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La Juve patteggia, Agnelli invece no. Ora John e Andrea sono più lontani che mai
La Juve patteggia, Agnelli invece no. Ora John e Andrea sono più lontani che mai. Spaccatura tra vecchi e nuovo club
Per 9 anni la Juventus ha dominato in Italia, spingendosi fino a Berlino e Cardiff in Europa, ma con Andrea Agnelli al timone negli ultimi tempi la società non è riuscita a gestire quel ricambio generazionale – dirigenziale e tecnico – necessario per un nuovo ciclo vincente. Finita l’era Agnelli in autunno, John Elkann ha ridisegnato una nuova Juve, molto lontana da quella di 4/5 anni fa ma con un progetto ben definito e soprattutto strategicamente e politicamente agli antipodi rispetto al vecchio management.
La spaccatura Agnelli/Elkann è venuta allo scoperto nell’ultima udienza del Tribunale federale, la strada dell’ex presidente si è separata dalla società, forse definitivamente, ma si vedrà col tempo. Elkann ha dettato la linea di una società tornata a dialogare con le istituzioni sportive, prima in Italia e poi in Europa. La scelta di Ferrero e Scanavino non è casuale; la missione dei due dirigenti apicali bianconeri era trascinare la Juventus fuori dall’inchiesta Prisma con minori danni possibili, dopo il -10 per il primo filone plusvalenze il patteggiamento per il filone “manovra stipendi” ha evitato ulteriori penalizzazioni in classifica, lasciando la Juventus in Conference, aspettando il verdetto della Uefa. Un ottimo compromesso, viste le premesse, anche se non condiviso dall’intero mondo Juve. Il primo a chiamarsi fuori è stato Andrea Agnelli, unico degli ex dirigenti che non ha accettato il patteggiamento (per il momento). Una scelta forte e di rottura, anche se il dialogo avviato tra il suo avvocato Davide Sangiorgio e il procuratore Giuseppe Chiné potrebbe comunque portare ad un prossimo patteggiamento, altrimenti Andrea Agnelli andrà a processo il 15 giugno.
Nel frattempo la società si è incanalata su altri binari, nel tentativo (riuscito in Italia) di rientrare in quel perimetro istituzionale che spesso la vedeva ai bordi – se non addirittura oltre – negli ultimi anni. Nessuno toglierà ad Agnelli l’etichetta di uno dei presidenti più vincenti della storia bianconera, ma allo stesso tempo negli ultimi anni gli sono stati imputati errori di valutazione di un certo peso, che alla fine hanno finito per zavorrare la Juventus, rischiando di farla affondare. Dall’addio a Marotta, all’investimento Ronaldo, dal caso Suarez ai continui attriti con la Federazione, per finire con la Superlega. Una lunga serie di battaglie in prima linea, che però la Juventus rischia di pagare a caro prezzo. Se il patteggiamento segna l’ultima parola a una lotta di due anni con la giustizia sportiva, rimane più aperto che mai il fronte Uefa. Con un’inchiesta aperta e la possibile esclusione dalle coppe europee (per un anno al massimo) in ballo. Dopo mesi di veleni Ceferin – Agnelli ora la Juve dovrà uscire allo scoperto sulla questione Superlega. Un tema delicato che però rischia di diventare merce di scambio nella trattativa con Nyon, per addolcire eventuali sanzioni attese a giugno. Conviene rinunciare alla Superlega per giocare la prossima Conference? Una domanda più che mai attuale ai piani alti della Continassa, la sensazione è che il club non voglia rinunciare al patto con Real Madrid e Barcellona, pur cercando una via di conciliazione con la Uefa. Le dimissioni dell’intero Cda in autunno è un primo passo, il patteggiamento con la procura federale il secondo, il prossimo obiettivo è Nyon, perché l’Europa senza la Juve non è la stessa cosa.