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Bonacini al veleno: «La Lega Pro non conta niente, non è una lega seria»
Stefano Bonacini, presidente del Carpi, ha parlato negativamente del sistema della Lega Pro confronto alla Serie A e B
Stefano Bonacini, presidente del Carpi, è intervenuto a “C Siamo” su Rai Sport lanciando dichiarazioni al veleno contro la Lega Pro.
PROPOSTE – «Le proposte fatte dal direttivo, senza sentire l’assemblea, non mi sembrano in linea con la democrazia. E non mi sembrano rispettose nei confronti di 60 presidenti che dovrebbero partecipare alla discussione e, in qualche misura, anche alla vita e alla morte delle società. Penso a squadre condannate alla retrocessione per il giudizio di 5 consiglieri».
STOCCATA – «Perché in Serie A non è stato assegnato lo scudetto alla Juventus e la B non ha promosso il Benevento, facendo giocare i playoff a tutte le altre? Perché sono due leghe serie. Noi, invece, non siamo una Lega seria. Decidono loro chi far andare su, decidono loro chi far retrocedere, decidono loro di non ascoltare nemmeno i problemi che possono avere le società nel disputare i play. Vi parlo di problematiche non solo economiche. Io mi posso permettere economicamente di giocare i playoff ma non riesco a trovare un dottore. Il mio si dimetterà perché non vuole certificare quello che bisogna certificare per giocare. È una questione oggettiva, non economica. E mentre io ho questo problema tu fai già le date. Inoltre quando verrai a controllarmi vorrai che io sia a posto con tutto, perché se metto le ruote della macchina sulle strisce mi multi. Ma poi decidi di far quello che ti pare».
NON CONTA NIENTE – «Mi sta bene tutto, tanto la Lega Pro non conta niente, l’ho sempre detto. Negli ultimi 5 anni sono stato in A e B e lì, anche se ognuno tira in parte l’acqua al suo mulino, c’è una condivisione tra persone che possono capire anche le difficoltà delle altre società. Qui invece non gliene frega niente di nessuno. Devi solo pagare, poi se non trovi un dottore sei solo uno sfigato. Non è una Lega che accomuna 60 presidenti. E non ne faccio una questione personale: in assemblea io volevo giocare, sono stato l’unico a dire che bisognava giocare se ci fossero state le condizioni per farlo. Quando mi hanno fatto notare che bisognava fermarsi perché l’avevano detto 56 società su 60, ho avanzato la mia candidatura per il merito sportivo, ma solo in quel momento».