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Galimberti: «Del Piero campione infinito, ora manca un 10 come lui» – ESCLUSIVA

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Galimberti: «Del Piero campione infinito, manca un 10 come lui». Lo scrittore racconta le gesta dell’ex Juve in un libro – ESCLUSIVA

Alberto Galimberti, giornalista, scrittore e docente universitario, ha scritto e pubblicato di recente un libro dal titolo “Alessandro Del Piero. L’ultimo atto di un campione infinito”. In questa intervista a Juventusnews24 ha raccontato in esclusiva di cosa parla il volume tra passato, presente e futuro di quella che è stata una delle leggende più luminose della storia bianconera.

Come nasce l’idea di questo libro?

«Quest’anno è il decimo anniversario dall’addio di Del Piero alla Juve. Il libro è un commiato commosso, tracimante di affetto e scritto col cuore e il cervello. Il cuore è quello di un adolescente appassionato di sport e di calcio anche grazie alla figura di Del Piero. Il cervello è quello di una persona adulta che ha provato a ritagliare ricordi ed emozioni per poi scriverli neri su bianco e farli rivivere. Il sottotitolo è “l’ultimo atto di un campione infinito” perché quella uscita di scena in Juventus Atalanta con i 17 minuti di giro di campo è stata perfetta, unica nel suo genere. E’ stata diversa da quella delle altre bandiere perché è stata sincera e ha sgocciolato istanti di meraviglia. A 10 anni di distanza è rimasta incisa nella memoria dei tifosi juventini e non solo. Gli stessi cronisti interruppero il racconto della partita per raccontare il giro di campo. E’ stato un evento unico».

Quali sono i principali aspetti di Del Piero che tratti nel libro?

«Ho ripercorso la sua carriera dal punto di vista professionale e umano tra vittorie sfavillanti come la Coppa Campioni, la Coppa Intercontinentale e il Mondiale e anche sonore sconfitte come le finali perse in Coppa Campioni e all’Europeo. E poi gli infortuni, le cadute e le rinascite. Nel libro tratteggio due aspetti di Del Piero: tecnico e umano. Dal punto di vista tecnico è stato un numero 10 moderno capace di coniugare la classe alla caparbietà agonistica, il talento al temperamento, il genio del fantasista alla grinta, la pulizia del gesto tecnico alla potenza atletica. E’ stato un finalizzatore poetico perché le sue reti erano belle e pragmatico al contempo, perché grazie ai suoi gol lui decideva le partite e i campionati. Non era il classico numero 10 degli anni ’70 e ’80 tutto genio, anarchia, e tocchi di velluto, ma nella sua carriera ha tenuto insieme le due dinamiche dell’attaccante. In questo può essere definito moderno. Dal punto di vista delle qualità umane lui ha mostrato senso di responsabilità verso i tifosi, la squadra e  la società, ma anche leadership, carisma e serenità di giudizio. Tutto questo bagaglio di valori gli ha permesso di affrontare i momenti peggiori della sua carriera, dalle critiche della stampa all’infortunio di Udine fino ai declassamenti in panchina. E di risalire la china».

C’è una scelta in particolare che colpisce di Del Piero?

«La scelta che mi ha colpito è stata quella di andare in Serie B da campione del mondo. Non era scontata. Poi lui ha traghettato la Juventus portandola in Serie A, in Champions League e alla vittoria dello scudetto festeggiato il 13 maggio 2012 contro l’Atalanta. Passando in rassegna giornali, interviste e conferenze stampa colpisce anche che non c’era mai una polemica ad alta voce, una parola fuori posto, una dichiarazione sopra le righe che potesse dividere l’ambiente e destabilizzare la società e i tifosi. La sua qualità è stata quella di un calciatore che, oltre ad aver trasformato traguardi in primati, ha sempre anteposto il bene della squadra alla propria gloria personale. Come dice Bruno Pizzul che cura la prefazione del libro, per questa ragione Del Piero è stato un modello di lealtà, di dedizione e di cultura sportiva. Tutte caratteristiche che oggi forse stanno venendo un po’ meno».

Come è cambiato il valore della maglia numero 10 con Del Piero?

«E’ stato il primo numero 10 con la scritta del cognome. La UEFA ha imposto il cognome sulle magliette nella finale di Champions che la Juve vinse nel 1996 ai rigori. Lui aveva il numero 10 che era stato di Roberto Baggio, Platini e Sivori ed è stato il primo nella storia della Juve ad avere il cognome sulla maglia. E quando, nella conferenza stampa di addio, gli fu domandato se volesse ritirare la maglia come era successo a Maldini e Maradona, lui rispose di no perché ogni bambino deve sognare di poterla indossare. Questo indica anche la sua cifra da campione. Tempo fa c’erano alcuni hashtag dei tifosi in cui c’era scritto “10 anni senza 10”. In realtà è un po’ ingeneroso…Quando Del Piero è andato via, l’anno dopo la 10 non l’ha presa nessuno. Poi è arrivato Tevez che aveva avuto già la 10 di Maradona al Boca Juniors e non ha avuto problemi a indossarla. Poi è stata di nuovo vacante e l’anno dopo l’ha presa Pogba. Dopo di lui c’è stato Dybala e quasi un passaggio di consegne in cui lo stesso Del Piero gli aveva detto di onorarla. Ora è passata a Pogba, ma non si è visto…Alla Juventus forse ora manca a livello tecnico un numero 10».

Quale è il gol più bello di Del Piero?

«Nel libro ricordo vari gol, ma il più bello è stato quello a Bari nel 2001 dopo la scomparsa del padre: punta l’uomo, va via col doppio passo e con un tocco sotto firma un capolavoro. Anche il gol alla Germania è stato come un cerchio che si chiude. Nel libro racconto il parallelismo tra il “gol alla Del Piero” che nasce in Champions a Dortmund nel 1995 e questo gesto che, dopo averlo allenato per tanto tempo, pare aver voluto ritirare fuori nel momento decisivo, come un vero artista, nei minuti di recupero di una semifinale del Mondiale, dopo una corsa di 80 metri, sempre a Dortmund. Questo gol rappresenta le sue caratteristiche tecniche: la potenza fisica nella corsa e la classe del colpo sotto all’incrocio. E pure l’errore di Rotterdam nella finale di Euro 2000 è stato riscattato da questo».

Quanto è stata importante la sua eredità per la striscia di successi della Juve e per i tifosi?

«Il libro è pensato anche ripercorrere i 19 anni di Del Piero e provare a condividere emozioni e momenti con i lettori e i tifosi che sono ormai diventate patrimonio condiviso. E quindi chi li rilegge ridiventa un po’ giovane…Quando Del Piero ha lasciato c’erano due sentimenti: da un lato il rimpianto, dall’altro la gratitudine. Il rimpianto perché non ci sarebbero state più partite, gol e vittorie di Del Piero con la Juventus. La gratitudine per tutte le emozioni condivise. Del Piero ha avuto la forza, nelle vite dei tifosi juventini che hanno vissuto la Juventus con lui, di sovrapporre le tappe individuali di queste generazioni con le tappe della sua carriera. Ci si ricorda, ad esempio, di cosa si faceva in un momento particolare, ad esempio la vittoria dell’Intercontinentale o del Mondiale. E’ come se si fossero sovrapposte le vite. Per questo il libro è dedicato alla “generazione Del Piero”, cioè a quelli che hanno conosciuto e amato il calcio seguendo Del Piero».

Un ritorno di Del Piero alla Juve come dirigente è possibile?

«Il merito più grande di Del Piero è stato quello di andare oltre la vittoria di trofei e titoli costruendo un legame speciale con i tifosi che non si è mai rotto, nemmeno a 10 anni di distanza. Quando è tornato allo Stadium tanti tifosi hanno detto che quello è stato il momento più emozionante degli ultimi anni non proprio positivi. E quindi questo è indice del fatto che il popolo bianconero sogna di vederlo in un ruolo dirigenziale. Del Piero come Maldini al Milan? L’accostamento è azzeccato. Come lui, Del Piero è un patrimonio del calcio italiano e una persona intelligente che se deve occupare un ruolo lo fa con intelligenza, equilibrio e serietà. Lo si è visto nel ruolo di commentatore televisivo, dove ha portato quella sobrietà che aveva da calciatore. Lui rappresenta la juventinità per eccellenza e potrebbe diventare una figura alla Boniperti, un’icona e una bandiera che mantiene i valori di più generazioni di juventini. Se dopo l’addio le due strade hanno preso un percorso differente, non è escluso che non possano riavvicinarsi. Il sogno dei tifosi è quello di rivederlo e chissà che non si avveri. Altri giocatori della sua generazione hanno iniziato a fare gli allenatori, invece lui no. Perché negare ai tifosi il sogno di rivederlo? E’ legittimo sognarlo, specialmente in questa fase di transizione. Chissà che non possa scrivere un altro capitolo dopo i 19 anni in campo».

Può essere Chiesa, seppur con caratteristiche diverse, il prossimo Del Piero della Juve?

«C’è un tratto tecnico di Chiesa che ricalca un po’ quello che aveva Del Piero. Il fondamentale più curato di Chiesa è la preparazione al tiro. Ed è un fondamentale che Del Piero prima del 1998 aveva. Dopo non l’ha mai perso perché, pur essendo stato un fantasista, è sempre stato un marcatore. Anche a fine carriera voleva giocare negli ultimi 20 metri per segnare. Guardando i gol di Chiesa, sia in Nazionale che nella Juventus, alcuni ricordano quelli di Del Piero nella capacità di stoppare il pallone e tirare e nella rapidità di esecuzione. Chiesa è veloce di testa e di gamba ed è un esterno come lo era il primo Del Piero che con Lippi giocava largo, come faceva anche in Nazionale per adeguarsi. Per cui ci sono alcuni elementi che lo ricordano».

In questa Juve di Allegri Del Piero troverebbe spazio?

«Del Piero è sempre stato una seconda punta, basti pensare che con Trezeguet ha formato la coppia che ha segnato più reti nella storia della Juventus. Ora il calcio è diverso rispetto a 10 anni fa, ma potrebbe far coppia con Vlahovic. Ma poi dove si mettono Chiesa e Di Maria? Comunque nelle Juventus degli ultimi 10 anni per me giocherebbe sempre…».

Del Piero è davvero infinito per la Juve?

«L’ultimo atto di un campione infinito” è stato un inizio. E’ un campione infinito perché sa risollevarsi dalle sconfitte, dai momenti bui e ha saputo dare l’esempio a bambini e ragazzi. E perché è stato decisivo in campo fino alla fine, uscendo da vincente e riportando la Juve in auge dopo la Serie B e l’umiliazione di Calciopoli. In quel campionato lui ha giocato pochissimo, ma ha realizzato la punizione decisiva contro la Lazio per restare in vetta alla classifica. Nell’immagine finale di Del Piero che saluta il campo e fa il giro e alza lo scudetto c’è dentro tutto. Sono convinto che, fin quando la Juve esisterà, bisognerà raccontare e tramandare la storia di Del Piero. Le generazioni passano e la sua storia rischia di essere dimenticata. Invece la storia di Del Piero va tramandata, in campo e fuori, per i tifosi della Juve e non. Personalmente è stato emozionante raccontarla e provare a tramandarla».

copertina libro del piero

Si ringrazia Alberto Galimberti per la cortesia e la disponibilità mostrate in occasione di questa intervista

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