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Nel mondo di Christian Streich: la bicicletta, i paragoni con Klopp e quelle uscite in conferenza

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Nel mondo di Christian Streich: la bicicletta, i paragoni con Klopp e quelle uscite in conferenza. Tutto sul tecnico del Friburgo

Il Friburgo vola anche grazie a un pilota che conosce il club come le sue tasche. L’allenatore Christian Streich, in carica dal 2011 – dopo 11 stagioni nelle giovanili e 5 anni da assistente -, ha trovato l’assetto ideale per valorizzare una rosa giovane e ambiziosa. Un tecnico atipico, il punto di riferimento e il simbolo della società in cui ha militato chiudendo la sua carriera da centrocampista nel 1995, dopo un infortunio pesante. Nato in provincia, si è costruito da solo ottenendo tutto quello che si è guadagnando con lo studio e la gavetta, passo dopo passo. Innovatore e quasi sempre controcorrente, si è guadagnato i consensi dell’intero movimento calcistico tedesco e il plauso degli ambientalisti visto che quasi sempre si presenta agli allenamenti in bici. Un modo per tenersi in forma, ma anche una questione di comodità, visto che ha scelto di abitare a poche centinaia di metri dal centro sportivo bianconero. Più di 10 anni saldamente sulla panchina della squadra della Foresta Nera – tra gli allenatori più longevi della Bundesliga -, due qualificazioni in Europa, quattro salvezze, una promozione in Bundesliga immediatamente dopo la retrocessione, Streich ha sempre avuto il merito di riuscire a valorizzare al massimo la rosa a disposizione, anche senza grandissimi campioni o investimenti monstre.

Quella attuale è la sua stagione capolavoro, con la squadra lanciatissima al quarto posto in classifica, alle spalle della due corazzate Bayern e Borussia Dortmund, e dell’altra sorpresa Union Berlino. I tifosi più visionari lo hanno paragonato a Klopp, ma Streich rimane una personalità più unica che rara nel panorama tedesco. Proprio come le sue uscite, di una sincerità spesso disarmante, le sue conferenze stampa spesso si chiudono tra le risate generali. Come quando gli è stato chiesto perché non è mai riuscito a battere il Borussia Dortmund. «Semplice, perché perdiamo sempre». Non è raro sentirlo infilare discorsi di filosofia, morale o politica, rispondendo a domande banali sulla probabile formazione o l’assetto tattico, chissà se si intende anche di ippica, come Max Allegri.

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