News

La Juve vince con il realismo di chi conosce e supera i propri difetti

Pubblicato

su

La Juve vince con il realismo di chi conosce e supera i propri difetti. Non è solo questione di carattere, c’è qualcosa che va oltre…

Prima di Juventus-Napoli ho visto una statistica che citava come la Juve, che non passa certo per una squadra né generosa, né efficace sul piano offensivo, aveva un credito da riscuotere nel saldo tra gli Expected Goals e quelli realmente fatti. Mi sono accostato alla gara con questo pensiero – penso che ognuno abbia un filtro iniziale col quale immagina cosa succederà – e con l’idea che per vincere avremmo dovuto sapere reagire a ogni difficoltà che sarebbe nata, compresa quelle di ordine nervoso. La lettura anticipata è servita solo in una parte: sì, la Juve è stata in grado di rientrare dall’intervallo con uno spirito diverso rispetto a un primo tempo perso ai punti e pareggiato nei fatti. Per il resto, stavolta abbiamo capitalizzato quasi al massimo quel che abbiamo prodotto davanti. Quanto alla dimensione agonistica, c’è stata, anche vibrante, ma in un quadro di correttezza che fa pensare che i giocatori siano molto meglio di certi opinionisti e sicuramente del presidente campione d’Italia in carica ancora per pochi mesi.

É stata una gara piena di cose, sarebbe un errore ridurla al risultato, che pure ha una notevole importanza (penso più per loro che per noi, la Juve possiede una saldezza morale meno incline ai venti della classifica di quanto possieda chi sta dietro). Dicevamo di come fosse necessario rispondere e trovare anche il tempo giusto. Era urgente farlo, ad esempio, dopo un inizio a loro vantaggio. Era necessaria una correzione ed è Chiesa a essersi incaricato di determinarla: Vlahovic avrebbe potuto fare decisamente meglio in tutto, nello stop prima e nel tiro poi.

L’opportunità sfumata indica un limite forte della squadra: non costruendo molto, quando lo fa non ci devono essere errori. Però non è questa la vera fotografia del primo tempo. L’esatta misura della nostra insufficienza, che fa sì che si torni nello spogliatoio con la consapevolezza che lo 0-0 è un buon risultato, non è neanche la carambola su una loro punizione tra Gatti e Bremer, tale da costringere Szczesny a un miracolo su Di Lorenzo (fuorigioco o no? Boh… Marelli ha detto «Ci vorrebbero dieci minuti per discuterne»…) Quel momento, anzi, è il manifesto della nostra forza: sapere trovare immediatamente una contromisura a un errore, che sia il portiere a farlo non è un difetto, tutt’altro.

Quel che preoccupa è ciò che è successo prima. Appena facciamo il break per un contrattacco di massa, emergono i nostri limiti tecnici: Kostic sciupa banalmente un cross e origina una ripartenza avversaria, dove Bremer ha lasciato un buco enorme credendo ingenuamente che quell’avanzata – per quanto avventata – fosse arrivato il momento di farla, il pallone gli sarebbe arrivato. Buon per noi che Cambiaso ha talmente irretito come una zanzara Kvaratskheila che il georgiano finisce per confondersi per l’improvvisa ed eccessiva libertà di cui gode, anche perché Szczesny è bravissimo a obbligarlo ad accelerare la battuta. La scena è talmente potente da suscitare l’interrogativo: ma noi siamo capaci di ragionare nelle scelte di passaggio, di fare la cosa giusta in velocità? La risposta è negativa, non c’è molto da girarci intorno.

La Juve della ripresa ha offerto subito la sensazione di voler far sua la partita. Tanto da raccoglierne i frutti su un cross di Cambiaso e l’ennesimo colpo di testa di Gatti, immagine simbolo del cuore della squadra ma, a questo punto, anche della sua personalissima crescita. Che lo fa sembrare un Milik per come va a indirizzare con perfetta precisione un pallone indirizzatogli benissimo dal giocatore che ha corso di più e dovrebbe già essere a corto di benzina. Invece no, Andrea non smette di incidere ed è un’ottima notizia.

Pure nella fase immediatamente successiva all’1-0, la Juve si è rafforzata nello spirito, nella determinazione, è riuscita anche ad arrivare con maggiore frequenza in area di rigore. Anche se è stato un secondo tempo strano (o spietatamente logico tra armi pari): nessuna grande occasione da una parte e dall’altra, tantissima lotta, gara intensa. Con persino il gusto di una difesa eroica, di interventi col punto esclamativo (vedi Kostic), come se ogni pallone conquistato, allontanato, sgonfiato o verticalizzato caricasse di energia chi non ha certo preoccupazioni di essere perfetta perché sa come si fa a vincere.

Questo siamo noi. Siamo Danilo e tutti coloro che sono andati in aiuto di Bremer su Osimhen. Siamo quelli che dice Allegri da due settimane a questa parte: adesso la Juve è una squadra. Con una strepitosa volontà nel superare i propri difetti. Non è solo una questione di carattere. C’è qualcosa che va oltre, è l’acquisizione di una mentalità vincente basata su un rigoroso realismo.

Exit mobile version