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Frosinone-Juve: una partita dai tanti sguardi per 3 punti pesantissimi
Frosinone-Juve, tanti sguardi per poter analizzare una partita come quella di ieri allo Stirpe e tre punti pesantissimi
Guardare indietro può servire molto per cercare il giusto significato della vittoria allo Stirpe. Sguardi dalla diversa lunghezza: solo così forse si coglie la pesantezza dei 3 punti guadagnati prima di Natale, che ci consentono di festeggiarlo al secondo posto.
Il nesso più forte è quello con l’ultima settimana. Non c’è da girarci molto intorno. Può anche essere, e pure con un alto livello di probabilità (io non credo, però capisco chi lo pensi), che prima o poi si sia condannati a un disputare un campionato da secondo posto. Segnalo che Allegri, nella conferenza di vigilia, ha iniziato a spostare un minimo il mirino, dicendo di non firmare per una piazza d’onore con l’aggiunta della Coppa Italia. Nel gioco comunicativo, mai troppo esaltante o spinto (Max non è Klopp, per intenderci), è significativo però che questo slittamento lo abbia fatto proprio dopo avere visto il distacco dall’Inter raddoppiarsi. Di conseguenza, sarà comunque importante non avere sensi di colpa sul non essere riusciti a tenere il ritmo di chi sta davanti. E col Genoa, per la verità, ne abbiamo maturati un bel po’, perciò sarebbe stato inconcepibile buttare via un’altra gara da una situazione di vantaggio. Per di più, in una situazione molto simile, dopo essere andati al riposo avanti di un gol, offrendo la sensazione di una manovra più fluida, di maggiore movimento complessivo e scambi di posizione più frequenti, di un generale essere meglio disposti in campo. Insomma, materia a sufficienza per essere più che soddisfatti. E invece, prendiamo un gol che sembra davvero riproporre il copione di Genova in maniera quasi identica, a partire da un approccio dopo l’intervallo non particolarmente attivo, però la lunga circolazione palla del Frosinone non sembra trovare sbocchi. Non si ha tempo né di pensare né di credere a una situazione congelata, che arriva il gol del pareggio.
A ben guardare, ancora più grave di quello di Gudmundsson, che ci aveva sorpreso per via centrale anche attraverso una compresenza di 5 errori (ha detto Allegri) difficilmente riproponibile. Stavolta Kostic si fa prendere alle spalle, Danilo non arriva su Baez e Szczesny prova invano a togliergli spazio per la battuta a rete. C’è, però, una differenza, anzi due, rispetto alla partita scorsa. La prima è che la Juve stavolta sbanda. Quando prova ad intensificare l’azione, arriva anche al tiro; in compenso non ha più equilibrio, concede conclusioni da lontano molto pericolose perché non ha più la testa per accorciare, non sembra avere la giusta serenità per provare a mettere sul piatto la sua superiorità. La seconda è altrettanto importante: i cambi dalla panchina sono tempestivi, tre in un colpo solo e qualcosa determinano. E, oltre alla pesantezza del gol decisivo, Vlahovic lascia intendere di riuscire a calarsi immediatamente nello spirito del momento, prima ne fallisce un altro e dopo ne fa uno in fuorigioco, appare comunque molto più vivo che in altre circostanze.
E qui, arriviamo al secondo sguardo. Le grandi Juventus, in particolare quelle di Allegri, hanno sempre avuto risorse decisive nelle sostituzioni. Una carta che in questa stagione abbiamo giocato pochissimo, giusto Milik al derby e Cambiaso col Verona. Se poi l’asso che si cala è Dusan, al quale una rete così importante e bella mancava dall’inizio del campionato (Bologna e Lazio), sarebbe un errore non considerarne l’importanza.
La terza occhiata va data alla tradizione. A Frosinone avevamo sempre vinto 2-0, ma risolvendo la gara proprio come stavolta, nelle battute finali. Basta dire i nomi dei marcatori – Cuadrado, Dybala, Cristiano Ronaldo e Bernardeschi – per non scandalizzarsi che non si sia più quelli di quell’epoca e si possa comprendere il perché si sia vinto di stretta misura.
Infine, la visione doppia, da meraviglia: Yildiz. Un occhio al futuro: come si fa, adesso, a non bruciare dalla voglia di rivederlo in campo, a non sentirne l’urgenza? Ed uno al passato, per tutti coloro che stanno cercando paragoni (interessante Alessandro Matri, che ci ha pensato bene e l’ha accostato a Berbatov): a 18 anni, ci sono stati fior di fuoriclasse che un gol così non l’avevano ancora fatto. I nomi metteteli voi, osate pure, potrebbero essere anche giusti. Lui qualche indizio l’ha buttato lì, ma non è detto che sia proprio Lui…