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Buffon riavvolge il nastro: «Vi racconto i miei 20 anni in Nazionale»

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Il portiere della Juventus e della Nazionale si è raccontato nel corso di una lunga intervista. Ecco le parole di Buffon dopo 20 anni in azzurro

Vent’anni in azzurro! Gigi Buffon è stato omaggiato con la maglia azzurra indossata in ItaliaMacedonia e si è raccontato ai microfoni di “Tuttosport“. Il portierone della Juve ha riavvolto il nastro raccontando i momenti in Nazionale: «Sono rimasti i numeri, i flash, le parate, i ricordi. Perché obiettivamente – e per certi aspetti anche meno male – ora ho più del doppio degli anni e sono una persona più riflessiva, più matura, per certi aspetti migliore. E’ normale e umano che sia così perché prima ero veramente un personaggio atipico. Però, alla fine, se uno riusciva a entrare in empatia con me ero un ragazzo a cui non potevi non voler bene. Non ho mai avuto sovrastrutture: sono stato esuberante ma lo sono stato senza calcoli. Infatti molti casini che ho combinato quando ero ragazzo li ho combinati così, senza calcoli perché non c’era il fine dietro a ciò che dicevo o facevo».

Gigi ha parlato anche dei suoi cambiamenti: «Chiaramente sono un po’ meno esuberante anche se, come dico spesso e come è tangibile, quel venti per cento di follia che mi appartiene ancora è ciò che mi ha permesso di avere questo tipo di carriera e che me lo permette ancora. Sì, quel pizzico di follia residua mi aiuta e mi ha aiutato. Se mi pesa la fama? No, è una cosa che non mi pesa. Se ho mantenuto un comun denominatore con il ragazzo che ero è il fatto che realmente non c’è calcolo dietro a una mia esternazione o a un mio pensiero. Spesso e volentieri anche quando rilascio interviste al di fuori dal calcio e mi chiedono se voglio sapere prima le domande rispondo di no. Perché rispondo sempre ed esclusivamente partendo dalla spinta emozionale che mi parte da dentro e la traduco in pensiero: comincio a cercare un congiuntivo, un soggetto, una parola».

E il calcio invece come è cambiato? Questo il pensiero di Gigi: «Si è evoluto moltissimo ed è diventato più competitivo. Il livello di competizione è molto più alto e quindi anche più difficile per ritmi, fisicità, forza. Adesso il più “scemo” tira a 110 km orari, roba che ti viene da chiederti dove l’avessero messo prima… Le sollecitazioni sono sempre più impegnative e devi rispondere con immediatezza ed efficacia. Però è anche vero che il calcio di 20 anni fa lasciava più spazio all’estro, al campione che faceva innamorare la gente con il gesto tecnico, il dribbling, lo stop. Ma adesso in campo domina l’immediatezza».

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