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Giovinco confessa: «Alla Juve piangevo»

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L’attaccante di Toronto si racconta ai tifosi canadesi in una lunga lettera. Giovinco ripercorre alcune tappe della sua carriera, compresi gli alti e bassi con la maglia della Juventus

La MLS è ai piedi della Formica Atomica. I tifosi del Soccer americano e canadese hanno ormai imparato a conoscere la tecnica e la rapidità di una delle promesse più rimpiante del nostro calcio. Gol, assist e giocate mozzafiato sono, ormai da diversi anni, lo spettacolo a cui Seba ha abituato la sua Toronto. C’è però un regalo che Giovinco, ad ormai 30 anni, non è ancora riuscito a fare ai suoi tifosi: il titolo MLS. Ed è proprio l’ossessione per la vittoria il paradossale filo conduttore della carriera di Seba. L’ex attaccante della Juventus ha raccontato la sua vita da calciatore in una lunga lettera in cui, inevitabilmente, ha parlato anche della sua esperienza in bianconero. Piuttosto male in realtà. Ecco i passaggi più sensibili in tal senso.

GLI ALBORI – “Dopo un anno con la mia squadra (San Giorgio Azzurri), uno scout della Juventus mi ha invitato a giocare per le giovanili del club. Probabilmente sembra folle, ma fu così veloce. Un giorno stai giocando per la tua piccola squadra locale, e poi un club ti chiama e questo è tutto. Almeno questo è stato per me. Un giorno un signore si è presentato, ha parlato con me e mio padre, e il giorno successivo facevo parte del vivaio della Juve“.

PAPA’ GIOVINCO – “Mio padre non era un fan del calcio. E’ stato un tifoso del Milan in quanto veniva da Milano, ed era la squadra più forte in quegli anni. Ma non ha mai giocato o visto una partita di calcio su un televisore. Quindi lui era contento di vedermi giocare alla Juventus finché io sarei stato felice di farlo”.

LACRIME BIANCONERE – “Ma per un po’ non fui felice. Quando avevo circa 15 o 16 anni avevo tempo solo per giocare. E molte volte tornando a casa, salivo in macchina e piangevo. Un giorno, papà fermò la macchina. «Seba» disse «non ti voglio riportare lì domani».Lo guardai in faccia, asciugandomi le lacrime: «Perché?» «Perché non ti porto qui per piangere». Ho pensato per un momento. OK. Non ho intenzione di piangere. Devo solo lavorare sodo. E vincere.

VINCERE – “Cosa che, onestamente, era tutto ciò che si aspettava il club. Niente lacrime. Zero. C’è questa mentalità alla Juventus. È abbastanza semplice… Vincere. Ti insegnano il rispetto e il vincere con rispetto. Ma alla fine della giornata, conta solo una cosa. Aver vinto. Quella mentalità mi è stata inculcata dal momento in cui sono arrivato alla Juve. Vincere e basta“.

PRIMO CONTRATTO – “E quando ho compiuto 17 anni avevo la possibilità di firmare il mio primo contratto ufficiale con la Juventus. Da quando ero piccolo, mio padre veniva con me. Avevo bisogno che mio padre venisse con me per firmare un’altra cosa – la carta per un nuovo appartamento. Era una delle prime cose che ho comprato per la mia famiglia. Una stanza per tutti”.

SERIE B – “Sono stato orgoglioso di aver lavorato per tornare in Serie A dopo solo una stagione. Non credo che avrei avuto l’opportunità di giocare tanto se non fossi stato in Serie B. Ma la promozione non era qualcosa di cui si parlava molto – o che i giocatori più giovani erano stati capaci di riportare la Juventus al top. Come ho detto, c’è solo una cosa che conta alla Juventus. E non importa come sia fatto. E per me, come sempre, tutto ciò che contava era che io fossi in campo”.

VOLARE OLTREOCEANO – “Ma dopo qualche anno, sapevo che non avrei avuto più molti minuti in campo con la Juventus. Sono andato in giro per l’Italia con un paio di prestiti e mentre il mio contratto alla Juve giungeva al termine, ho iniziato a pensare di trasferirmi in MLS”.

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