Calcio femminile: contratti, stipendi, costi. Cosa succede col professionismo

Calcio femminile: contratti, stipendi, costi. Cosa succede col professionismo. Il passo è fatto

Il calcio femminile dal 1 luglio sarà uno sport professionistico, l’agognata ufficialità è finalmente arrivata. Si trattava di un passaggio quasi scontato visto che l’emendamento definitivo era già stato ratificato nel novembre 2020: anche se nella votazione del Consiglio Federale la Lega Serie A è riuscita comunque ad esitare. Non una bella scena. Comunque, scivoloni a parte, siamo di fronte un passo storico per le calciatrici, per il movimento, e per tutto lo sport italiano che abbraccia la sua prima disciplina femminile professionistica.

Il governo ha messo a disposizione della federcalcio un contributo annuale da poco più di 3 milioni per 3 anni che sarà utilizzato per la Serie A, visto che tutte le categorie inferiori resteranno dilettantistiche. La prima grande novità è che le calciatrici della massima serie avranno contratti, professionistici appunto, con tanto di contributi previdenziali e altre tutele in ambito sanitario e legale. Molti dei contratti firmati dalle maggiori atlete del campionato prevedono la naturale trasformazione nei nuovi accordi. Lo stipendio minimo, in linea con quanto accade nella Lega Pro maschile, sarà di 26 mila euro lordi all’anno anche se diverse calciatrici ad oggi hanno già riconoscimenti superiori. In termini di costi tutte le società per iscriversi alla prossima Serie A femminile dovranno una fideiussione di 80 mila euro e disporre di uno stadio da almeno 500 posti. Il dispendio di risorse sarà notevolmente innalzato rispetto ai parametri attuali e graverà in gran parte sui club (molto spaventati dalla questione che rappresenta sicuramente la vera criticità): da qui la riforma del campionato per rendere il prodotto più appetibile commercialmente e televisivamente. Dopo averlo conquistato, il calcio femminile dovrà sostenere il professionismo: questa è la nuova partita da giocare e vincere.