Juventus Women ‘unorthodox’, ci aveva fatto scordare che l’Arsenal è più forte. E altre 11 milioni di cose
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Juventus Women ‘unorthodox’, ci aveva fatto scordare che l’Arsenal è più forte. E altre 11 milioni di cose

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Juventus Women messa sotto a Biella dall’Arsenal: nessuna sorpresa se non quella di essere arrivati sin qui. Canzi ha voluto giocarsela

In tre mesi ha sovvertito le gerarchie del calcio femminile italiano, riuscirci con quelle del calcio femminile europeo era troppo anche per Max Canzi. La Juventus Women ‘unorthodox’ (definita e battuta da Renée Slegers) resta fedele alle proprie di credenze anche con l’Arsenal e da non ortodossa diventa eretica. Scottata sul rogo della Women’s Champions League, ridimensionata nelle velleità europee. La Juve non rinuncia al duello giocatrice su giocatrice per (quasi) tutto il campo, lo esaspera nella ripresa ed esce dal prato con la consapevolezza, tutt’altro che nuova ma forse ottenebrata dagli ardori di inizio stagione, di essere meno forte delle ‘Gooners’. Le innovazioni ‘canziane’ che hanno sconquassato la Serie A e colto di sorpresa lo svagato e tormentato PSG sono state studiate a Londra. «Il loro stile è associare giocatrice su giocatrice. Ciò può aprire spazi nella loro linea difensiva perché hanno grandissima pressione sulla palla. È difficile arrivarci, ma abbiamo visto gli spazi e sapevamo dove sarebbero stati», ha spiegato dopo la partita l’allenatrice ad interim delle inglesi.

L‘Arsenal migliore della stagione ha rispettato la Juve, l’ha affrontata alla pari, senza sconti. La Juventus Women – detto delle due occasioni sprecate a inizio gara – si è poi profusa in un‘impotente e ritardataria rincorsa a calciatrici più tecniche, rapide, intense e senza la paura di giocare sotto pressione. Se Caruso e colleghe erano state perfette nel doppio confronto col Paris Saint Germain, ieri sono mancate in lucidità, precisione ed esperienza, pagando un generale divario atletico rispetto alle avversarie ad eccezione di Cascarino e Vangsgaard (alla generosa danese si richiede maggiore concretezza sotto porta). A Canzi invece si può rimproverare, col senno di poi che semplifica le analisi, di non aver inserito Krumbiegel e forse Bennison nell’undici titolare, con l’avanzamento di Caruso al posto di una Beccari sfiancata nel non possesso. Ma il gap espresso dal campo avrebbe probabilmente annullato qualunque tentativo di compensazione tattica o di scelte tecniche. Impressionante la quantità di interpreti di primissimo livello che l’Arsenal ha presentato dall’inizio e dalla panchina.

Max ha deciso di puntare forte e coerentemente sull’identità, rivendicata anche alla vigilia, di una squadra che sin qui aveva dominato in Italia e sorpreso in Europa. Senza sconfessarsi, non per integralismo ma per reale convinzione di poter competere. C’è ora la curiosità di capire come si presenterà a Londra tra una settimana, vietato deprimersi e perdere certezze. Il crollo (che anche per misura quasi sicuramente pregiudica la qualificazione) può invece rappresentare una salutare lezione e uno step di apprendimento necessario per adattare questa squadra arrembante ma inesperta ad una dimensione ancora più competitiva. Il percorso di crescita è molto lungo, soprattutto perché rapportato a realtà più strutturate con monte ingaggi fino 3/4 volte superiore (l’Arsenal si assesta sugli 11 milioni di euro); la percezione forte è che la strada intrapresa sia comunque quella giusta. Ortodossa o meno che essa sia.

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