Marchisio al Salone del Libro: «Ragioniamo sulle parole. Sul razzismo...»
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Marchisio al Salone del Libro: «Ragioniamo sulle parole. Sul razzismo…»

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Marchisio al Salone del Libro: le parole dell’ex centrocampista della Juve, che ha trattato vari argomenti a sfondo bianconero

(inviato al Salone del Libro di Torino) – L’ex centrocampista della Juve, Claudio Marchisio, è intervenuto dalle 18.00 durante il Salone del Libro di Torino. Le sue dichiarazioni.


ESPERIENZA – «Ho cambiato solo una società, ma ho visto tante persone, ho conosciuto tante persone. Negli spogliatoi prima di tutto ti conosci, realmente, crei fiducia. Il bello dello sport è questo: chi arriva a quei livelli ha fatto un percorso di vita incredibile. Parliamo di tutto, dei cori, delle partite: non parlo solo di razzismo bianco o nero, parlo di Vlahovic che è stato insultato e non riusciva a parlare durante un’intervista. A volte l’hanno definito folklore. Se cambia maglia, poi è il tuo idolo. Ragioniamo sulle parole: che idea abbiamo di razzismo? Mi sono arricchito tantissimo. Il bello di come sono arrivati lì ti fa capire quanto sta cambiando questa mentalità e lo sport è un veicolo pazzesco».

BALOTELLI – «Finché le cose andavano bene, era l’ancora di salvataggio. La finale degli Europei non è andata bene, gli dicevano di togliersi la maglia, che non era italiano. La realtà è questa, è questa la risposta»

SOCIAL «Ho perso una finale di Champions e sappiamo tutti cos’è successo in Piazza San Carlo. Eppure i commenti sono stati ‘Dovevi vincere’. Si, ho ancora il fegato marcio per non aver vinto, ma il primo pensiero è andato alla mia città. Bisogna avere coraggio, coraggio anche a parlare di razzismo».

SENTIRE GLI ULULATI ALLO STADIO – «I casi ci sono.  Ricordo i buu quando veniva Weah a Torino. A volte si pecca di silenzio. All’Europeo alcuni decidevano di inginocchiarsi altri no, ma era la risposta dopo. Alcuni decideva di farlo solo se gli avversari lo facevano. O ci credi o non ci credi, non puoi dire io lo rispetto».

SITUAZIONE FRA 10 ANNI «A volte dovremo smettere noi di parlare, e andare a vedere i bambini che da piccoli giocano tra di loro, senza barriere. A volte dovremo fare più così».

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