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Gentile: «Potevo allenare la Juve, ma sono stato ingannato» – ESCLUSIVA

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Claudio Gentile, allenatore ed ex calciatore della Juve, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventus News 24

39 anni fa, il 24 maggio 1981, la Juventus di Giovanni Trapattoni sollevava al cielo il 19^ Scudetto della sua storia. Nella rosa bianconera era presente Claudio Gentile che, dal 1973 al 1984, ha indossato e onorato la casacca della Vecchia Signora. In esclusiva a Juventus News 24, l’ex difensore ha voluto ricordare i momenti che lo legano alla storia bianconera, spaziando tra temi d’attualità e fotografie del passato.

Il 24 maggio 1981 la Juventus si cuciva al petto il suo 19^ Scudetto. Che ricordi ha di quel titolo e di quella stagione così combattuta?

«Mi ricordo che c’era molta attenzione, perché la Roma voleva quello Scudetto. Dopo ogni partita chiedevamo sempre: ‘Cos’ha fatto la Roma?’. C’era grande voglia di vincere da entrambe le parti. È stato un bel campionato direi».

A proposito di stagioni equilibrate, anche questa Serie A non ha escluso colpi di scena. Come ha visto la lotta al vertice tra Juve, Lazio ed Inter?

«Si prospettava un finale davvero interessante per come si era messa la stagione. Sono juventino, ho giocato tanti anni alla Juventus, ma non è mai successo che la Vecchia Signora avesse vinto sette/otto Scudetti di fila. Quando giocavo io vincevamo una volta noi, una volta la Roma, poi la Lazio, il Napoli. Ogni anno c’era un nuovo vincitore. Non è bello quando una squadra ha questo dominio sulle altre, rende il campionato poco interessante».

Cosa si aspetta per la chiusura di questo campionato? È giusto secondo lei portare a termine la stagione?

«Bisogna portarla a termine sì. A fare la differenza sarà chi avrà lavorato di più, chi avrà avuto più tempo per allenarsi, quindi a vincere potrebbe essere la squadra più in forma non quella più forte».

Tornando ai suoi ricordi da calciatore alla Juventus, ci racconta il primo incontro con Giampiero Boniperti?

«La prima volta che ho conosciuto Boniperti giocavo ancora nel Varese. Il presidente Borghi mi disse che dovevo andare a Torino perché Boniperti voleva vedermi di persona, dato che gli dicevano sempre che ero piccolo, che non superavo 1 metro e 75. Quando mi ha visto ha detto: ‘Ma che cacchio raccontano?’. È rimasto stupito perché si è rasserenato vedendomi da vicino, togliendosi tutti i dubbi».

In quella Juve ha condiviso lo spogliatoio con grandissimi campioni. Ma se le facessi il nome di Michel Platini, qual è la prima cosa che le verrebbe in mente?

«La Juve aveva sei campioni del mondo, e Michel era la ciliegina sulla torta. All’inizio fu difficile per lui, non riusciva ad integrarsi con la squadra. Poi è stato quel calciatore che ci ha aiutato a vincere i campionati e le coppe».

Passando alla sua carriera da allenatore, ha mai sfiorato la panchina della Juventus?

«Ho avuto una grande opportunità, ma purtroppo sono stato ingannato dai dirigenti federali. Avevo comunicato questa occasione, nel 2006 quando c’erano i Mondiali in Germania. Mi venne fatta quest’offerta, ma siccome ho molto rispetto per le persone dissi al presidente Boniperti: ‘Guardi, io devo chiamare i federali. Se loro mi dicono vai pure, io vengo’. Quando comunicai questa cosa mi dissero che avevano un progetto su di me, ma alla fine non si comportarono correttamente. Ho perso la Juve, che era la mia squadra, e la Nazionale, visto che ero il candidato a prendere il posto di Lippi. Avrebbero potuto dirmi ‘Vai pure alla Juve’, invece dissero di avere progetti con me. Chiamai Boniperti e gli dissi ‘Presidente, io verrei a piedi a Torino, ma devo avere anche rispetto per chi fino adesso mi ha dato la possibilità di allenare’».

Da allenatore ad allenatore, che idea si è fatto dei primi mesi dell’era Sarri a Torino?

«È un allenatore che ho sempre stimato, per come è in grado di far giocare le squadre. Alla Juve ha trovato più difficoltà, perché avendo tanti calciatori in rosa ha dovuto far ruotare spesso i vari giocatori. Spero adesso da qui alla fine di vedere un’altra Juve, perché Sarri sa far rendere nel migliore dei modi i suoi elementi».

È rimasto impressionato dall’impatto avuto in Italia da Matthijs de Ligt?

«È un difensore moderno, molto bravo, e capisco le sue difficoltà iniziali. In Italia, infatti, è molto difficile inserirsi subito nella nostra mentalità, ma sono fiducioso perché per me diventerà una colonna portante della Juventus. Pretendiamo subito da gente nuova prestazioni di alto livello, ma ci vuole pazienza perché sarà un punto fermo della squadra».

Che nome consiglierebbe alla Juve per rinforzare le fasce in vista della prossima stagione?

«Purtroppo sono rimasto scottato molte volte dal fatto che molti giocatori ti fanno cambiare giudizio nell’arco della stagione, magari un’idea diversa rispetto a ciò che pensavi ad inizio anno. Oggi puoi farti un’idea di un giocatore che però, nell’arco di due o tre anni, non dà quelle soddisfazioni che pensavi».

Si ringrazia Claudio Gentile per la disponibilità e la cortesia mostrate in questa intervista

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