Hanno Detto

Daffara: «Devo tutto alla Juventus. Szczesny mi ha dato questi consigli, sogno un esordio contro l’Inter» – ESCLUSIVA VIDEO

Pubblicato

su

Intervista a GIOVANNI DAFFARA (Juve Next Gen): "Come calcia CHIESA! E SZCZESNY mi ha consigliato..."

Giovanni Daffara, portiere della Juventus Next Gen, si è raccontato in un’intervista esclusiva a Juventusnews24

Cogliere l’attimo: un invito a sfruttare ogni momento per fare ciò che si desidera. Di attimi Giovanni Daffara, a 19 anni da compiere tra un mese, ne ha già vissuti tanti, tutti intensi, e li ha sfruttati come meglio non poteva. Un inizio da centrocampista, la Primavera con Montero, l’esordio in Next Gen, il rinnovo e tanta prima squadra: tutto racchiuso in questa intervista esclusiva a Juventusnews24.

Vita da portiere, ma prima…

Diciamola tutta: quello del portiere poteva non essere il tuo ruolo definitivo, dato che da bambino hai iniziato da centrocampista alla Biellese… Che tipo di giocatore eri?
«All’inizio ho cominciato perché mi annoiavo a stare in porta. Vedevo gli altri che giocavano e io ero lì in porta, non arrivava un tiro poi quando arrivava non ero pronto… Allora ho detto ‘Iniziamo a centrocampo’, ma è bastato un allenamento per capire che non era per me. Mancava un portiere che era ammalato, faccio un bell’allenamento e il mister va da mio papà e gli dice: ‘Se siete liberi potrebbe anche essere convocato’. È andata così, il centrocampista ho capito subito che non era il ruolo che faceva per me».

Hai seguito le orme di tuo papà insomma…
«Mio papà faceva il portiere da giovane, ha giocato in Eccellenza e Promozione. Mi ha dato qualche consiglio, più sull’aspetto caratteriale che ne avevo bisogno in quel momento».

È rimasto in te qualcosa del Daffara centrocampista? In qualche giocata con i piedi magari…
«Probabile, anche perché alla Juventus i portieri devono essere capaci a giocare con i piedi, devono avere personalità. Serve anche quel gioco lì quindi spero mi abbia dato qualcosa quel giorno di allenamento da piccolo».

La Juventus nelle prime tre grande istantanee

Tu la Juventus la vivi, la respiri da sempre. Dai Pulcini, tutte le tappe nel settore giovanile: cosa vuol dire, per te, indossare la maglia bianconera e quali ricordi conservi con più emozione legati al tuo percorso nel vivaio?
«Indossare la maglia bianconera è sempre un onore, per tutti i ragazzi che passano da qua. Ma non solo come società, legato al calcio, ma come essere uomo, con dei valori, l’educazione. Insegnano molto altro al di fuori del calcio. All’inizio faticavo, devo dirlo, a trovarmi in questo ambiente perché ero bambino, un po’ immaturo. Questa cosa mi ha fatto cambiare radicalmente, devo tutto alla Juventus. Abitando a Biella, dovevo fare un’ora di viaggio per venire a Torino e pativo questa cosa qua. Ero molto ‘mammone’, ero legato ai miei: le prime volte venivo al campo tutto contento, ma poi non riuscivo a entrare e mi mettevo a piangere. Ho questo ricordo indelebile».

Parentesi: viaggio che ti ha portato anche alla firma del contratto fino al 2026…
«Racchiude tutti gli sforzi, tutti i sacrifici, ogni giornata passata al campo e ogni allenamento. Ma anche ogni partita. L’aiuto di tutti i mister, dei miei genitori, degli amici, di tutti».

La prima, grande, vera stagione di continuità arriva lo scorso anno, inizialmente in Primavera con Paolo Montero. Un piccolo aneddoto su di lui per cominciare? Poi la ferita aperta, l’eliminazione col Sassuolo ai playoff: lo Scudetto era un vostro obiettivo?
«Montero è la persona più umile che conosca. All’inizio eravamo spaventati, pensavamo fosse aggressivo come modo di porsi, di parlarci. In realtà è una persona buonissima, umile. Ci raccontava che ai suoi tempi era tosta giocarci contro… Lo Scudetto era un obiettivo, come lo era stato gli altri anni, ci dispiace ma purtroppo è andata così».

Dall’Under 19, però, ti sei ritrovato catapultato anche in un’altra realtà, quella della Next Gen. Gli infortuni di Crespi e Garofani, e quello di Scaglia in Primavera, hanno riscritto le gerarchie per te anche in Seconda squadra, tant’è che sei diventato presto il titolare per Brambilla. Un momento che ha certamente accelerato il tuo percorso di crescita: tu come lo hai vissuto?
«Era difficile, perché dentro di me non dovevo deludere le aspettative. Non era facile entrare in campo. La cosa principale che serve in quei momenti lì è la fiducia e quando giochi la acquisisci man mano e non torni più al pensiero che avevi prima».

La Juventus Next Gen per Daffara

È il tuo presente la Next Gen, allarghiamo il raggio d’azione. L’esordio lo fai a 18 anni, il 12 marzo 2023 contro il Novara. Espulso Raina dopo 10 minuti, entri tu al posto di Cerri: primo pensiero in quel momento?
«Non ricordavo che fossimo due portieri convocati, quindi mi son detto ‘Eh, adesso devo entrare, non c’è un altro dopo di me…’ Non ci ho neanche pensato, ho detto me la gioco, mi diverto».

Sono 7 in totale le presenze in Serie C nella passata stagione, più la finale di ritorno in Coppa Italia Serie C persa contro il Vicenza. Delusione per quel trofeo solo assaporato?
«Delusione grande perché era diventato un obiettivo importante per noi. Delusione, però, non per il modo in cui abbiamo giocato perché abbiamo dato tutto».

Sensazioni sul gruppo di quest’anno invece? Sono saliti diversi giovani dalla Primavera, altri sono arrivati dal mercato: che clima si respira all’interno dello spogliatoio?
«Dobbiamo crescere tanto, questo è sempre l’unico pallino che abbiamo noi. Le capacità tecniche e fisiche ci sono».

Inizio non semplice in termini di risultati, con tre KO nelle prime tre partite. Poi la graduale crescita: andavano prese le misure al nuovo girone? Che differenze hai notato tra l’attuale Girone B e l’A delle passate stagioni?
«Forse fa tanta differenza il tifo che trovi all’esterno. Nel Girone A dell’anno scorso i tifosi mancavano un po’ di più, c’era più silenzio tra virgolette in campo. Quando andiamo in trasferta ora c’è il boato del pubblico, ad ogni azione avversaria senti che hai rischiato di più perché i tifosi incitano loro. Può essere questo».

Piccolo zoom nello spogliatoio. Un compagno di squadra che più ti ha stupito fino a questo momento?
«Il giocatore che continua a colpirmi è Kenan Yildiz. L’ho conosciuto l’anno scorso, avevo già percepito che avesse qualità in più e quest’anno lo sta dimostrando ancora di più».

Mister Brambilla invece? C’è un chiodo particolare sul quale batte con voi quest’anno? Nei momenti complicati delle sconfitte, e poi in quelli delle vittorie, quale messaggio ha voluto trasferire a voi?
«Anche quando non arrivano i risultati o le prestazioni non è lì ad attaccarci o creare caos nello spogliatoio ma ci dice di stare tranquilli, che i risultati arriveranno se lavoriamo come dobbiamo lavorare. Ci vuole tanto tempo per crescere».

Prima squadra già toccata con mano, e in futuro…

Un primo flash arriva quest’estate: prendi anche tu la valigia e parti insieme ai big destinazione Stati Uniti, per la tournée estiva. Non ti chiedo le emozioni, immagino indescrivibili, ma che esperienza è stata: cosa ti ha lasciato, cosa hai imparato?
«Ho imparato forse il calcio vero, la Serie A. Ci sono vari aspetti che da fuori si nascondono ma quando li vivi capisci che è la Serie A per quello. Vedi la squadra, ogni componente del gruppo che fa determinate cose, l’esperienza, anche il modo di giocare in campo ovviamente».

Szczesny, Perin e Pinsoglio: un consiglio speciale da ciascuno di loro?
«Dal punto di vista caratteriale. La cosa principale che mi han detto è che devo divertirmi, in ogni aspetto, perché se la vivi come un peso la carriera diventa pesante».

E in allenamento chi ti ha impressionato di più dei calciatori bianconeri? Quello che quando tira in porta pensi ‘Cavolo…’?
«Chiesa. Ho fatto difficoltà a parare i suoi tiri… Anche Pogba: in tournée facevo esercizi solo con lui, era tosta».

Tu che li vedi da vicino e li ha visti da vicino in Primavera, in Next Gen e in prima squadra: quanto e in cosa sono cresciuti Huijsen e Yildiz in questi anni?
«Forse come maturità. Tecnicamente sono migliorati ma le loro qualità le hanno da sempre, mentre caratterialmente sono cambiati, sono più responsabili, gli è servito molto».

Il tuo idolo Buffon invece lo hai solo incrociato qualche volta in quel di Torino, non ti sei mai allenato con lui. Se pensi a lui pensi a…
«Penso alla Juventus, al calcio e al portiere. Queste prime tre cose mi vengono in mente di lui. E poi campione».

La prima chiamata in prima squadra, quella ufficiale, è arrivata ad Empoli il 3 settembre. Che impressione ti ha lasciato la squadra di Allegri e cosa ti ha aggiunto quel momento al tuo bagaglio di crescita?
«In ogni momento in cui qualcosa non va, loro rimangono sempre uniti. Litigi non esistono, magari si mordono la lingua invece di dire qualcosa in più».

L’Allianz Stadium come lo immagini invece? Sogni un esordio particolare?
«L’Allianz Stadium l’ho visto tante volte da fuori e da tifoso. Sarebbe un sogno poter esordire, magari contro l’Inter perché io da piccolo tifavo Inter, mio papà è dell’Inter. Da giocatore della Juve sarebbe un sogno giocarci contro».

Si ringraziano Giovanni Daffara e l’ufficio stampa di Juventus per la gentile concessione dell’intervista.

Exit mobile version