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Del Piero: «L’ultimo saluto allo Stadium? Non ci credevo. Impossibile descrivere quello che si è creato quella giornata»

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Del Piero ricorda: «L’ultimo saluto allo Stadium? Non ci credevo. Impossibile descrivere quello che si è creato quella giornata»

L’ex numero 10 della Juventus, Alessandro Del Piero, è intervenuto nel corso di Akos Podcast. Le sue parole:

L’ADDIO ALLO STADIUM – «Impossibile descrivere quello che si è creato in quella giornata, in quell’anno. Sono 19 anni, per me e per i tifosi, dove abbiamo fatto di tutto. Abbiamo vinto tutto, siamo andati nel posto più brutto per una squadra come la Juve, siamo risaliti e abbiamo vinto e io dovevo salutare. Non ci credevo ancora, mi dicevo: qualcosa cambierà, sta accadendo davvero? L’energia di quel momento, sentivo già che c’era qualcosa e poi tutto è esploso quando sono uscito, nessuno guardava la partita. Io pensavo di fare il giro di campo a fine partita, perché per me la partita è sacra, poi è diventato così insistente il grido dei tifosi e anche i miei compagni mi dicevano di andare. Ho capito ancora di più cosa stava accadendo, non solo per quello che rappresentavo io, ma quello che hanno rappresentato quei 19 anni per noi e questa è stata la cosa toccante».

FIGURA BONIPERTI «Per tutti i tifosi della Juve e non, rappresentava non solo il presidente ma la persona di riferimento per il mondo Juve, oltre la famiglia Agnelli. Era il leader di quella società. Da parte mia, non l’ho mai conosciuto se non in un’occasione a 17 anni una volta maturato l’accordo con il Padova. Lui mi ha voluto più di altri, c’era anche il Milan che mi cercava. Da lì ho instaurato un rapporto molto bello, continuato anche dopo anche con la famiglia e che ancora c’è. Fino all’inaugurazione dello Stadium, per me è stato motivo di grandissimo orgoglio essere affiancato a lui che ha fatto la storia della Juve da sempre».

PRIMO ANNO ALLA JUVE«A Padova già vedevo giocatori come…Galderisi e poi tutti gli altri della prima squadra, una volta la Serie B aveva uno spessore enorme. Immaginati una squadra con Baggio e Vialli e tutti gli altri. I primi tempi eravamo 3-4 giovani aggregati al ritiro e non ci volevo credere. Situazioni uniche e difficile da descrivere. Sai che se ti hanno chiamato hai dei meriti e devi dimostrare, dall’altra parte devi anche saperti comportare e portare rispetto, saper ascoltare e osservare, si impara tantissimo così. Questo è il percorso che bisogna fare, avere rispetto e poi avere anche l’ambizione di arrivare a quel livello, non puoi fare le cose semplici, devi dimostrare».

DAL PADOVA ALLA JUVE – «L’ha voluta, c’era molto interesse e lui ha voluto più di tutti questo passaggio. Un passaggio importante anche dal punto di vista economico. Al Padova c’era anche Di Livio che poi venne alla Juventus, con lui ho un’amicizia particolare per via del nostro percorso».

I GIOVANI ADESSO – «La mia generazione, come quella di Baggio, c’era il fuori campo, il calcio di strada, con gli amici. Dinamiche che ti portano a giocare in superfici diverse, condizioni diverse e sono tipologie di esercizi. Questo ti dà tante ore di gioco in condizioni anomale e questo ovviamente manca. Un gap che è dovuto da come funziona la vita in certi ambienti».

LIPPI, DIRIGENZA E VENTRONE – «Hanno trovato una simbiosi nel proporsi che è stata eccellente, visti i risultati. Fu cambiato tutto, la parte societaria gestita in un modo, Lippi è arrivato con grande energia e voglia. Il nostro percorso è stato anche rivoluzionario, siamo passati al tridente che si era visto quasi mai in Italia, non utilizzato in quel modo. Ventrone è stato uno stravolgimento, diverso da quello che avevo visto prima. Maniacale nei dettagli, voglia di personalizzare il lavoro e una carica incredibile. L’energia messa dentro fu notevole, ognuno nei propri ruoli e tutti sono cresciuti e abbiamo raggiunto traguardi straordinari grazie a questo lavoro continuo e visionario. Abbiamo iniziato a vincere con una squadra che nel primo anno non era così accreditata».

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