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I migliori attaccanti della storia della Juventus: gol in bianconero
Ci sono gol che valgono titoli. Altri, che restano impressi nella memoria per la loro bellezza. E poi ci sono quei gol che scrivono la storia.
Nel caso della Juventus, l’attaccante non è quasi mai stato soltanto un finalizzatore. A ben vedere, si è trattato spesso del simbolo di un’epoca, il volto che incarna la mentalità vincente della squadra più titolata d’Italia.
Da Giampiero Boniperti a Cristiano Ronaldo, passando per le magie di Del Piero, i tunnel di Sívori, le conclusioni acrobatiche di Trezeguet e le punizioni di Platini, la storia della “Vecchia Signora” è ricolma di fuoriclasse che hanno lasciato un segno indelebile nel cuore dei tifosi.
Questo articolo è un viaggio nel tempo, punteggiato dalla storia dei migliori attaccanti della Juventus, tra numeri da record, aneddoti curiosi con https://smartbettingguide.com/ e momenti indimenticabili. Non va considerato come una classifica, ma un racconto di chi, con il proprio talento, ha contribuito al mito con il proprio tassello.
Preparatevi a rivivere emozioni e gol che hanno fatto la differenza. Perché alla Juventus, ogni attaccante non porta solo un numero sulla maglia ma una vera e propria storia da tramandare.
Giampiero Boniperti: l’eleganza al comando
Prima ancora dei numeri 10 leggendari, prima delle coppe internazionali, ci fu lui: Giampiero Boniperti, il volto volitivo e sabaudo della Juventus del Dopoguerra. Nato nel 1928 a Barengo, in provincia di Novara, Boniperti ha indossato la maglia bianconera dal 1946 al 1961, costruendosi una carriera fatta di fedeltà, gol e stile. In totale, collezionò 465 presenze ufficiali e 182 gol, numeri che per decenni hanno rappresentato il record da battere nella storia juventina, superato solo da Del Piero, una volta iniziato il nuovo millennio.
Eppure Boniperti era molto più che un marcatore: fu il primo juventino moderno. Giocatore duttile, in grado di passare dal ruolo di centravanti a quello di regista offensivo, con una visione di gioco che gli valse l’appellativo di “centrocampista d’attacco” da parte di Gianni Brera. Il suo talento si unì a quello di Omar Sívori e John Charles per dare vita al leggendario Trio Magico, forse il primo vero attacco spettacolare della Juventus.
Con la maglia bianconera vinse 5 Scudetti e 2 Coppe Italia, ma il suo lascito va ben oltre il campo. È celebre la sua frase: «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta», diventata il mantra della Juventus e della sua filosofia.
Dopo il ritiro, Boniperti ha continuato a servire il club come dirigente e presidente, guidandolo nei decenni d’oro. Per i tifosi più “esperti”, è stato il vero simbolo della juventinità: classe, rigore, ambizione e appartenenza. Il suo nome è ancora oggi inciso nella storia bianconera, non solo nelle statistiche, ma nel DNA del club.
Omar Sívori: il genio ribelle dal sinistro magico
Quando nel 1957 Enrique Omar Sívori arrivò a Torino dal River Plate, la Juventus non acquistò solo un talento, ma una vera e propria rivoluzione calcistica. Piccolo, irriverente, mancino capace di incantare, Sívori portò nella Torino operaia un tocco di poesia sudamericana. In otto stagioni con la maglia bianconera, segnò 161 gol in 247 partite, vinse 3 Scudetti e 2 Coppe Italia, e nel 1961 conquistò il prestigioso Pallone d’Oro, primo juventino (di una lunga serie) a centrare questa impresa.
Sívori era fantasia al potere: dribbling ubriacanti, tunnel beffardi, tiri a effetto. Ogni sua giocata sembrava voler dire al pubblico: “guardate cosa sono capace di fare”. Sapeva accendere lo stadio con un solo tocco, ma anche di far infuriare avversari e arbitri con i suoi atteggiamenti provocatori. In campo era un artista e un anarchico, amato proprio per quella sua voglia di stupire e sovvertire le regole.
Indimenticabile la partita contro l’Inter nel giugno 1961: l’Inter schierò la Primavera in polemica con la FIGC, e Sívori ne approfittò per segnare sei gol in una sola gara. Un record che ancora oggi resiste nella storia della Serie A. E se Boniperti era l’eleganza, Sívori era la scintilla che innescava l’entusiasmo: geniale, imprevedibile, irriverente.
I tifosi lo adoravano, anche quando esagerava. Era soprannominato “El Cabezón”, il testardo, ma a Torino bastava dire “Omar” per evocare la magia. Il Trio con Charles e Boniperti divenne leggenda. E anche dopo la sua cessione al Napoli nel 1965, il suo spirito ribelle rimase un riferimento.
Nel 2004 è stato inserito nella FIFA 100 di Pelé. Per la Juventus, è stato il campione che ha mostrato che era possibile divertirsi vincendo.
John Charles: il Gigante Buono che conquistò Torino
Nel 1957, insieme a Sívori, la Juventus ingaggiò anche un imponente centravanti gallese che avrebbe lasciato un segno profondo nella storia del club. Il suo nome era John Charles, ma per tutti divenne presto il “Gigante Buono”. Alto, potente, letale sotto porta e sorprendentemente corretto: in tutta la carriera non fu mai espulso né ammonito, un fatto quasi incredibile per un attaccante dell’epoca (in chiara contrapposizione con il minuto e focoso compagno di attacco di cui abbiamo parlato più in alto).
Con la Juventus disputò 182 partite ufficiali e realizzò 105 gol in cinque stagioni, vincendo 3 Scudetti e 2 Coppe Italia. Al primo anno in Italia, segnò 28 gol in 34 partite, laureandosi capocannoniere della Serie A 1957-58 e conquistando subito il cuore dei tifosi. Era il partner ideale di Sívori e Boniperti: se l’argentino portava genio e fantasia, Charles portava equilibrio, forza fisica e concretezza.
Giocava prevalentemente da centravanti puro, ma all’occorrenza poteva arretrare fino alla difesa. La sua specialità? Il colpo di testa: salti poderosi e impatto preciso, spesso risolutivo. Ma la cosa che lo rendeva unico era il suo fair play. Si racconta che, dopo aver segnato un gol annullato per fuorigioco, si limitasse a sorridere all’arbitro invece di protestare. Quando gli chiedevano perché non reagisse mai ai falli subiti, rispondeva: “Perché mia madre non approverebbe”.
Amatissimo dai tifosi e stimato anche dagli avversari, Charles è stato votato nel 1997 come miglior straniero della storia della Juventus. Il suo carattere mite e gentile, unito a una straordinaria efficacia in campo, ha fatto di lui una leggenda atipica, forse irripetibile. Per chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare, “King John” resta un ricordo dolce ma intenso, profondamente juventino.
Roberto Bettega: Penna Bianca anni ’70
Quando si parla di Juventus anni ’70, il primo nome che viene in mente a molti tifosi è Roberto Bettega, cresciuto nel vivaio bianconero e diventato simbolo di una squadra solida, vincente e orgogliosamente italiana. Con la maglia della Juve ha disputato 482 partite ufficiali e segnato 178 gol, numeri che lo rendono ancora oggi tra i primi marcatori della storia del club.
Il suo soprannome, “Penna Bianca”, nasceva dalla caratteristica ciocca di capelli argentei che spiccava durante i suoi colpi di testa spettacolari. E proprio il colpo di testa era una delle sue armi letali: Bettega era un attaccante completo, elegante nei movimenti, intelligente nei tagli, capace di segnare in acrobazia o con freddezza sotto porta.
Dotato di tecnica sopraffina e grande visione, sapeva anche sacrificarsi per la squadra, incarnando perfettamente lo stile Juve.
Con la Juventus vinse 7 Scudetti, 2 Coppe Italia e fu protagonista del primo trionfo internazionale del club: la Coppa UEFA del 1977, conquistata contro l’Athletic Bilbao, con Bettega in campo come leader e finalizzatore.
Fu anche protagonista di un rientro eroico dopo gravi infortuni, prima una tubercolosi, poi un problema al ginocchio, che ne misero a rischio la carriera. Ma il suo spirito combattivo e la dedizione lo riportarono sempre in campo, a lottare e segnare.
Amatissimo dai tifosi, è stato un simbolo di fedeltà e classe. Dopo il ritiro è rimasto alla Juventus anche da dirigente, ricoprendo ruoli chiave nei successi degli anni ’90 e 2000.
Michel Platini: Le Roi di Torino
Quando nel 1982 Michel Platini sbarcò a Torino, la Juventus stava cercando un leader tecnico per dominare anche in Europa. Quello che trovò fu molto di più: un artista del pallone, un numero 10 immaginifico, capace di trasformare il calcio in poesia. In cinque stagioni con la maglia bianconera, Le Roi ha giocato 223 partite e segnato 104 gol, vincendo tutto: 2 Scudetti, 1 Coppa Italia, tutte le principali coppe UEFA dell’epoca e la storica Coppa dei Campioni del 1985, segnata dal dramma dell’Heysel.
Platini fu tre volte Pallone d’Oro consecutivo (1983, 1984, 1985) – un primato mai più eguagliato da un giocatore della Serie A – e per tre stagioni di fila capocannoniere del campionato, nonostante il suo ruolo da trequartista. Non era un attaccante puro, ma aveva una classe tale da decidere le partite con un solo tocco. Le sue punizioni, le sue verticalizzazioni e la sua intelligenza tattica lo rendevano unico.
Amava le punizioni “a foglia morta” o calciate sotto la barriera. Indimenticabile il rigore decisivo per la vittoria nella Coppa Intercontinentale del 1985, che regalò alla Juve il titolo di campione del mondo per club.
Si ritirò a soli 32 anni, con un semplice “Je m’en vais” (“Me ne vado”). Eppure, il suo impatto rimane eterno: per la Juventus, Platini è stato il re del calcio d’autore, il numero 10 che ha dato al club una dimensione internazionale ancora più forte.
Alessandro Del Piero: il Capitano con la 10 nel cuore
Se c’è un volto che rappresenta la Juventus, è quello di Alessandro Del Piero. Classe, lealtà, gol indimenticabili e amore assoluto per la maglia: Alex ha scritto la storia bianconera dal 1993 al 2012, diventandone il giocatore con più presenze (705) e il miglior marcatore di sempre (290 gol). Numeri che da soli basterebbero a definire la leggenda, ma Del Piero è stato molto di più.
Arrivato giovanissimo dal Padova, esplose subito con un gol meraviglioso alla Reggiana. Quando Gianni Agnelli lo paragonò a “Pinturicchio”, erede di Baggio-Raffaello, iniziò un’epoca. Con la Juve ha vinto tutto: 6 Scudetti (8 sul campo), 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa UEFA, 1 Coppa Italia, 4 Supercoppe Italiane. E anche la Serie B, da leader silenzioso nel momento più difficile della storia juventina.
Seconda punta, trequartista o esterno: sempre al servizio della squadra. Era celebre il suo “gol alla Del Piero”, con il destro a giro sul secondo palo. Un marchio di fabbrica che ha fatto scuola. La sua eleganza, la freddezza nei momenti chiave, le punizioni chirurgiche e i rigori pesanti lo hanno fatto diventare uno dei campioni più amati della storia del calcio italiano.
Del Piero, per tutti, è il Capitano per eccellenza. Un fuoriclasse che ha fatto sognare, soffrire, gioire milioni di tifosi italiani.
Quanti nomi da ricordare
Raccontare degnamente i migliori attaccanti della storia della Juventus è un’impresa improba. In questo viaggio abbiamo scelto di concentrarci su alcune delle figure più rilevanti, ma avremmo potuto parlare anche di David Trezeguet, sempre letale in area. Oppure di Cristiano Ronaldo, capace di superare i 100 gol in appena tre stagioni e di influenzare come pochi altri calciatori gli odds movement, i movimenti delle quote.
Senza dimenticare Roberto Baggio, che in cinque stagioni ha incantato i tifosi con la sua classe pura, o Paulo Dybala, uno degli ultimi numeri 10 capace di unire bellezza e concretezza in campo.
Grandi uomini che hanno scritto pagine indelebili nel grande libro bianconero. E se c’è una cosa che li accomuna, è il fatto di non essere stati semplici attaccanti. Volti di epoche diverse, ma tutti legati da un filo invisibile: quello della passione, dell’eleganza, della voglia di vincere.