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Chiellini “cattivissimo me”: i ricavi del libro vanno in beneficenza
Chiellini «cattivissimo me»: i ricavi del libro vanno in beneficenza. Il capitano della Juve nella bufera per dichiarazioni scomode
L’autobiografia di Giorgio Chiellini, edita da Sperling & Krupfer, ha fatto un bel casino. Svariati passaggi all’interno del libro fanno rumore, sopratutto rispetto a quello che è il trend canonico di comunicazione legata al calcio: cioè poco increspata per sfumature e movimento. Negli ultimi giorni sono balzati ad onor di cronaca e social le “bordate” del capitano della Juventus nei confronti di Mario Balotelli, Felipe Melo (i diretti interessanti hanno anche risposto) e Arturo Vidal. Persino un estratto su Sergio Ramos, ha finito per fare il giro del mondo. La risonanza mediatica del tutto è stata spiegata molto lucidamente dallo stesso Chiellini durante una diretta Instagram con Vieri: «Quando sono uscito mi aspettavo qualche giorno di casino, ma senza partite non si sta parlando d’altro».
In tantissimi, addetti ai lavori e non, si sono scagliati contro il difensore bianconero accusandolo di dubbia moralità, scarsa trasparenza e altre cose che apparentemente stonano con quello che invece raccontano vita e carriera di Chiellini. Anche perché l’intento voleva essere tutto un altro: «Mi sembrava ipocrita e falso parlare di vent’anni di rose e fiori, ho trattato di argomenti noti a tutti. Mi andava di raccontarlo, non mi sono nascosto». L’anacronismo degli episodi a cui si fa riferimento risulta inoltre inevitabile, trattandosi appunto di un’autobiografia che per definizione non può essere strettamente attuale. Da “Io, Giorgio“, il titolo del libro, a “Cattivissimo Me“, un film d’animazione che ha per protagonista un cattivo costruito e stereotipato che alla fine cattivo non è, il passo è breve quanto macchiettistico.
Buffo pensare poi che il “cattivone” Chiellini abbia scelto di devolvere il ricavato delle vendite del libro agli Insuperabili, la onlus che fa giocare a calcio decine di ragazzi con disabilità. Ma come si dice in questi casi: «Non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità». E allora forse non tutti i mali vengon per nuocere.