponderò. Il mio amore per la Juve non l’ho mai nascosto, forse avrei dovuto farlo vedere di più. E’ rimasto affetto e questo mi fa ancora tanto piacere. Quando vado in giro per la strada la gente mi apprezza. Il Milan? No, no, no. Papà è milanista, ma per me la Juve è la Juve».

INSEGNAMENTO DELLA JUVE – «La mentalità. È unica, inimitabile e costruita in cento e passa anni di storia. Se guardi le altre società, nessuna ha una storia così. È la sua specialità. Costruita da una famiglia, portata al successo e ha mantenuto la stessa mentalità fino a oggi. Perdersi per strada, in una multinazionale, è molto facile. Ma aver mantenuto la stessa famiglia, con la mentalità del sacrificio e del lavoro, e attraverso questo raggiungere gli obiettivi… Tanto di cappello».

CHIESA – «Lo vedo sempre bene. Gli voglio bene come un fratellino. Abbiamo giocato insieme alla Fiorentina, alla Juve e in Nazionale. Per lui provo un affetto diverso da altri giocatori. Quando io stavo esplodendo, lui stava venendo in prima squadra. Paulo Sousa, che è un grandissimo allenatore, da un punto di vista umano oltre che professionale, mentre eravamo qui a Torino per la prima di campionato, noi eravamo alla Fiorentina, ci chiamò dopo merenda per dirci che avremmo giocato titolari insieme e che gli sarei dovuto stare vicino, perché era il suo esordio. Giocò 45′ e giocò straordinariamente bene. Questa cosa ci ha legato, perché lui ha un carattere particolare, è chiuso e riservato, ma è anche un giocherellone. È ancora un ragazzino, ho un affetto speciale per lui. Ha sempre avuto grande qualità e gli auguro veramente il meglio, lui lo sa. Spero per lui, per la Juve e per i tifosi che continui così».

ALLEGRI – «L’eco dei pro e dei contro è arrivata. È una cosa stupida. Penso che sia normale che si voglia vedere la propria squadra giocare un calcio spumeggiante, in stile Barça e City, col tiki taka e vincere sempre 5-0. Lo trovo normale. Però, ovviamente, ho sempre pensato e creduto che un allenatore forte si basa sulle caratteristiche dei giocatori. Non è il modulo o l’idea di gioco che può far cambiare un allenatore. Se hai un determinato tipo di giocatori, l’allenatore bravo cuce un vestito adatto ai suoi giocatori. Guardiola è un genio perché creò l’abito perfetto su Messi, Iniesta, Xavi e Busquets. Aveva capito che quando avevano palla non la perdevano mai e allora si inventò questo tipo di gioco. Ma se non hai questi giocatori fai fatica a proporre il tiki taka. Ovviamente, si può sempre fare meglio. Ma, non si volesse mai, se la Juve vincesse il campionato, noi tifosi – io mi metto insieme a loro in questo momento – andiamo in piazza a gioire e festeggiare oppure ci mettiamo a ricordare le partite in cui si è giocato male? Quando ero alla Juve, e c’era Max, si giocava senza problemi con 4-5 giocatori offensivi. Siamo andati in finale di Champions col 4-2-3-1. Non è che uno non voglia far giocare un gioco offensivo alla propria squadra, nessuno decide questo, ma se hai determinati giocatori a disposizione puoi fare alcune cose sì e altre no».

CRISTIANO RONALDO – «Mi ha impressionato il suo essere maniacale a 360° su tutto e mi ha insegnato molto. Lo vedevi allenarsi ed era perfetto. Ma non solo nel fatto che arrivava prima e andava via dopo, ma andava nel dettaglio degli esercizi, dalla palestra all’alimentazione, dalla crioterapia ai calci di punizione e rigore. E questo, a 38 anni, lo ha portato a stare ancora lì, ha fatto 40 gol… Mi è capitato di sentirlo, vorrei sentirlo più spesso, ora è in Arabia ed è più difficile. Poi lui ha il suo mondo, è talmente grande… Io, nonostante sia un personaggio pubblico, non posso neanche capire la sua grandezza. A volte risponde, altre no, ma questo è normale. Se gli arriveranno queste parole, sa quanto lo stimo, lo apprezzo e quanto è e sarà importante per ragazzi e calciatori. È un esempio».

LA RIMONTA CON L’ATLETICO MADRID – «Resterà nel mio cuore per sempre. Al 90′ ero stanco sfinito, se fossimo andati ai supplementari sarei uscito, perché ero stremato. Però, ho visto lo spazio, e ho detto ‘Vado’… E quel rigore, con la tripletta iconica di Cristiano… Mi porto dentro la sensazione bellissima di quando sono entrato in campo e ho sentito il brivido dello stadio. Lo stadio quella sera aveva un’energia particolare, che poche volte ho risentito. L’ho risentita soltanto a Wembley. Lo Juventus Stadium e i nostri tifosi era come se si muovessero tutti all’unisono per ribaltare la partita. Era come se tutti sapessimo che ce l’avremmo fatta, sin dal riscaldamento. Era già pieno lo stadio, cosa che non capita mai. Di solito uno mangia, si fa le sue cose e poi quando l’arbitro fischia si va sugli spalti. Ma quel giorno tutti volevamo la stessa cosa e nello stesso preciso momento. Ciò ha spaventato anche l’Atletico. Avevamo giocato a Madrid una settimana prima e c’era un clima infernale. Non è che ti spaventi, però capisci che è una partita diversa dalle altre. Questo ha fatto veramente fare un gioco diverso all’Atletico, che non ha mai giocato, solo subito. Noi siamo stati bravi a fare il resto».

I PIU’ FORTI CON CUI HA GIOCATO – «Ne potrei dire tanti, oltre Cristiano ovviamente. Non posso non dire Buffon, per quello che è stato per l’Italia. Il secondo, penso Higuain. Per me è stato un attaccante straordinario, quando ci giocavi insieme era bello. Quando gli davi palla te la ridava, e come te la ridava… Io e lui ci intendevamo bene, infatti gli ho fatto tanti assist. Si muoveva sempre, faceva sempre i movimenti giusti, giocava di prima quando andava fatto, idem di seconda. Il terzo, nonostante non abbia avuto la fortuna di giocarci insieme, anche se mi ci sono allenato da ragazzino quando Prandelli mi chiamò per uno stage, è Pirlo. Mi è bastato vederlo due allenamenti e dici ‘Boh’… È qualcosa che ti rimane dentro, è stato il centrocampista più completo della storia del calcio. Lanciava di destro e sinistro di 60-70 metri, un calcio che fatichi a vedere nei centrocampisti. La metteva sotto l’incrocio da 30 metri. Se vedi Xavi e Iniesta non vedevi una cosa così. Aveva la loro tecnica, con il tiro da prima punta o trequartista. Per questo è stato il centrocampista più completo della storia. Non gli serviva neanche guardarti. Quando l’ho avuto allenatore e faceva le partitine con noi, con chi non aveva giocato, facevamo i 5 vs 5, alla sua età… faceva cose assurde, ti dava palle che bastava metterle dentro. Secondo me gli manca ancora il calcio giocato, ma penso manchi a tutti. Fa parte della tua vita, sarà anche per me un grandissimo vuoto da colmare. Alla Samp? Non ho seguito molto la B, so che ha passato un momento di difficoltà e ora si sta riprendendo. Al contrario di quanto si è sempre detto sui giornali, che non avessi un bel rapporto con lui, io e lui non abbiamo mai litigato. Lo sappiamo entrambi, ci sentiamo spesso, anche le nostre mogli, ho un bellissimo rapporto con lui, è una bellissima persona, un ottimo allenatore e gli auguro il meglio».

CHIELLINI – «È il mio fratellone, ho un grandissimo rapporto con lui, lo sento spesso. Lo aspetto qui a Torino, abitiamo vicini e le nostre bambine vanno d’accordissimo. Mi è mancato tanto, ma ci sentiamo spesso. Mi ha detto ‘Dopo le 6 del pomeriggio mi rompo il c…, non so che fare, rompo i cogl… a te perché sei l’unico dalla mia parte’. E io gli ho detto di chiamarmi quando gli pare, che io gli rispondo. Perché ha passato la vita a organizzare cose con il fuso orario italiano e poi di colpo, quando sei lì, non senti più nessuno perché quando hai tempo in Italia sono le 3, le 4, le 5, le 6 di mattina. Lui ha la fissa delle telefonate e parliamo di qualsiasi cosa, dal calcio alla Nba, dalle bimbe alla famiglia. Dirigente della Juve? Lo spero per lui e per la Juve, perché avere Giorgio in società è un valore aggiunto».

JUVE INTER – «Che dico… Sono dal lato che sapete tutti, inutile ripeterlo. Sarò allo stadio, speriamo che la nostra Juve faccia quello che deve fare e porti a casa i tre punti. Ma se così non dovesse essere, il campionato è lungo. Non è una partita che fa il campionato, ma è il campionato stesso. Conta arrivare bene e spingere tanto a fine marzo e inizio aprile. Sarò in tribuna? Sì, ma ti dirò di più. A me piace andare in Curva Sud a fare casino. Ci andai a Crotone e mi divertii un mondo. Io andavo in curva a vedere la Carrarese da piccolo, noi lì siamo tutti un po’ matti. Mi piacerebbe davvero tanto andare in Curva Sud una volta. Carrara? È la città in cui sono nato, dove sono cresciuto, dove mi sono sposato ed è nel mio cuore come Torino. Spero di poterci tornare presto, anche se sono pieno di impegni. Voglio dare stabilità alle bambine dopo un anno fuori casa».

TORONTO – «La Mls è un campionato difficile sotto tanti punti di vista. Ti fa viaggiare molto, le distanze sono lunghe e per abituarti ci vuole tempo. Passi da una città a un’altra con tanto fuso orario. Se hai tre partite a settimana fai molta fatica. Non riesci mai a stare centrato e la stanchezza te la porti addosso. Poi, la Mls è affascinante, perché ha un potenziale pazzesco. Giochi nelle città migliori al mondo, da New Yowk, a Miami, a Los Angeles, a Toronto stessa. Il pubblico è molto più caldo di quanto mi aspettassi. Il calcio non è il primo sport, l’Nba domina, poi c’è il football americano, in Canada c’è una forte influenza sull’hockey e non mi aspettavo tutto questo seguito. Ma la gente vive lo sport come un momento di festa, per portare i bambini allo stadio e divertisi. È un intrattenimento, a fine primo tempo ci sono gli spettacoli, all’inizio ci sono i fuochi d’artificio, organizzano tante iniziative, coi calciatori che regalano gadget ai bambini. L’Europa ha tanto da imparare dall’America in questo, perché tutto ciò avvicina le persone allo sport».

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