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Buffon: «Juve, nessun addio definitivo. Possiamo ritrovarci in futuro»
Gianluigi Buffon, portiere della Juve, ha rilasciato un’intervista a Sky Sport. Le parole del numero 77 tra presente e futuro
Ai microfoni di Sky Sport, Gianluigi Buffon ha rilasciato un’intervista. Queste le parole del portiere della Juve.
IL RUOLO DA SECONDO – «Quello che son sicuro di aver dato alla Juve, il massimo di professionalità e serietà, di affidabilità. Di essere in toto una persona, un ragazzo, un professionista serio e sul quale ci puoi contare sempre. Credo che questi due anni, al di là del mio ruolo, per uno come non era così scontato e facile riuscire ad adattarsi. Penso di averlo fatto con grande entusiasmo prima di tutto per rispetto di me stesso come uomo perché ho 43 anni e poi per quelli che avevano fiducia in me che avrei ricoperto volentieri questo ruolo, e poi anche per i miei compagni, con il preparatore Filippi con Tek stesso e con Pinsoglio. Essendo una personalità influente e per certi versi ingombrante, non era facile sminuirsi, mettersi da parte e lasciare da parte le luci del palcoscenico. Sono contento, credo di aver superato questa prova brillantemente».
ADDIO ALLA JUVE – «Sicuramente è stata una serata differente, una serata più felice anche perché rispetto alla giornata di tre anni c’è stata anche meno commozione perché è stato qualcosa di già vissuto. Quando acquisisci una certa dimestichezza con determinate situazioni riesci a gestirle bene, anche il pubblico lo ha fatto. La cosa fondamentale, quello che interessava a tutti, non era il saluto a Gigi ma la vittoria della Coppa Italia. Tutti noi giocatori, come il pubblico, eravamo focalizzati sul match. Il fatto che io sia tornato nel cuore di un tifoso fa scattare la speranza che non sia un addio definitivo. Questo è quello che rimane nei cuori della gente: non c’è nessuna porta chiusa, le vie della vita sono infinite, non si sa mai che non ci si rincontri. È un sentimento bello che resta».
AGNELLI – «Col presidente ho sempre avuto un rapporto di grande fiducia e affiatamento. Alcune volte ci siamo confrontati su alcune cose, nel massimo della trasparenza. Abbiamo avuto scambi senza filtri: quando riesci ad averli con una persona del suo calibro e del suo ruolo vuol dire che si è creata quella sintonia giusta, nella quale tu sai che reciprocamente non ci saranno mai delle pugnalate alla schiena o delle mancanze di tatto in certe situazioni. Lui, come noi, ha vissuto una stagione delicata, però alla fine Andrea è fatto così, è un decisionista, un vulcano di idee, uno che secondo me ha delle ragioni valide e profonde per pensare determinate cose. Secondo me la cosa migliore che fa è portare a galla delle problematiche che, se non siamo ciechi, dobbiamo avere il coraggio di affrontare».
FINALI CHAMPIONS LEAGUE – «Quando perdi una finale vuol dire che sei ad un soffio dalla gloria. Quando non riesci a compiere quel gradino il rammarico c’è sempre. Vincere la Champions è complicato, soprattutto se ci relazioniamo agli ultimi 10 anni per il calcio italiano. Nonostante questo, noi siamo andati due volte in finale e questo significa che nello sport e nella vita se ci metti passione, se hai un gruppo solido che crede in determinati valori nulla è impossibile. Non so quante volte siamo stati tra le prime 4/5 d’Europa per fatturato, però come squadra e come anima sono convinto che se abbiamo raggiunto quel risultato è perché abbiamo avuto un plusvalore in tutto questo».
ITALIA – «Sarà curioso di vedere se avrò la spensieratezza di riapprocciarmi ad un torneo simile che vede protagonista la Nazionale con la felicità e la passione di un tifoso che son sempre stato. Dopo 22 anni di Nazionale, nei quali sei stato dentro ad ogni piccola vicissitudine, ritrovarsi a fare il tifoso non so che sensazione possa darmi. Proverò anche quella… La Nazionale sta lasciando tracce di entusiasmo, qualcosa di nuovo che si sta ritrovando. Mancini e il suo staff hanno fatto un lavoro certosino e ci sono ragazzi di talento che, uniti alla solidità di Bonucci, Chiellini, Insigne, Immobile, Jorginho, Verratti, possono far diventare la Nazionale protagonista ed è quello che l’Italia merita».
FUTURO – «La verità è che ho bisogno di 20 giorni per poter analizzare tutte le proposte ricevute, metterle a fuoco e capire se ce n’è una più delle altre che mi dà più entusiasmo, desiderio di sognare ancora. È stata un’annata complicata, lunghissima perché siam partiti a maggio dell’anno scorso praticamente mai fermandoci. Anche i più giovani iniziano a dare segni di cedimento (ride ndr). Ho bisogno anche io di andare in vacanza, avere 15 giorni nei quali riposare e quando il serbatoio delle energie risalirà, poi si potranno prendere in considerazione tutte le opportunità del caso. Devo farlo per rispetto della mia storia calcistica e perché non voglio fare brutte figure: se gioco da un’altra parte voglio farlo per performare sempre come uno dei migliori al mondo. Se questa cosa non dovessi sentirla, ecco allora che sarà arrivato il momento di fermarsi. Non devo aggiungere nient’altro alla mia carriera, perché mi sento abbastanza appagato. Non ho fatto o vinto tutto quello che volevo ma c’erano anche grandi avversari».