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Del Piero: «Porte chiuse? Giocare senza tifosi è devastante»
L’ex capitano bianconero Alessandro Del Piero parla dell’eventuale ripresa del campionato e non solo. Le sue parole
Alessandro Del Piero si racconta su Instagram. Le parole dell’ex capitano bianconero sulla ripresa e non solo.
CAMPIONATO – «La salute è la priorità, dobbiamo avere l’ok degli enti necessari. Per una questione logistica io penso che per mille motivi se c’è la possibilità di finirla è la cosa più giusta. È una situazione straordinaria e devi prendere decisioni straordinarie. Da giocatore senti le vibrazioni dei tifosi, è devastante giocare in uno stadio vuoto. C’è molta disparità in Europa. Francia e Olanda si sono fermate, Germania e Polonia dovrebbero ricominciare».
PUNIZIONI – «Ho iniziato per passione, mi piaceva far gol. Sono cresciuto con un campionato italiano dove c’erano Maradona e Zico. Mi sono allenato tanto con le punizioni, mi piaceva proprio».
CALCIO – «I giocatori oggi hanno la fortuna che la distanza la barriera venga rispettata. Una volta l’arbitro metteva la barriera e dovevi sperare che la mettesse giusta. Tutti quanti poi mangiavamo qualche centimetro. Io e i miei compagni ci siamo ingegnati per creare nuove soluzioni».
GOL – «Ne ho almeno 100 preferiti, per non dire tutti 290. Quello più bello è stato con la Fiorentina. È stato inusuale, rappresentò tanto quella partita per noi. Ribaltarla e vincere all’ultimo minuto è il sogno di tutti. Quel gol è diverso dagli altri. In quelle situazioni segui un po’ l’istinto, ho tirato subito».
GOL AL TORO – «Il lavoro del primo uomo è portar via un po’ di spazio, quasi mai tocchi palla. La dinamica ha voluto che arrivassi al momento giusto, ho dato un colpettino dietro e ho avuto la fortuna di toccarla il giusto».
FINALE DEI MONDIALI – «In quei momenti ti vengono in mente mille pensieri. Segui i tuoi compagni, tiri giù tutte le preghiere che puoi. Quando tirano gli altri dici: “Speriamo che sbaglino, vai Gigi para”. Poi ti viene l’ansia, speri che quello prima di te sbagli perché ti toglie responsabilità. Quella camminata è devastante, ti gira nella testa tutto. Ti passa il destino della tua squadra. Ad un certo punto mi sono detto: “Dai su, ma quante persone la staranno vedendo? Poi mica se la prendono se sbaglio un rigore…”. Mi è venuto questo in mente. Quando ho preso il pallone ho detto: “Ho aspettato questo momento tutta la vita”. Ho scelto all’ultimo dove calciarlo, durante la rincorsa. Mi sono detto: “Fai quello che devi fare, fai il tuo meglio, andrà come deve andare”. Siamo stati perfetti dal dischetto».
BENEFICENZA – «Abbiamo donato 4 ambulanze alla Croce Rossa, poi ognuno è attivo a livello locale. Io qui a Los Angeles con il ristorante ho l’occasione di dare un pranzo a chi è meno fortunato o a chi lavora. Andremo in un ospedale, perché simpaticamente ci ha contattato una ragazza italo-ghanese che ha visto una nostra iniziativa e che vive qui e fa l’infermiera in terapia intensiva. Tra poco sarò lì. Doneremo il pranzo a tutto il reparto».