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Breda: «Zaniolo mossa giusta. Vi racconto un aneddoto su di lui» – ESCLUSIVA
Roberto Breda, ex allenatore di Nicolò Zaniolo alla Virtus Entella, ne ha parlato in esclusiva a Juventusnews24
Nicolò Zaniolo e la Juve: un matrimonio che potrebbe essere celebrato in estate, con il classe ’99 che prenderebbe il posto di Dybala, via a zero. In esclusiva a Juventusnews24, Roberto Breda, allenatore che nella stagione 2016/17 lo ha lanciato in prima squadra alla Virtus Entella, ha tracciato l’identikit dell’obiettivo dei bianconeri.
Partiamo da quella stagione 2016/17. Cosa la colpì a primo impatto di un Nicolò Zaniolo ancora 17enne?
«L’Entella puntava molto sulla crescita dei giovani. Lui è stato il giocatore che ha avuto più successo, che ha avuto il percorso più interessante. L’idea, come detto, era quella di puntare sui giovani ma non è che su di lui all’inizio puntassero molto. C’erano dei prospetti che secondo loro erano più interessanti. Lui ha iniziato ad aggregarsi in prima squadra più avanti nella stagione: aveva una grande personalità. Era molto silenzioso, però non aveva paura. Tante volte, quando salgono i ragazzi dal settore giovanile, sono un po’ timorosi nel primo periodo, Nicolò ha avuto subito un bell’impatto, sia nel farsi voler bene dai compagni più grandi sia nel presentarsi in campo con forza e personalità».
Lui era un giocatore della Primavera quell’anno, ma fu lei a portarlo quasi in pianta stabile in prima squadra. Ci racconta il suo esordio in Serie B e cosa la spinse a lanciarlo tra i grandi?
«Ora si parla del grande problema dei giovani che non vengono lanciati. Noi allenatori veniamo accusati di essere poco coraggiosi. Il problema non è quello, è che quando arrivano in prima squadra non sono pronti. Manca un lavoro alle spalle fatto nel settore giovanile. Nicolò si vedeva che era grezzo ma aveva già l’impatto giusto. Diventa più facile mandare in campo un giocatore che sai che la sua battaglia la farà sempre. In certi momenti della gara lo fai più volentieri perché la sua risposta e le sue caratteristiche te le ritrovi quando lo metti dentro».
Ha un aneddoto particolare o un ricordo più piacevole che la lega a lui?
«Mi viene in mente tutto quel periodo lì. Poi io ho anche giocato con suo papà: uscivamo entrambi dal settore giovanile della Sampdoria e poi abbiamo giocato insieme a Salerno anche. Al di là di questo, non è che uno lo fa esordire perché è il figlio di un amico (ride ndr). Mi sono anche un po’ rivisto: 20 anni prima eravamo noi ragazzi nella Primavera della Sampdoria, dopo ho visto il figlio rifare lo stesso percorso, anzi nettamente più importante anche se in quel momento non lo sapevamo, ed è stata una cosa bella».
Dopo l’Entella, un anno nell’Inter Primavera e poi il salto alla Roma in Serie A. Si aspettava un impatto così forte fin da subito al suo primo anno nel nostro campionato?
«No, onestamente no. Non perché non avesse le qualità, ma perché doveva ancora formarsi dal punto di vista tattico. Lui ha delle caratteristiche che ti portano a pensare che possa fare più ruoli, come sta capitando anche adesso che sta facendo la punta, ruolo che non aveva mai fatto. Però, cambiando spesso, ci vuole più tempo nello specializzarsi, ma lui è stato bravo a dare subito le risposte giuste. Credo che sia anche un predestinato: ha trovato sempre persone che gli hanno anticipatamente riconosciuto le sue doti: penso a Di Francesco, penso a Mancini. Lui le ha confermate coi fatti ma è stato anche un po’ un predestinato perché, mi ci metto anche io, gli sono state riconosciute delle doti ancor prima che lui le dimostrasse».
In cosa lo ha visto più cresciuto nel corso di questi anni e su cosa, secondo lei, deve ancora migliorare?
«Quando è salito in prima squadra era molto istintivo, com’è giusto che sia. Lui è stato bravo a crescere sempre, a migliorarsi: un altro aspetto che forse si vede meno è la capacità che ogni giocatore deve avere di migliorarsi sempre. È stato anche un po’ sfortunato da questo punto di vista, perché gli infortuni che ha avuto lo hanno anche un po’ rallentato. È diventato un giocatore completo, sia nel ricoprire più ruoli sia nelle giuste risposte e capacità. È diventato un giocatore importante».
Passato, presente e ora futuro. Si parla di Zaniolo in ottica Juve come possibile sostituto di Paulo Dybala: sarebbe il giocatore giusto per prendere il posto dell’argentino?
«Le caratteristiche sono completamente diverse, fa parte di un progetto. Non credo che vada a sostituire Dybala come giocatore, ma vada a completare un discorso più ampio. La Juventus negli ultimi anni sta cercando di inserire tutti i migliori giovani d’Italia: Chiesa (tra l’altro ho giocato anche con suo papà alla Sampdoria), Bernardeschi, Locatelli. Sta cercando di accaparrarsi tutti i migliori prospetti del panorama calcistico italiano e lui rientra tra questi».
Ora mettiamoci nei panni di Nicolò. Lasciare ora la Roma sarebbe la scelta giusta per il prosieguo della sua carriera?
«Secondo me sì, perché il percorso che ha fatto è stato importante ma c’è sempre bisogno di nuove sfide. La sfida a Torino con la Juventus sarebbe il giusto step per crescere ancora e lavorare in modo diverso, con obiettivi diversi. In questo momento sono due squadre con obiettivi diversi».
Anche fuori dal campo è un giocatore da Juve? La sua tenuta mentale la convince?
«Se io penso al periodo con me, si è sempre comportato bene. Era molto silenzioso ma presente. Il resto non posso commentarlo perché non lo so, non sono cose che ho vissuto io».
Piccola curiosità. In quale ruolo lo vede meglio? Con lei giocava spesso dietro la punta, ma negli anni ha dimostrato di sapersi adattare bene in più posizioni…
«Il fatto di ricoprire più ruoli è un vantaggio: nel calcio moderno c’è l’idea di avere alternative diverse anche in base al momento della partita o alle caratteristiche degli avversari. Lui deve mantenere questa capacità, come han fatto Bernardeschi e Chiesa. Questo non è un limite, ma un vantaggio: se affini le tue caratteristiche diventi sempre più padrone del ruolo».
Zaniolo in, Dybala out: la Juve ne uscirebbe rafforzata o indebolita a suo parere?
«Io penso che la Juventus abbia fatto i suoi calcoli. La trattativa con Dybala è stata portata avanti per tantissimo tempo. Ci sono due punti di vista diversi: uno del giocatore, ossia le sue capacità indubbie, l’altro è l’effettiva resa che c’è stata a Torino visti i tanti infortuni. Le caratteristiche sono riconosciute e la dimostrazione è che la trattativa è andata avanti per tantissimo tempo: poi dopo, nell’ago della bilancia, pensi ‘Si ok, ma quante partite ce l’ho?’. Son quegli aspetti che dopo ti fanno vedere anche delle strade alternative e tante volte il percorso viene fuori da solo. Se i punti di vista diversi non combaciano più è possibile che le strade si dividano. Rafforzata o no, prima è sempre difficile dirlo. Credo però che sia la mossa giusta. Vado indietro negli anni: quando andò via Zidane, campione assoluto, la Juve prese Nedved, che non mi pare che a Torino fece così male… Il discorso è questo, tu devi sempre guardare il contesto generale e metter dentro tutto quanto: l’impatto economico e l’impatto del campo. Sono tutte e due importanti: quello economico è più delicato perché figlio del momento, invece il discorso tattico è aperto a tante cose, ma è il bello del nostro lavoro. Cercar sempre di portare qualcosa di nuovo e portare le risposte alle questioni che si vengono a creare».