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Genoa Juve: non si può vincere sempre nella stessa maniera

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Genoa Juve: non si può vincere sempre nella stessa maniera. Non è stata la peggiore partita di Allegri ma manca un leader offensivo

Va drammatizzato il pareggio di Genova? Proviamo a ipotizzare due risposte opposte. : la squadra deve riuscire a fare la differenza con le piccole. É grave non superare un problema che non può essere occultato da tutte le volte che abbiamo vinto in qualche modo. Lo è ancor più per la distribuzione democratica degli errori, cosa che indica anche un altro aspetto imparentato: l’inesistenza di qualcuno, in zona offensiva, che sia stato capace di fare ciò che talvolta succede in certe gare: prendere in mano la situazione, proporsi come punto di riferimento, trascinatore, risolutore. Ci ha provato nuovamente Bremer negli ultimi istanti dall’ennesimo corner. Sarebbe stato troppo prendere nuovamente 3 punti con il nostro copyright, la cosa che facciamo meglio.

Al contempo, No: la partita di Marassi non è stata peggio di altre e servirà ulteriormente a far capire a tutti la reale dimensione della rosa. Puntualizziamo: a oggi. Nel senso che questo è il presente. Magari col lavoro – o con nuovi inserimenti – si potrà migliorare. Ho meno fiducia su alcuni dei nostri, che vedo ancorati a certi difetti non correggibili in tempi brevi. Quei tempi, per intenderci, che hanno visto invece crescere Cambiaso.

Che gara è stata? Non peggiore di altre che abbiamo vinto, sicuramente: in tal senso si può credere che sia stato uno stop e nulla più. La Juve ha iniziato con un possesso ragionato ed essendo schermato Locatelli, la responsabilità di impostare l’ha presa un Bremer in crescita, anche se in certi momenti il Genoa si è talmente abbassato che i difensori avrebbero anche potuto alzarsi con maggiore rapidità. Un po’ d’impeto sarebbe stato un atto di coraggio per regalarsi l’impressione di voler fare la partita, non solo vincerla ad un certo momento trovando razionalmente la via giusta. L’input di Allegri, infatti, a sentire il bordocampista, è stato quello di una conciliazione fra due esigenze: muovere meglio e più velocemente la palla nella fase di costruzione, al contempo senza forzare le giocate. Questa doveva essere la strategia, alla quale aggiungere una serie di altri fattori. In primis gli scambi di posizione tra McKennie e un Cambiaso che appare come l’uomo maggiormente capace di strappi, come si è visto nell’azione che porta Chiesa al primo tiro in porta in area di rigore. Poi, una collocazione dello stesso Federico più a destra, molto orientato a guardare la posizione di Vlahovic: situazione che fa benissimo quando dalla trequarti mette un pallone in profondità sul quale Dusan è bravo ad andare in anticipo, però gli fa difetto la coordinazione e la deviazione è alta.

Ora, il vantaggio ha poca parentela con questi presupposti, se non in un aspetto: con tutti i limiti connessi alle nostre limitate virtù, una squadra che ha ben chiaro cosa fare riesce quantomeno ad essere viva all’interno della gara e ad approfittare degli errori altrui. Vlahovic e Chiesa mettono a buon frutto sia la confusione di Badelj che la decisione del primo di lasciare il rigore al secondo. Si è andati al riposo in vantaggio e però anche con una consapevolezza: il Genoa, che qualche situazione in area l’ha creata, con il suo grande lavoro tra le linee (non male la verve di Gudmundsson, peraltro già ampiamente dimostrata) ha imposto alla nostra fase difensiva un lavoro serio, costante, di grande attenzione nell’accorciare nei tempi e nei modi giusti. Ed è esattamente ciò che è successo a inizio secondo tempo. Ci hanno bucato per via centrale, che è come dire che hanno trovato la chiave d’accesso nell’unico luogo dove credevamo – e con buona ragione – che fosse inaccessibile. É un tipo di gol che non abbiamo mai preso in tutta la stagione: lo si può giustificare pensando che non si può essere perfetti; ci si può pensare, però, maggiormente colpevoli perché non abbiamo capito e tanto meno previsto un’ovvietà, la maggiore determinazione degli avversari.

All’imbambolamento iniziale ha corrisposto una reazione furiosa. Ci sarebbe materia per buttarla sugli episodi visto che Luca Marelli ipotizza l’assegnazione di un rigore. Ma l’elemento più condizionante della direzione di Massa è che nelle poche volte in cui la Juve aumenta la sua carica agonistica, puntualmente viene fermata da qualche fischio (4 i falli bianconeri del primo tempo, il doppio nella ripresa). Mentre francamente è umiliante per lo stato del calcio italiano uscire dallo stadio con i soliti cori sui furti quando il mancato rosso a Malinovskyi su Yildiz è inspiegabile. Quel che spiega la ripresa, in ogni caso, non sono gli episodi, bensì l’essercela fatta scivolare via, senza riuscire a chiuderli e con troppa difficoltà a recuperare la palla bene e con frequenza. Oltre alle due cose più preoccupanti di tutte: l’approssimazione tecnica quando si è intravista una minima trama di gioco, si commettono errori più che evitabili; il contributo praticamente nullo delle sostituzioni, un po’ per responsabilità individuali, molto di più per lo stato di disordine dell’insieme che non ha aiutato nessuno a emergere in qualche modo.

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