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Dybala: «Non pensavo che il calcio potesse mancarmi tanto»
Paulo Dybala si racconta. Dalla quarantena alla mancanza del calcio: le parole dell’attaccante della Juve, che aspetta di tornare presto in campo
In un video pubblicato da Adidas, Paulo Dybala racconta il suo isolamento ma anche le sensazioni che prova lontano dal campo. Le parole del bianconero.
LINGUE – «Ho tanti compagni brasiliani e ho imparato un po’ il portoghese ma mi sono reso conto che loro apprendono più facilmente lo spagnolo. Ci sono Douglas Costa, Alex Sandro, Danilo. Ho giocato con Dani Alves, Neto… Ho avuto anche molti compagni portoghesi come Ronaldo, Cancelo. Ho parlato un po’ portoghese con loro, per impararlo un po’, ma loro parlavano anche spagnolo perché lo imparavano più facilmente».
CALCIO – «Non pensavo che il calcio mi mancasse tanto, giocare e fare allenamenti. Ho bisogno di tornare a praticarlo, vedere i miei compagni e amici e toccare la palla. A casa gioco ma non è la stessa cosa. Ho bisogno di mettermi gli scarpini, correre, fare gol… Come dico sempre, quando hai una passione, fai tutto due volte meglio. Non sappiamo esattamente quando potremo tornare. Non è come una vacanza, che sai già per quanto tempo resterai fermo, sai che l’unico lavoro è rilassarsi e mantenere un po’ la forma».
ALLENAMENTO – «Mi alleno a casa da quando ho avuto la possibilità di fare qualche allenamento con attrezzi. Non sappiamo quando ricominceranno gli allenamenti e ho bisogno di tenermi in forma».
QUARANTENA – «Stare isolati a casa per tanto tempo mi porta a provare nuove cose. Ad esempio ho trovato una passione nello yoga e ho capito che mi aiuta moltissimo».
TIK TOK – «Su Tik Tok c’è molto da ballare e io sono un terribile ballerino. Dovrei coordinarmi meglio. Oriana è una buona ballerina, per lei è molto più naturale».
PRE PARTITA – «Durante il pre partita, quando ci cambiamo e ci prepariamo negli spogliatoi, noi sudamericani mettiamo musica reaggeton, funk, musica brasiliana. Douglas Costa e io siamo gli incaricati della musica, quindi variamo: un po’ brasiliana, un po’ argentina».
LAVORO – «La gente pensa che nasciamo di 20 anni e abbiamo già tutto fatto, mentre molto spesso noi veniamo da piccole città. A me non è mai mancato nulla, ma vengo da una piccola città con 7mila abitanti, con sogni grandi di giocare in stadi importanti. Sembrava impossibile, mentre attualmente se mi guardo indietro dico che è stato molto difficile crederci e arrivare così lontano».
COMPAGNI – «La cosa importante è andare d’accordo in campo come una squadra, niente di più».