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Chiellini: «Champions obiettivo concreto. Ritiro? Forse devo chiamare Ibra»
Chiellini: «Champions obiettivo concreto. Ritiro? Forse devo chiamare Ibra». Le parole del capitano della Juve al Times
Il capitano della Juventus Giorgio Chiellini è intervenuto ai microfoni del Times. Di seguito le sue dichiarazioni.
CHAMPIONS LEAGUE – «La Champions è qualcosa che mi manca e che alla Juve manca dal 1996. Ci siamo andati molto vicini, ci proviamo ogni anno, ma è un torneo dove non sempre vince la squadra migliore. Negli ultimi tre anni siamo stati eliminati da Porto, Lione e Ajax. Non possiamo essere soddisfatti. Quest’anno possiamo provare a vincerla».
EUROPEO – «Loro avevano molta più pressione di noi e a volte la pressione ti dà energia, ma a volte è un ostacolo. Noi abbiamo percepito questa paura. Forse non paura… Ma il loro nervosismo, la loro tensione. A fine primo tempo, con l’Inghilterra in vantaggio 1-0, nel nostro spogliatoio c’era tranquillità. Eravamo sicuri che se avessimo tenuto la palla, avremmo segnato. Sicuramente avremmo trovato la soluzione per farlo. Tenere i nervi saldi è stata la cosa più importante e poi siamo stati fortunati ai rigori. Un pareggio è stato il risultato più giusto per quella partita».
ATTEGGIAMENTO – «Quando ero più giovane ero più ‘acceso’, avevo bisogno di un nemico e non avevo un buon rapporto con gli altri attaccanti. Adesso invece mi piace parlare con loro durante le partite, mi piace condividere sensazioni e discutere di ciò che sta succedendo durante un match. Con loro scherzo anche, a volte. Non sono aggressivo: adesso il ‘nemico’ non è un nemico, ma un amico che gioca contro di me, e ho capito che se non disperdo le mie energie ‘combattendo’ come facevo prima, potevo diventare più lucido e più concentrato. Così le mie prestazioni sono migliorate».
MBAPPÈ – «Il più talentuoso. Ci ho giocato contro per la prima volta nel 2017, aveva 18 anni ma era già incredibile. Non posso immaginarmi come sia adesso e cosa possa fare in futuro. Mi piace la sua mentalità».
POGBA – «Lui è il LeBron James del calcio. Davvero, è fantastico com’è cresciuto. Quando lo vidi per la prima volta agli allenamenti dissi ‘Cosa? Non è vero’. Sapevo che arrivava dal Manchester United, quindi mi aspettavo di vedere un ottimo giocatore, ma il fatto che fosse andato via da lì mi faceva pensare che non fosse un top player. Invece lo era. Ora mi dispiace che non riesca a far vedere completamente tutte le sue qualità».
RITIRO – «Forse devo chiamare Zlatan e decidere insieme a lui. Potremmo fare un video per Sky in cui ci diciamo: “Cosa vuoi fare?”, “No, tu cosa vuoi fare?”, “Ok, possiamo decidere insieme”».
FARE IL DIFENSORE – «È un ruolo che devi sentirti dentro. Bisogna essere felici di non permettere all’attaccante di fare la giocata che vuole. È un ruolo di studio, perché bisogna capire l’avversario e cogliere la sua intenzione. È un ruolo di anticipare tutto. E poi è anche un ruolo emotivo. Voglio dire, toccando prima del cross o del lancio alto cominci a sentire la connessione con l’avversario. Devi impressionarlo con la tua superiorità, renderlo nervoso. Fagli capire che non riceve la palla, riceve una spinta prima di ricevere la palla. Se giochi a calcio, capirai cosa sto dicendo».
MODELLI – «Sono stato fortunato a crescere con Paolo Maldini, Franco Baresi e ho avuto la fortuna di giocare con Fabio Cannavaro. Ho cercato di carpire da lui tutti i segreti possibili. Il migliore ora? Prima degli infortuni, Sergio Ramos. Per certi versi non un vero difensore, più un giocatore globale, fantastico in tutto il campo e con personalità. Io? Ci sono altri difensori con più capacità tecniche. Ma io lavoro sul passaggio dall’inizio della mia carriera e lo faccio ancora. Sono sempre stato il brutto anatroccolo. Se non sono coordinato ora, potete immaginare cosa ero quando avevo 14, 15 anni. Ma miglioro giorno dopo giorno, anno dopo anno, partita dopo partita, perché avevo passione. E ho ancora la passione che avevo a 15 anni. Ogni persona che ho incontrato nella mia carriera ha cercato di aiutarmi, perché hanno visto in me questi sentimenti. Questa voglia di migliorare».
BONUCCI – «Il mio gemello in campo. Ho un fratello gemello nella realtà ma Leonardo è il mio gemello sul campo».
GIOCARE PER LA JUVENTUS – «Ho imparato il significato di giocare per la Juventus. Questo è un club che cerca di dare tutto ai giocatori, in modo che possano solo giocare a calcio. Siamo fortunati ad avere, a vigilare sulle nostre teste, una famiglia, gli Agnelli che sono qui da quasi 100 anni. Per loro questo non è solo un investimento. Vogliono creare qualcosa e il verbo più importante è ‘vincere’. Questo non significa che devi vincere tutto ma alla Juventus si punta sempre a vincere».
VLAHOVIC – «Ci ha dato una sensazione di nuova energia da parte del club. Il club ha detto: ‘Vogliamo vincere e ora non avete scuse’».