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Juve Roma: l’applicazione come coerenza e un gol che suggerisce chi potremmo essere

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Juve Roma, il gol di Rabiot ci suggerisce chi potremmo essere. L’analisi del successo bianconero dello Stadium

Per valutare Juventus-Roma nell’ottica bianconera vorrei prescindere dal significato per quanto riguarda la classifica. Intendiamoci, il peso è enorme, ancor più perché sarebbe stato un delitto non approfittare del pareggio dell’Inter. Poiché Allegri è stato perennemente sul banco degli imputati, credo che sia importante oggi riconoscere che quella vista nell’ultima gara del 2023e è stata una prestazione tra le più lineari e di questo campionato. Tra l’altro, con lo stesso punteggio dei nerazzurri allorché hanno affrontato Mourinho, con la differenza in positivo di non avere dovuto aspettare 81 minuti, il tempo trascorso per vedere il gol di Thuram.
Come si è manifestata questa coerenza di comportamento all’Allianz Stadium? Verrebbe da usare il termine un po’ abusato di applicazione, che certo non deve dispiacere a un allenatore convinto che i suoi debbano fare un passo alla volta, esattamente quel che sta succedendo.

All’inizio della partita si è assistito a uno sviluppo del gioco estremamente interessante: aperto, dinamico, eppure ordinato, equilibrato, con una buona dose di verticalità e poche imprecisioni tecniche, che poi fatalmente, appena le squadre si ricompatteranno di più, diventeranno più frequenti. Perché c’è poco da fare, Juve e Roma la fase difensiva la sanno fare bene, ti costringono a non fare la giocata o a tentarla in condizioni di difficoltà.
Però, quei primi minuti non producono uno strappo perché le occasioni che ne scaturiscono portano a immediate risposte sul piano dell’organizzazione. Cristante colpisce il palo da sviluppo da corner? Bene, Rabiot sta sulle sue tracce, rinunciando programmaticamente a giocare in avanti e il francese – con Locatelli – appare molto preoccupato anche di limitare le zone dove Dybala va a cercare la giusta mattonella. Ed è un’operazione che riesce.
Vlahovic fa la boa, permette alla Juve di giocargli addosso non meno di quanto faccia Lukaku dall’altra parte, anzi, su palla rasoterra anche di più: ma il controllo anche duro di Llorente nei suoi confronti e di Mancini su Yildiz fa sì che i loro spunti non sortiscano gli effetti sperati.

A far saltare il banco può essere o un exploit in positivo – non è che manchino gli uomini per farlo – oppure una distrazione imprevista, e qui ci pensa Danilo a fare una respinta ispirata a un principio che ne guida non poche giocate (prima o poi se ne parlerà, non è che il capitano sia immune da critiche): la superficialità. Buon per noi che la Joya cerchi più l’estetica che la concretezza, o per meglio dire che non sappia separare le due cose e ci risparmi il possibile svantaggio. E male per noi che sul tiro di Kostic originato da una rimessa laterale – la classica situazione sporca dove noi sguazziamo – Ndicka capisca la traiettoria del tiro e salvi quando il pallone ha già superato Rui Patricio.
Appunto da non dimenticare del primo tempo: giochiamo troppo a destra, dove c’è più coraggio ma anche un eccesso di approssimazione tecnica perché da lì si possa sviluppare continuità d’iniziativa. E guarda caso, sarà sull’altro fronte che troveremo il varco decisivo, forse sorprendendoli perché in quella zona ci si era visti davvero poco)


Nel secondo tempo la Juve cresce subito e complessivamente meritiamo la vittoria proprio per come riusciamo a passare in vantaggio. Se l’intera partita definisce cosa sa fare a oggi la Juve, il momento dell’1-0 è il manifesto delle nostre possibilità. Perché quella è un’azione dove c’è determinazione (Kostic); fiducia nelle proprie possibilità che solo prima di Frosinone ci sembravano smarrite e pure talento che non sempre è parso una sua caratteristica (Vlahovic); capacità d’inserimento e una freddezza sottoporta che è esattamente la meta a cui devono arrivare i nostri centrocampisti quando si propongono davanti (Rabiot).
Nella ripresa la Juve ha saputo allacciarsi con l’avversario, si è mostrata viva in tutte le zone del campo, di fatto non ha corso pericoli ed è riuscita anche ad alzare progressivamente la pressione dopo una fase di tradizionale arroccamento in area. Dove se non riescono a passare Dybala e Lukaku, significa che dei valori reali ci sono e non si vede proprio perché non debbano strutturare l’identità della Juve. E se a qualcuno non piace che questa sia l’ottava vittoria di fila di stretta misura, pazienza. Anche questa è coerenza, una virtù che non frequentavamo da un po’ e attraverso la quale si può anche provare un legittimo orgoglio per dove siamo: in piena corsa per lo scudetto, come non capitava dall’ultima volta che lo abbiamo vinto.

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