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Il passo indietro di Pecoraro: «L’intercettazione di Agnelli? Non esiste»
Il procuratore federale smentisce l’esistenza dell’intercettazione telefonica secondo la quale Agnelli sarebbe stato a conoscenza dei presunti rapporti con esponenti della ‘ndrangheta
Una presa di posizione forte, chiara e finalmente trasparente quella del procuratore federale Giuseppe Pecoraro quest’oggi in Commissione Antimafia, che potrebbe contribuire a mettere finalmente un punto fine su una questione in merito alla quale i media italiani si sono a dir poco scatenati negli ultimi tempi: la “famigerata” intercettazione che incastrerebbe Andrea Agnelli. «Al di la delle intercettazioni, io mi occupo della gestione dei biglietti e abbonamenti. Se c’è in questa gestione una permeabilità della dirigenza juventina questa non riguarda me ma la Commissione Antimafia e la procura. Una cosa è certa: i biglietti sono stati distribuiti anche a persone legate alla criminalità. Tra chi dominava nel bagarinaggio degli abbonamenti e dei biglietti, e si parla di una cifra alta, c’era anche Dominello. Sono qui per integrare quanto detto il 7 marzo scorso. E anche nella speranza di chiudere le polemiche susseguite dopo quella data e di bloccare un processo mediatico inopportuno che non fa bene né alla giustizia sportiva né a quella ordinaria. Il tribunale federale nazionale della Figc e, in secondo grado, la Corte d’appello federale “valuteranno se le mie interpretazioni saranno accoglibili o meno. La Procura federale si è basata solo su atti dell’inchiesta ‘Alto Piemontè e tengo a specificare che ciò che può non essere rilevante per giustizia ordinaria lo può essere per sportiva. L’intercettazione di cui si è parlato l’altra volta (fra D’Angelo e Calvo dell’agosto 2016, ndr), su cui sono state dette tante cose, è un’interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza” fra Agnelli e Dominello, “ma probabilmente era del pm quella frase. Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero», le parole del procuratore federale.