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Israel: «Juventus U23, l’amicizia con Bentancur e Buffon: dico tutto» – ESCLUSIVA

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Franco Israel, portiere della Juventus U23, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24. Le sue dichiarazioni

(a cura di Alberto Mauro e Marco Baridon) – Portiere uruguaiano classe 2000, alla sua terza stagione alla Juventus. Franco Israel è uno dei punti di riferimento dell’Under 23 di Lamberto Zauli, alla sua prima annata tra i professionisti dopo le due passate in Primavera. Dalla crescita nel settore giovanile bianconero all’esperienza in prima squadra: in esclusiva per Juventusnews24, Israel si racconta a 360°, a pochi giorni dalla sfida valida per il primo turno playoff di Serie C contro la Pro Patria.

Franco, si avvicina la prima sfida playoff. Come sta la squadra mentalmente e fisicamente verso l’importante appuntamento?
«La squadra sta bene. Abbiamo giocato tante partite ravvicinate ma stiamo bene. Sarà una partita tosta contro la Pro Patria e andremo là per vincere. Ho fiducia nei miei compagni e credo che potremo fare una grande prestazione».

Sarà la prima volta per te in questa stagione contro la Pro Patria. Hai già avuto modo di studiare i prossimi avversari? Quali sono i loro punti di forza?
«Durante la settimana studiamo la squadra avversaria: con il preparatore dei portieri guardiamo i loro punti di forza. Ci diciamo ad esempio: ‘Questo giocatore è bravo di testa’ oppure ‘Lui calcia bene da lontano’. Il giorno prima della partita guardiamo video di almeno mezz’ora sugli avversari, in cui vediamo anche situazioni specifiche come i calci di rigore».

La regular season si è conclusa con la sconfitta sul campo del Piacenza. Come giudichi il vostro cammino e in cosa siete cresciuti di più nell’arco dell’annata?
«Abbiamo disputato un buon campionato, con alti e bassi. Forse il girone d’andata, dal punto di vista dei risultati, è stato migliore rispetto a quello di ritorno. Abbiamo comunque raggiunto il nostro obiettivo di arrivare nei playoff».

Un aspetto importante è stata la capacità, soprattutto a inizio stagione causa Covid, di far fronte alle tante assenze e alle difficoltà. C’è stato un momento più complicato di quel periodo?
«All’inizio, dopo aver disputato due partite, siamo entrati subito in bolla. Le positività al Covid non ci hanno permesso di giocare con tutti gli elementi della squadra. Non sono scuse, ma sono difficoltà che bisogna affrontare».

È stato più difficile affrontare la delicata situazione legata al Covid, alle positività e alla bolla oppure il lungo stop causa infortunio allo zigomo?
«L’infortunio, perché è stato il più grave fino a questo momento della mia carriera. Restare tre mesi fuori senza giocare è stata dura. Sono stato un mese fermo nel letto, non potendo neanche camminare: in quel momento senti davvero che ti manca qualcosa psicologicamente. Anche fisicamente ho perso cinque chili e ritornare in condizione è difficile. Ho impiegato un mese e mezzo per ritrovare la forma fisica e poi un altro mese e mezzo per recuperare anche dopo essere tornato in campo. Sentivo che, appena rientrato, mi mancavano le distanze e la velocità del pallone… Piano piano mi sono abituato, e sto cercando di ritornare al mio livello».

Parlando della tua stagione personale, in cosa è stato utile riavere Zauli come allenatore dopo la scorsa annata in Primavera?
«È stato molto importante. Sono stato un anno insieme a lui in Primavera, ho sempre avuto un bel rapporto e sapevo quello che chiedeva e ciò che gli piaceva: le uscite, per esempio. Avevo già confidenza con il mister».

Hai mostrato grande personalità nonostante sia stata la tua prima stagione tra i professionisti. Se dovessi scegliere un particolare sul quale sei più maturato in questi anni, su cosa ti concentreresti?
«Io credo un po’ in tutto. Qua alla Juve si lavora diversamente rispetto al Sudamerica: ci si concentra più su situazioni da replicare in partita. In Italia si cerca di ricreare le azioni di gioco, anche gli aspetti tecnici: l’uscita alta, come posizioni il ginocchio, come mettere la spalla e la testa durante una parata. Qua ti puliscono… In Uruguay fai sei/sette parate durante gli esercizi in allenamento, in Italia una/due perché in partita non ti capitano mai così tanti tiri consecutivamente. Ne fai una, massimo due».

Questo è il tuo terzo anno nel settore giovanile della Juventus. Su di te c’era l’interesse anche di altri top club: cosa ha influito sulla scelta di trasferirti in bianconero?
«Per prima cosa la Juve è una delle squadre più forti al mondo. Secondo aspetto la scuola di portieri in Italia è tra le migliori. Ma quando ti chiama questa società non puoi dire di no».

Il calcio poteva non diventare la tua strada vero? Hai iniziato giocando a basket anche…
«Da piccolo ero più forte a basket che a calcio. Ho scelto però la seconda strada perché mi piaceva di più, avevo più amici. Ma da bambino ero più bravo nell’altro sport (ride ndr)».

Che ricordi hai dei primi due anni in Primavera?
«Il primo anno è stato più di adattamento: ho disputato solamente quattro partite. All’inizio quando sono arrivato è stato un po’ strano anche per la lingua: dicono che spagnolo e italiano siano simili, ma se non lo sai è difficile parlarlo. Quando sono arrivato è stato difficile adattarmi anche perché il primo mese sono stato in Primavera, poi il mese successivo con l’Under 23 e anche in prima squadra. Non avevo continuità perché facevo parte di diversi gruppi, non di uno unico. Il secondo anno han deciso di lasciarmi fisso in Primavera e lì ho trovato più continuità ed ero più fiducioso».

Bentancur ti ha aiutato nell’ambientamento a Torino e quali consigli ti ha dato?
«Lui è stato importantissimo. Il primo giorno che sono arrivato mi ha chiamato, ho parlato con lui. Il fatto di essere entrambi uruguaiani ha aiutato. Mi ha fatto fare il tour della Continassa, di Vinovo: posso dire di aver trovato un amico fuori dal campo. Almeno una volta a settimana ci sentiamo, vado a casa sua o lui viene a casa mia, prendiamo il mate e mangiamo l’asado. Chi è più forte alla playstation? Rodrigo (ride ndr)».

Cosa ti hanno insegnato due grandi portieri come Buffon e Szczesny e su cosa ti concentri maggiormente nell’osservazione durante gli allenamenti?
«Guardo tutto, quando vado con loro è incredibile. Quello che mi impressiona di più è che, durante gli esercizi, su 10 parate fanno bene 10 volte. Non so come fanno davvero… Io ne faccio 8/9 bene magari, e penso: ‘È incredibile come loro siano perfetti sempre’. Non è un caso, lo fanno spesso. Szczesny penso sia nella Top 10 al mondo, mi piace moltissimo la sua tecnica; poi c’è Pinsoglio, con il quale ho un bellissimo rapporto. È un amico, ha un impatto importantissimo sulla squadra. Tu lo vedi e dici ‘Sì è il terzo portiere’, ma lui carica davvero tanto i compagni. Buffon è il mio idolo fin da piccolo, allenarmi con lui è un sogno».

Buffon è sempre stato un tuo modello di riferimento o ti ispiravi anche ad altri portieri?
«Da bambino erano lui e Casillas. Loro due erano sopra tutti gli altri».

Che differenza c’è tra vedere Ronaldo in tv e allenarsi con lui? Come lo racconteresti tu che lo vivi anche nel quotidiano?
«È incredibile: quando lui è in giornata puoi fare di tutto ma non gliene pari una! Ha questa capacità di finalizzare l’azione che non avevo mai visto prima. Di tacco, di testa: non riesci a prenderne una… Fuori dal campo è un fenomeno, anche nel rapporto che ha con i giovani che salgono in prima squadra. Tu pensi ‘Beh, è Cristiano Ronaldo’ invece no: lui è umile, ti parla, è davvero un crack».

Qual è quindi il tuo obiettivo personale per questo finale di stagione e per la prossima?
«L’obiettivo primario è arrivare più in alto possibile. Con la Pro Patria come ho detto è una partita tosta ma ho fiducia nei miei compagni e credo che faremo una grande prestazione. Poi il prossimo anno vedremo: non so ancora cosa farò, mi piacerebbe restare alla Juventus».

Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Juventus e Franco Israel per l’intervista concessa.

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