Lazio Juve: un verdetto giusto. Si può dire?
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Lazio Juve: un verdetto giusto. Si può dire?

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Lazio Juve, il verdetto finale rende giustizia alla squadra di Allegri dopo il doppio confronto. L’analisi del match

Al termine del primo tempo di LazioJuventus il giudizio sulla squadra non poteva che essere insufficiente. Con una novità rispetto all’abitudine interpretativa. Non era la filosofia o il piano del gioco ad avere deluso, ma il merito del gol preso, un corner sul quale Alex Sandro si è fatto mangiare da Castellanos. Il che è andato a vanificare già nel primo quarto d’ora un approccio sereno nel palleggio, nel quale la Lazio non sembrava neanche particolarmente propensa a forzare i ritmi, semmai a spendere energia e determinazione nel recuperare palla. La Juve nel complesso ha retto bene dietro, fino a quando un buco di Danilo non ha concesso una grande palla gol a Castellanos, che Perin riesce a neutralizzare un 2-0 che sarebbe stato immeritato. Perché tutto sommato, con una certa coerenza di comportamento, la fase difensiva ha funzionato nel suo complesso e in diverse zone del campo, rispondendo bene a certi strappi della Lazio, con giusta attenzione e più che sufficiente capacità di muoversi insieme. Traducendo, rispetto alle ultime prestazioni, sia Locatelli che Rabiot son sembrati molto più attivi e presenti in gara, anche se il primo si è preso un giallo ed era diffidato.

Insomma, la sintesi potrebbe essere: il meglio dell’ordine e dell’applicazione del gioco di Allegri si è visto, ma non basta né per non subire gol (e non è una novità nella seconda parte della stagione) e non è assolutamente all’altezza per generare reali opportunità da rete (nonostante un’azione tra le più belle fatte da un bel po’ di tempo a questa parte, ma Vlahovic arriva sul pallone non coordinato quanto sarebbe necessario per mettere il pallone alle spalle di Mandas) Se l’1-0 era giusto, lo è anche il 2-1. Per una ragione in primis: come la squadra ha reagito al 2-0, arrivato subito a inizio ripresa con la difesa presa d’infilata. Il che dovrebbe far riflettere (almeno una volta) chi pensa che questa squadra possa avere la possibilità di praticare un calcio realmente offensivo per continuità di proposta. Nei primi minuti dopo l’intervallo ci siamo alzati, siamo entrati in area creando più confusione che altro, per poi cadere inesorabilmente su un saggio di verticalizzazione degli avversari. Che di qualità ne hanno col loro centrocampo. E la si poteva anche prevedere un’altra giocata così, sull’asse Luis Alberto-Castellanos. Piuttosto, ad essere inaspettato, è Bremer che crolla, lui che è stato quest’anno la sicurezza (quasi) per definizione, rivedere certi errori quattro giorni dopo Cagliari fa venire brutti pensieri.

A quel punto, in parità a risultato aggregato, è successo qualcosa. Perché se il mix di errori difensivi variamente assortiti ci condannava al patimento, allo spettro dei supplementari o, procedendo ancora in quella maniera, all’eliminazione nei 90 minuti, la situazione è cambiata. La Lazio, va detto e lo confermano gli Expected Goals che misurano la pericolosità delle squadre (0.53 a 1.33 il dato finale), non ha fatto assolutamente più nulla di pericoloso. Mentre Vlahovic ha avuto due opportunità nelle quali o è arrivato in ritardo, o ha presentato un destro che non è stato all’altezza di quelli che avevano colpito i biancocelesti in campionato. Ci voleva altro per aggiustare la situazione ed è bene che sia arrivato da due ingressi della panchina: Weah ha messo in mezzo, Milik ha deviato in rete, quanto c’è mancata la consuetudine delle Juventus degli anni migliori, quando con le sostituzioni si decidevano le partite. Giusto così, il verdetto finale, a dispetto di letture che mi sembrano ormai fisse e fissate. La Juve di Roma è stata un po’ meglio delle ultime due di campionato e ha meritato di passare il turno, con i suoi enormi difetti. E regalando, ad Allegriani e anti (giacché ormai si ragiona solo così) il gustoso contrappasso di un mister che a furia di predicare calma ai suoi si trova un giocatore (Cambiaso) che gliela chiede in cambio arrabbiandosi quanto lui.

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