Marchisio: «Calcio deve ripartire per chi paga il mutuo, non la Ferrari»
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Marchisio: «Calcio deve ripartire per chi paga il mutuo, non la Ferrari»

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Marchisio: «Calcio deve ripartire per chi paga il mutuo, non la Ferrari». Le dichiarazioni dell’ex centrocampista della Juventus

Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus è stato intervistato da Tuttosport.

SCENARIO – «In questo momento il calcio è nelle grinfie di questa situazione come qualsiasi altra attività, come qualsiasi persona. Ma se si parla di calcio bisognerebbe però sapere che si tratta di una delle prime dieci industrie del Paese, con un indotto molto importante e un movimento di massa che coinvolge milioni di persone di qualsiasi età. Il calcio non è solo l’élite di giocatore milionari che finiscono sulle copertine e sono i re dei social network».

MACCHINA CALCIO – «Andando a fondo troviamo prima i giocatori di Serie B e di Serie C, che già hanno un altro tipo di trattamento economico, poi abbiamo i giovani tra i 19 e 20 anni che vorrebbero entrare nel mondo dei professionisti, ma non è detto che possano farlo. E scendendo abbiamo chi lavora con il calcio, chi svolge mansioni molto meno visibili di quelle dei calciatori, ma che grazie ai calciatori e al movimento che creano, può portare a casa uno stipendio per mantenere la propria famiglia. Mi riferisco ai magazzinieri, ai fisioterapisti, agli addetti alla sicurezza, a tutti i giornalisti e operatori dei media che portano il calcio nelle case degli appassionati, al personale che permette alle società, grandi e piccole, di funzionare, finanche agli steward che spesso sono universitari che con quei pochi soldi riescono però a coprire qualche spesa o padri e madri di famiglia che così riescono a far quadrare i conti a fine mese. Il calcio è una macchina enorme, trainata dai giocatori più visibili e pagati, ma dentro la quale ci sono quasi duecentomila persone che vivono di pallone”.

RIPRESA – «E il calcio non deve riprendere per assegnare lo scudetto e decidere promozioni e retrocessioni. Ma perché chiudere questa stagione significa porre le basi per la prossima. Anche perché, parliamoci chiaro, non ci sarà differenza fra maggio e settembre. Anzi, se si dà ascolto a certi scienziati, l’estate potrebbe essere una stagione che aiuta a limitare moltissimo i contagi, ma dall’autunno potrebbe esserci un ritorno di livelli più alti. Insomma, il finale di questa stagione porrebbe dei problemi che si potrebbero risolvere in vista dell’inizio della prossima. Altrimenti non si riparte mai e alla fine ci rimettono le persone di cui parlavamo prima, quelle centinaia di migliaia di lavoratori che hanno stipendi normali con cui pagano il mutuo, non la Ferrari».

POSSIBILE STOP – «La decisione sarebbe da rispettare, ma allora lo Stato dovrebbe prendersi delle responsabilità, perché in questo momento servono decisioni concrete per mandare avanti l’economia del Paese, economia di cui il calcio fa parte insieme ad altre tante aziende e settori fermi in questo momento. Mi spaventano le tante parole e i pochi fatti di quei decreti e mi preoccupo da imprenditore, io ho tre ristoranti. Le società di calcio fallirebbero senza la ripartenza, provocando la perdita del lavoro non solo dei giocatori, ma soprattutto dei lavoratori che contribuiscono al funzionamento della macchina. Il tasso di disoccupazione diventerebbe insopportabile. Guardate cosa sta succedendo negli Stati Uniti dove già 33 milioni di persone hanno fatto richiesta di sussidio. Tornando al calcio mi chiedo come faranno con le serie minori, perché tante squadre di dilettanti stanno chiudendo, la Serie C non riprende e non so come faranno con le classifiche e la Serie B».

JUVENTUS – «Sì, ho sentito Rugani e Dybala. Paulo l’ho chiamato proprio l’altro giorno quando è finalmente uscito ed era molto sollevato. Da quello che mi hanno raccontato hanno avuto paura, ma non problemi gravi. Certo hai l’ansia di avere una malattia per la quale muoiono migliaia di persone e lo senti dire ogni sera, ma non avevano sintomi problematici. Il peso psicologico incide».

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