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Pecchia saluta la Juventus U23: un’impronta vincente per entrare nella storia

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Pecchia Juventus U23: un’impronta vincente per entrare nella storia. Così il tecnico ha lasciato un bagaglio importante ai suoi calciatori

«Mi piace fare le scelte a prescindere da quello che è il pensiero comune. Le strutture, il fatto di tornare alla Juve dopo averla lasciata troppo frettolosamente e questo mi ha spinto ad affrontare un’esperienza diversa da quelle che ho vissuto negli ultimi anni con grande entusiasmo». Motivazioni. Le stesse che hanno accompagnato Fabio Pecchia nella sua avventura sulla panchina della Juventus U23, le stesse che muovono quotidianamente professionisti verso i loro obiettivi, le stesse in grado di costruire le chiavi del successo per ogni squadra.

L’allenatore ha saputo dare un’identità chiara, precisa, ad un giovane gruppo nato soltanto due anni fa. E non è un caso che l’esperienza da calciatore prima, e da allenatore di alto livello poi, abbiano modellato a sua immagine e somiglianza una squadra che per l’intero arco della stagione non ha mai dato la sensazione di patire la differenza d’età e di maturità con le altre formazioni.

Pecchia Juventus U23: la sua annata sulla panchina bianconera

Pecchia è entrato fin da subito in sintonia con il gruppo, ponendo davanti due strade parallele ma equamente percorribili: il campionato e la Coppa Italia Serie C. Il biglietto da visita è stato subito dei più rincuoranti: Pergolettese e Reggiana eliminate e girone preliminare superato in Coppa. Per assistere alla prima vittoria in campionato la Juventus ha dovuto attendere il 18 settembre, nella trasferta contro l’Arezzo. Un ottobre di fuoco, in cui i bianconeri sono rimasti imbattuti, ha proiettato loro verso la seconda parte della stagione. Girone d’andata chiuso senza vittorie nei mesi di novembre e dicembre, e rivoluzione totale nel mese di gennaio. Via Mota Carvalho, Beltrame, Selasi, Frederiksen, Han, Lanini, Clemenza e dentro Marchi, Marques, Vrioni, Brunori, Minelli, Wesley e Del Sole.

L’Under 23 non ha patito il ricambio dalla cintola in sù, trovando subito una forte identità che è stata uno dei segreti dei risultati raccolti nella prima parte del 2020. Piacenza e Feralpisalò superate in Coppa Italia Serie C e pass per la finalissima staccato. Vittorie in campionato suggellate da quel 2-1 sul campo della capolista Monza (costruita per il salto in Serie B) il 16 febbraio. Poi, lo stop forzato di oltre tre mesi causa Covid-19. Si riparte o non si riparte? Si gioca almeno la finale di Coppa? Gli interrogativi erano tanti in quel periodo, e le sensazioni sembravano non andare verso una direzione positiva. Il via libera si è fatto attendere per parecchie settimane, ma ha sancito la disputa della finale di Coppa Italia e dei playoff per l’accesso in Serie B.

Il successo contro la Ternana ha permesso alla squadra di entrare di diritto nella storia. A soli due anni di distanza dalla nascita del progetto, è stato compiuto un salto in avanti fondamentale nella consapevolezza e nella maturità dei ragazzi. L’unico rammarico, forse, il cammino nei playoff, arrestatosi nel secondo turno Nazionale con la Carrarese, in virtù del 2-2 dello Stadio dei Marmi che ha premiato i toscani da testa di serie. Anche in questo caso, resta la soddisfazione di essere usciti a testa alta e senza perdere contro una formazione rodata e d’esperienza, così com’è stato col Padova, superato 2-0 nel turno precedente in inferiorità numerica.

Pecchia non ha vissuto dalla panchina la sua ultima partita con la Juventus, essendo squalificato dopo l’espulsione col Padova. Dalla tribuna, però, ha osservato attentamente il picco raggiunto dai suoi calciatori, che nell’arco della stagione hanno portato a termine un percorso di maturazione importante. «Ho lavorato con i giovani in Serie A e lì con difficoltà diverse. Per me i giovani sono tutti uguali, in tutte le categorie, e hanno bisogno di pazienza e fiducia». Missione compiuta. L’obiettivo primario, ossia quello di preparare i giovani alla prima squadra, è stato raggiunto. Gli esordi di Muratore e Olivieri ne sono la prova, così come la titolarità con personalità in Under 23 di Dragusin (2002) e Fagioli (2001), sintomo di quanto l’impronta data da Pecchia sia stata fondamentale.

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