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Buffon a Tiki Taka: «La Nazionale è ancora mia! Cardiff? Siamo stati presuntuosi…»

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Buffon a Tiki Taka: ospite di Pierluigi Pardo il portiere bianconero racconta gli aneddoti sulla carriera. Svelando qualche curiosità sul futuro con la Juve e con la Nazionale

Gigi Buffon, ospite a Tiki Taka, ha svelato alcuni aneddoti sulla sua vita e sulla sua carriera. Ma anche e soprattutto sul futuro. Con la Juve e con la Nazionale: «Mi sento un senso di appartenenza innato alla nazionale, pensavo di andare in vacanza qualche giorno in vacanza durante la sosta, ma voglio rispondere presente alla chiamata della Nazionale. Sento il dovere di esserci ancora, in una fase di transizione così delicata. Quella azzurra è una spedizione nuova: contro Argentina e Inghilterra serve qualche giocatore esperto che dia una mano a tutto il gruppo. La mia presenza in questo senso può fare bene. E’ una forma di fedeltà e responsabilità al di là di quello che sarà il mio futuro a partire da giugno». Sul dualismo con Sczcesny, Buffon racconta: «Si è creata una grande amicizia. E si vede anche in campo, ci carichiamo a vicenda». Sul rinvio di Juve-Atalanta Gigi spiega anche il retroscena del dialogo con il capitano dell’Atalanta Toloi: «Giocare diventava pericoloso: si scivolava ogni tre passi e non volevamo far aspettare il pubblico a lungo. Non c’era fra di noi la prospettiva che smettesse di nevicare di li a poco. E soprattutto non volevamo complicare la vita alla gente».

Buffon interviene anche sul Napoli: «Quest’anno vogliamo regalarci il settimo Scudetto consecutivo, ma c’è da fare un miracolo per poter tenere il passo di questo Napoli. Si stava meglio a -1, ovviamente. Mi dispiace per l’uscita del Napoli dall’Europa League: in quella competizione potevano veramente arrivare fino in fondo. Avrei tifato il Napoli fino alla finale, con la speranza che la vincesse. E non come Ferlaino, che disse che avrebbe tifato la Juve in Champions League soltanto fino all’ultimo atto. Reina? E’ un grandissimo portiere, molto determinante, anche nel gioco della sua squadra: riesce a dare il via alle azioni con grande facilità». Su Italia-Svezia Buffon parla a cuore aperto: «Ho visto Insigne disperato. Ed è stato bravo a non fare polemica nei confronti del commissario tecnico Ventura. Questo la dice lunga sulla crescita di Lorenzo in questi anni». Sulla Champions League Buffon racconta: «Sono stato protagonista di tre finali perse: con il Milan abbiamo sbagliato tre rigori, col Barcellona abbiamo perso per episodi e contro il Real Madrid siamo stati un po’ troppo presuntuosi. Pensavamo di sciorinare calcio come loro, ma abbiamo valutato male l’avversario».

E poi, su tanti idoli della vita, Buffon li passa in rassegna: «Sono amico di Federer e disse, anni fa, che si ispirava a me: fu davvero carino. Amo Chagall, perché alleggerisce i pensieri e regala tanta felicità. N’Kono? Mi appassionai al Camerun a Italia ’90, l’ho amato perché é stato un portiere mirabolante». Balotelli in Italia? «Sarei felice se tornasse nel nostro campionato, perché avrebbe la possibilità di dimostrare che è davvero maturato. Spero lo possa far vedere a tutti e mi auguro che vinca questa sfida. Penso che Mario possa ambire alla Nazionale, merita di essere preso in causa». Parole al miele anche per l’ex compagno di nazionale Gennaro Gattuso: «Non è solo grinta, ha delle idee di gioco e non va sminuito. Sta facendo davvero bene sulla panchina del Milan e gli auguro il meglio. Donnarumma? Con le prestazioni si è guadagnato la nazionale». Il più forte giocatore contro il quale ha giocato? Buffon non ha dubbi: «Ronaldo il fenomeno sembrava un extraterrestre». Un pensiero anche per Totti: «Con Francesco ho vissuto 25 anni di calcio: lui, insieme a Del Piero e Pirlo è stato il più grande di sempre in Italia. Ma arriva il momento per tutti di dire basta al calcio giocato, è inevitabile».

Sandro Sabatini e la domanda finale: cosa farà l’anno prossimo Gigi Buffon. E la risposta del portiere è chiara: «Comunicheremo io e la società, a fine stagione, la decisione sul mio futuro. Ora c’è la stagione a cui pensare ed è troppo importante. Smettere di giocare è come una prima morte, in un’età ancora giovane».

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