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I DIALOGOBBI – Alessandro (Francis J.Underwood): «Aspetto un nuovo Agnelli a capo della Juventus»
Alessandro (Francis J.Underwood) è il nuovo protagonista de I DIALOGOBBI: ecco cosa ha raccontato a Juventusnews24
Alessandro, alias Francis J.Underwood su Twitter, lo ricordavo bene dai tempi di JuventusTv. Spesso scriveva, spesso non eravamo d’accordo, spesso era ficcante come il personaggio della serie House of Cards che cita sul suo profilo. Sono andato a ricercarlo perché mi manca House of Cards. E ho trovato il tifoso che ricordavo, la cui auto-definizione è: «Semplicemente un gobbo marcio, abbonato da 41 anni consecutivi con 5 finali di Champions League sulle spalle e tanti tanti km con la sciarpa al collo». Insomma, impossibile non fare un Dialogobbo con lui anche se non ci conosciamo di persona.
Paolo: «Ciao Alessandro, parto dal Mondiale in senso juventino per dirti le impressioni sulla finale. Di Maria è il grande giocatore che pensavo, anzi di più. Peccato. Peccato che non sia più efficiente come un tempo. Conserviamolo per le finali (se ne faremo). Paredes è un giocatore che ha bisogno di avere l’Argentina attorno per esprimere qualcosa di significativo. E Rabiot è un ottimo giocatore, in una squadra grandissima. Se lo diventeremo, ci potrà regalare ancora qualcosa. Le tue?».
Alessandro: «Ciao Paolo, si Di Maria è un giocatore di tecnica superiore, rimarrà sempre il dubbio che in questi mesi pre-mondiale si sia “preparato” per il Mondiale stesso, visto come ha giocato. Rifletterei molto sul suo rinnovo. A Paredes darei piu tempo (abbiamo concesso 6 mesi a Platini…) Rabiot sta crescendo in misura inversamente proporzionale alla durata del suo contratto. Sto pensando male? Spero di no. Sicuramente tutti e tre hanno bisogno di una “squadra” attorno».
Paolo: «Chiaro che non tutte le partite possono essere come la finale del Mondiale. Però un pensiero mi è venuto: come si fa ad uscire da così tanta adrenalina e a rituffarsi, con rispetto parlando, in Cremonese-Juve? Noi abbiamo tanti giocatori che sono stati in Qatar? Ne usciremo bene o male secondo te (come hai capito ho ancora gli incubi di Monza…)?».
Alessandro: «Monza? Non ricordo…abbiamo giocato a Monza? Scherzi a parte, le riprese a gennaio sono state difficoltose in anni normali e con Juventus mediamente forti; quest’anno, dopo il ciclone “inchieste” che si sta abbattendo e con la squadra che presumibilmente arriverà a Cremona, mi aspetto una gara durissima. Non credo giocheranno i reduci della finale, così come i lungodegenti. Mi aspetto una reazione (che poi sarebbe una continuazione degli ottimi risultati di ottobre e novembre) da chi scenderà in campo, soprattutto dagli italiani che hanno assistito in Tv al mondiale e ancor di più dai nostri giovani».
Paolo: «Inchieste? Non ricordo…ci sono inchieste? Non so se siamo su Scherzi a parte, ma come stai vivendo il riproporsi di vicende giudiziario-mediatiche? Personalmente, oltre al fastidio per le intercettazioni a cadenza, sono ancora sotto shock. Perché non dico che le ere debbano finire con le celebrazioni, ma patisco le uscite di scena improvvise. E quella di Andrea Agnelli lo è stata, faccio fatica a calarmi nella nuova realtà (ancora imprecisata)».
Alessandro: «Qui ci vorrebbe un libro, ma non abbiamo il tempo, magari lo scriverò. Sono sincero: quando scoppiano queste “cose” mi assale sempre il dubbio “ma davvero abbiamo fatto sta roba?”. Poi guardo i nomi dei giudici, il loro curriculum, come vengono trattate le altre squadre o gli altri dirigenti a parità di “reato” e mi convinco che noi subiamo un trattamento diverso. Non dico che siamo delle verginelle, ma che su di noi il riflettore sia tipo “Occhio di Bue” a teatro rispetto alla lampadina dell’Ikea sugli altri, questo si. Una cosa non mi spiego: da 15 anni abbiamo più microspie nei nostri uffici che la CIA nei suoi, eppure ci facciamo ancora “beccare” in conversazioni poco edificanti, seppur senza reati. Perché non fanno le riunioni in mezzo al campo da calcio al riparo da orecchie indiscrete? Come forse saprai, io sono ultra aziendalista. Gli Agnelli, da Giovanni fondatore della FIAT ad Andrea, per me stanno subito sotto Dio e prima della Patria. Sto trattenendo il fiato fino all’annuncio di un Agnelli qualsiasi a capo della Juventus».
Paolo: «Mi dai l’assist per un’idea che mi è balenata in mente da un po’ di tempo. Che possa esistere una Juve senza Agnelli. Per un semplice motivo: il progetto di Andrea ha toccato il massimo, prima di ridiscendere. E quel massimo non basta per accedere all’olimpo dei grandi. Non vedo possibilità in breve di risollevarsi con le risorse attuali. Perciò inizio a pensare che anche noi ci adegueremo al nuovo calcio e prima o poi avremo bisogno di un investitore straniero. Andrea ha rafforzato le radici torinesi, un pezzo di città l’abbiamo persino ridisegnata. Altro da fare, con i mezzi attuali, non vedo».
Alessandro: «Io credo, o forse mi auguro, che la Juve sarà l’ultima a cedere verso proprietà straniere (ammesso e non concesso che lo farà). Il calcio mondiale sta andando dritto verso il default, prima o poi torneremo al “via” tipo Gioco dell’Oca, ripartendo forse dalle basi. Emiri, sceicchi e cow-boys stanno tirando troppo la corda ed infatti cercano in ogni modo di aumentare i ricavi (e naturalmente Agnelli per stargli dietro invoca la Superlega) dimenticando a volte quello che è il core business del calcio, cioè far rotolare il pallone in fondo alla rete. Lo so, è un discorso da vecchio boomer anni 80, ma dopo tutte le guerre (e quella in atto attualmente tra UEFA, FIFA, Superlega, Ceferin, lo è) si riparte da pasta e fagioli per poi ritornare al caviale. Non conosco bene le nuove generazioni Agnelli (mi paiono ancora giovani) ma non credo che Andrea lascerà del tutto la Juventus».
Paolo: «Chiudo col tuo sogno da tifoso. Il mio l’ho più volte dichiarato: certo, mi piacerebbe tornare in auge in campionato e sono convinto che i primi veri conti vadano fatti a fine girone d’andata. Ma quel che più desidero è l’Europa League. Tornare ad alzare una coppa in Europa. Per poi giocarci anche la Supercoppa con la più forte di tutte. Il tuo?».
Alessandro: «Se devo sognare, dico il campionato, primeggiare in Italia mi dà un gusto superiore che primeggiare in Europa (probabilmente per il discorso di prima delle inchieste su di noi…) Se rimango con i piedi per terra (il Napoli obiettivamente fino a novembre era ingiocabile), andare in finale di Europa League e Coppa Italia, sarebbe un traguardo prestigioso, poi in finale può succedere di tutto, come noi ben sappiamo. Tenendo sempre a mente però che “….è l’unica cosa che conta.” (G. Boniperti)».