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Juventus Women, Gama: «Vorrei restituire quello che il calcio mi ha dato»

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Sara Gama, difensore della Juventus Women, ha raccontato alcuni aneddoti della sua carriera: ecco le sue parole

Sara Gama, difensore della Juventus Women, ha raccontato alcuni aneddoti della sua carriera. Ecco le sue parole in diretta Instagram con lo chef Davide Oldani.

CALCIO SENZA PUBBLICO – «Oggi mi pongo qualche quesito in più, per noi il fattore del pubblico era importante ma ci spingevano in campo da solo. Ora però sono sempre più numerosi, è chiaro che comincia ad avere un impatto. Nel calcio maschile fa la differenza, perché è il 12° uomo in campo. Un’emozione in più che ti fa trovare più energie».

INIZI «Ho iniziato da sempre praticamente. A casa mia nessuno era appassionato di calcio. Ho sempre giocato a calcio, poi a 7 anni ho iniziato a giocare nella squadra del mio paese e da allora non ho mai smesso. Poi dopo più avanti ho fatto anche atletica. Ho giocato sia terzino che esterno di centrocampo. Il mio allenatore in U17 me lo diede Sbardella. Poi sono passata centrale. Con l’Under 19 abbiamo vinto l’Europeo nel 2008, e c’era mancanza di centrali. Mister Corradini mi mise in mezzo e mi ha messa lì perchè ero il capitano ed ero leader. Dopo quell’Europeo lì, ho iniziato sempre di più a giocare centrale».

ALLENATORE – «L’allenatore deve capire la squadra e il materiale tecnico che possiede. Importante la parte di psicologo per trovare il meglio delle ragazze. Diventa però sempre più importante il livello tecnico. Io sono dell’avviso di non imbrigliare il talento, penso sia il bello del calcio femminile. Il calcio femminile è indietro perchè ha iniziato tardi a sviluppare le competenze, però si lascia più spazio all’estero e si mostra al suo stato originale».

MONDIALE«La differenza con gli USA si sente. In finale contro l’Olanda, si è vista una strapotenza ed un livello superiore, poichè negli Stati Uniti nel 1972 si destinavano fondi alle Università in base allo sviluppo dello sport femminile».

FUTURO «Ho studiato, sono laureata in lingue e sono andato all’estero per affinarle. Sono già nel consiglio federale, quindi mi interesso già a quello che si muove nel mondo del calcio. Quello che mi piacerebbe è proseguire su questa strada perché nel calcio femminile c’è tanto da fare, mi piacerebbe restituire quello che mi è stato dato. Le esperienze all’estero hanno aiutato ad aprire la mente».

IDOLI«Seguivo il calcio maschile, molto di più quando ero piccola. Guardavo le partite, facevo la raccolta figurine, ma non ho mai avuto un giocatore al quale ispirarmi. Poi crescendo seguivo i giocatori che facevano il mio ruolo ma mi sono sempre piaciuti quelli che lasciavano tutto sul campo, fino all’ultimo respiro, che giocano con il cuore e danno il massimo. Non ho un nome da fare, soprattutto nel femminile. Quando ho ricevuto la prima chiamata per la Nazionale Under 17 nemmeno sapevo che esistesse. Non avevo idoli, noi lo stiamo diventando per le bambine. Se hai qualcuno a cui ispirarti è anche più facile costruire la strada. Non pensavo “Da grande giocherò nella Juventus” perché la Juventus non ce l’aveva la squadra femminile».

BARBIE«Inutile nascondere che da piccola giocavo più con il pallone che con le Barbie. È stato paradossale, me lo hanno detto quando ero qui alla Juve e la cosa mi ha fatto sorridere. Subito dopo mi hanno spiegato in cosa consistesse, sono state prese donne che hanno cambiato il volto del loro settore. Ho pensato “Questa sì che è la giusta motivazione per diventare una bambola”. Diventi un esempio».

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