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McKennie SVELA: «Quando sono tornato alla Juve non avevo più l’armadietto. Tutti dubitavano di me, ora…»

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Weston McKennie ha parlato a ‘The Athletic’ e ha raccontato molti retroscena che riguardano il suo ritorno alla Juve dopo l’esperienza al Leeds

Weston McKennie ha parlato a ‘The Athletic’ e ha raccontato molti retroscena che riguardano il suo ritorno alla Juve dopo l’esperienza al Leeds.

ARRIVO ALLA JUVE «Non è stata spaventosa o entusiasmante (come sfida, ndr), ma mi ricordava l’esperienza di essere un americano che gioca a calcio per un club di alto livello in Europa. È qualcosa che sento che tutti noi dovremo affrontare quando andremo in Europa. Ma mi sento felice quando devo mettermi alla prova di nuovo, perché allora mi rende ancora più onesto con me stesso in termini di sforzi e concentrazione.

Qualcosa semplicemente scatta. È come una ricetta. Conosco gli ingredienti per realizzarlo e poi faccio semplicemente… ‘boom’. Senza misurare nulla, posso semplicemente buttarlo dentro. So che avrà un buon sapore”.

IL RITORNO ALLA JUVE DOPO 6 MESI – «Sapevo che sarebbe stato impegnativo ma non sapevo che sarebbe stato così; non avevo più il mio armadietto, non avevo una stanza in albergo, non avevo un parcheggio. Con i ragazzi del Settore giovanile ho fatto il cambio negli spogliatoi, anche quando nello spogliatoio principale c’erano giocatori che non avevano mai giocato con la Juve perché erano sempre stati in prestito. E penso tra me e me: ‘Wow, sono stato via solo per sei mesi. Torno e mi trattano così’.

Non sono riuscito nemmeno a farmi avere il numero di maglia (14), anche se nessun altro lo aveva preso. Ho pensato: ‘OK, ragazzi, volete trattarmi così? Ve lo mostrerò semplicemente sul campo’. Non sono una persona problematica. Non mi piace creare problemi. Non mi piacciono le situazioni scomode. Non mi piace il dramma. Cerco solo di lasciare che il mio calcio, le mie azioni e la mia etica del lavoro mostrino tutto di me, perché è allora che mi sento al meglio».

ALLEGRI – «Mi ha rimesso in considerazione. Il mio compito era rendere quella decisione molto più difficile per loro. Mi ha radicato… Il momento in cui mi sento più a mio agio e più onesto è quando metto giù la testa e lavoro. È lì che ho avuto il mio più grande successo. Ho lasciato lo Schalke e sono andato alla Juventus e nessuno mi conosceva.

Tutti dubitavano di me. E’ un club troppo grande. Non giocherò mai. Ma guardami adesso. Tre anni e mezzo dopo, più di 100 partite con la Juventus e io ne ho giocato la maggior parte. Cresco quando sono con le spalle al muro e tutti dubitano di me. È così che sono diventato il giocatore che sono».

LEEDS – «Il periodo trascorso al Leeds è stato probabilmente uno dei momenti più bassi, se non il più basso, della mia carriera professionale. Guardo sempre il lato positivo perché ero alla Juventus, giocando settimana dopo settimana, e forse avevo sviluppato un po’ di conforto o compiacenza, sapendo che avrei giocato nel fine settimana.

Andando a Leeds e avendo la prestazione che ho avuto lì e il modo in cui è andata a finire in generale – quattro allenatori in cinque mesi (Marsch è stato sostituito dall’allenatore ad interim Michael Skubala, poi sono subentrati Javi Gracia e Sam Allardyce, ndr) – proprio niente è andato come immaginavo».

PREMIER LEAGUE – «Con tutto il rispetto per il Leeds e i suoi tifosi, adoro il calcio della Champions League. Adoro giocare ai massimi livelli. Il Leeds era più un posto in cui volevo andare per sperimentare qualcosa di nuovo, la Premier League. Ma non c’è posto migliore per farsi vedere dalle squadre della Premier League che giocare in Premier League».

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