Stelle Bianconere
Marco Tardelli, centrocampista da urlo
L’urlo di Marco Tardelli ai mondiali del 1982 è diventato un’icona, fissato nella memoria collettiva al pari di quello di Munch
Marco Tardelli è nato il 24 settembre del 1954 a Capanne di Careggine, in provincia di Lucca, sotto il segno della Bilancia. Il padre è un operaio dell’Anas e la sua famiglia non naviga certo nell’oro. Tuttavia i valori sono sani, legati alla tradizione e alla virtù contadina, e Marco trascorre un’infanzia serena. È l’ultimo di quattro fratelli, nessuno dei quali tifa Juventus. Così Marco, per differenziarsi, diventa juventino. Una pura casualità, che sarà la sua missione nella vita.
GLI ESORDI DA CALCIATORE – Come spesso accade ai ragazzi di provincia, Marco evade la noia giocando a calcio e i risultati sono subito notevoli. Il suo idolo è Gigi Riva, mancino di piede. Così anche lui si esercita col piede sinistro, tanto da diventare ambidestro. Si forma nella squadra del San Martino, poi tenta la scalata con Bologna, Fiorentina e Milan, dove è puntualmente scartato per la sua gracile costituzione. Acquistato dal Pisa per 70 mila lire, gioca per due anni in serie C. A vent’anni la prima svolta: è col Como in serie B e qui il ragazzo toscano si fa notare. L’anno successivo è la Juventus a volerlo, soprattutto l’allora presidente Giampiero Boniperti. Marco Tardelli viene acquistato per 950 milioni di lire e comincia per lui l’avventura bianconera. Un’avventura lunga due lustri.
L’ex centrocampista della Juventus vanta una carriera eccezionale, condita da cinque scudetti, un titolo mondiale e tanto altro ancora
TARDELLI ALLA JUVENTUS – L’allenatore Carlo Parola lo schiera come terzino, sulla fascia sinistra. Marco in questo ruolo esordisce il 27 agosto del 1975, nella sfida di Coppa Italia contro il Taranto. È subito vittoria: 2-0 per la Juventus. Da lì in avanti, superate alcune difficoltà di inserimento, Tardelli diventa un riferimento per il centrocampo bianconero. Un centrocampo forte, che vanta i nomi di Furino, Causio, Benetti. Lui, terzino d’attacco, crescerà sotto l’ala del Trap diventando un leader naturale, un giocatore completo capace di cavarsela in qualsiasi zona del campo. Abilità nella marcatura e rapidità nella corsa: questi i punti di forza che lo rendono un numero uno nel mondo. Marco “marca” stretto, non perde mai di vista l’avversario e, quando corre, schizza via come un fulmine. E Schizzo diventa il suo soprannome.
LA NAZIONALE DI BERZOT – Marco Tardelli esordisce con la maglia azzurra nel 1976, poi è ai Mondiali del 1978 in Argentina e agli Europei del 1980, giocati in Italia. Ma il suo nome, come altri della Juventus d’oro degli anni Ottanta, si è legato a doppia mandata ai “mitici” Mondiali del 1982. Una Nazionale da urlo, esattamente come l’urlo di Tardelli durato sette secondi e immortalato dalle televisioni di tutto il mondo. L’Italia è in finale contro la Germania ovest. Stadio Bernabeu. Risultato: 1-0 per la nazionale azzurra. Tardelli segna il secondo goal, quello che matematicamente porta l’Italia alla vittoria. Ed è un urlo: il tempo si ferma, la gioia si concentra nelle corde vocali ed esplode nella parola “Goal!”. Meglio cogliere l’attimo, visto che questo sarà l’ultimo goal di Tardelli in maglia azzurra. Ma lui allora non può saperlo. E si gode solo la soddisfazione di quell’attimo, pura felicità.
All’epilogo della sua carriera arriva anche l’ultimo trofeo: quella Coppa dei Campioni macchiata dal sangue della violenza dell’Heysel
L’ADDIO ALLA JUVENTUS – Dopo 34 reti segnate in 259 partite, cinque scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia, Tardelli lascia la Juventus per l’Inter. Saluta la Vecchia Signora con un grande primato, eguagliato solo dai suoi compagni di squadra Cabrini e Scirea: aver vinto le tre principali competizioni UEFA per club. Marco Tardelli vince l’ultimo trofeo in extremis, proprio all’epilogo della sua carriera in bianconero. Un trofeo che sa di fiele, perché il costo di vite umane è troppo alto per parlare di vera vittoria. Basta la data: 29 maggio 1985. Finale della Coppa dei Campioni, stadio Heysel. La Juventus vince per uno a zero contro il Liverpool, tra lo sgomento, le lacrime e la paura per le vittime sugli spalti.
GLI ULTIMI ANNI DA CALCIATORE – Ancora qualche impresa con la Nazionale, ancora qualche slancio in maglia neroazzurra, poi un’ultima stagione con l’elvetico San Gallo. Per Marco Tardelli è arrivato il momento di dire addio al calcio giocato. Per lui si apre un nuovo capitolo da Mister.
TARDELLI ALLENATORE – Nel 1989 Tardelli è nominato responsabile dell’Italia under 16, l’anno successivo è vice di Cesare Maldini per l’under 21. Seguono alterne vicende da allenatore e qualche gloriosa soddisfazione: una medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo, la consacrazione a ct dell’under 21. Poi, nel 2000, la grande occasione in serie A: la direzione dell’Inter. Ma, come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica. L’esperienza è disastrosa. Tardelli non si lascia abbattere e continua ad allenare, con la caparbietà che lo contraddistingue. Si succedono il Bari, l’Egitto, l’Arezzo, infine l’Irlanda di Trapattoni. Intanto, comincia una carriera parallela come opinionista e commentatore televisivo, soprattutto per Rai Sport.
LA SUA AUTOBIOGRAFIA – Nel 2016, insieme con la primogenita Sara, pubblica la sua autobiografia “Tutto o niente”. Il titolo è eloquente, con quell’aut aut tra gli opposti. Un rimpallo continuo tra i due estremi, per esprimere il senso di Tardelli per la vita.
Lui ha voluto tutto e si è mangiato la vita. Il suo gioco è sempre stato duro e autentico, nella vita come in campo. Grandi amori, due figli amatissimi, forti emozioni, cadute e risalite. E il senso di questa enorme voglia di vivere è racchiuso proprio nei colori della sua squadra del cuore. Il bianco e il nero. Il tutto e il niente: due poli che si attraggono e si respingono, ma che non potrebbero sussistere l’uno senza l’altro.