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Miretti a Dazn: «La Juve, De Bruyne e quella promessa: questo sono io»

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Fabio Miretti, giovane centrocampista della Juventus, si è raccontato in una lunga intervista a Dazn: le sue parole

Fabio Miretti si è raccontato a Dazn.

Le parole del centrocampista della Juventus nel format PiedixTerra.

CALCIATORE – «Quando ho iniziato a giocare era il mio sogno, non c’è stato un momento preciso. Quando sono entrato alla Juve ero un bambino, ho sempre dato per scontato che avrei dovuto studiare per avere un futuro».

ESTATE – «Si è chiusa una stagione impegnativa, dopo l’Europeo c’è stata la maturità e fino al 10 luglio ero impegnato a scuola. La cosa più difficile? La maturità, a calcio non ho problemi (ride ndr)».

ESORDIO – «La situazione a centrocampo era corta ma non pensavo di giocare titolare».

COMPAGNI – «Entrare nello spogliatoio della Juve, essendo tifoso e dopo tutto il percorso, mi ha fatto molto effetto. L’esordio non è paragonabile, ma c’è una serie di cose che fanno capire dove sei arrivato».

LINGUE – «Con l’inglese me la cavo, lo spagnolo non lo so parlare».

CHICO – «Quando giocavo al Cuneo eravamo 3 o 4 Fabio. Essendo piccolo mio padre voleva incitarmi, ma non capivo si riferisse a me. Poi dopo un torneo vinto siamo andati a cena da un amico che aveva una maglia di non ricordo che squadra, ma dopo questa serata mio papà ha iniziato a chiamarmi così e poi tutti gli altri a ruota».

VACANZA A LONDRA – «Stressavo i miei genitori che volevo andare a vedere gli stadi. Ci siamo imbucati tra una cosa e l’altra. Allo Stadio del Chelsea siamo passati in sala conferenze e allora i miei genitori hanno fatto finta fosse una vera conferenza. Mia sorella mi faceva le domande, io facevo finta di avere il traduttore e rispondevo in italiano».

CARATTERE DA LEADER – «Entrare alla Juve così giovane, facendo tutta la trafila, ti fa maturare in fretta. Ma è anche una cosa caratteriale, da quando sono bambino sono sempre stato un leader in squadra. Poi sono stato capitano per parecchi anni a livello giovanile, è una cosa che ho dentro».

FALSO TIMIDO – «Mi sono calmato negli ultimi anni, da ragazzino ero più testa calda. Poi a primo impatto sono timido, poi mi smollo quando trovo confidenza».

PERIODO COVID – «Quell’anno l’allenatore era Pedone, il secondo era Carlos che ora collabora con Arteta. Insieme mi avevano fatto capire che potevo giocare avanti. Arrivavano tantissimi gol, però il gol è una cosa che ho sempre avuto nelle giovanili».

IDOLO – «Da bambino era Nedved, non so perchè. Ero piccolo, guardavo la Juve e mi piaceva non come può piacermi De Bruyne, ma perchè faceva gol ed era forte. Volevo i capelli come lui e per un periodo li ho avuti, ma i miei genitori mi mettevano il gel e quindi davanti erano sparati».

DE BRUYNE – «Mi piace la visione e il modo in cui passa la palla. Sa come fartela arrivare, so di dover migliorare in questo e mi ispiro a lui».

QUALITA’ – «Me ne accorgo perchè un po’ di anni fa mi ha allenato Giovanni Valenti. Lui mi ha fatto capire quanto fossero importanti cose scontate come l’orientamento o lavorare sotto pressing. E’ una cosa che mi porto dietro da qualche anno».

MARCHISIO – «Per la prima volta l’ho visto davanti una pizzeria. Abbiamo parlato un po’, poi mi ha scritto dopo la Youth League. E’ un punto di riferimento, quando ero arrivato nel settore giovanili dicevano tutti “son più quelli che non ce la fanno ma guarda Marchisio”. Io sono riuscito in questo percorso, ma ora arriva il difficile. Magari però i prossimi bambini avranno me come riferimento».

SALUZZO – «Sono anche un po’ fighetti lì, ma io sono un po’ più tamarro anche se non si vede. Magari mi pongo da provinciale, non spacconcello…».

FIDANZATA – «Quando ci siamo messi insieme non avevo l’orecchino ma lei approva. Stiamo insieme da ormai tre anni, ma non saprei cosa dire. Siamo molto uniti, ci siamo sempre visti tanto perchè lei abita dove hanno casa i miei. Era difficile vedersi prima che avessi la patente, ma dall’anno scorso con la macchina 3 o 4 giorni a settimana ci vedevamo. Adesso lei viene in treno a Torino, ci vediamo spesso».

NUOVA CASA – «Il passaggio dal convitto mi ha cambiato la vita, dall’essere servito e riverito sto imparando ad aggiustarmi. E’ una cosa che ho sempre voluto fare comunque. Lo sbattimento più grande è fare la lavastoviglie, è una cosa che non vorrei mai fare».

PEDRI – «Tecnica».

CAMAVINGA – «Strapotere fisico».

MUSIALA – «Genio».

BELLINGHAM – «L’ho visto giocare poco, ma goleador».

SIMONS – «Etichettato. Ho giocato spesso contro di lui, secondo me sin da bambino lo hanno etichettato come fenomeno, come nuovo Xavi o Iniesta. La nuova esperienza può fargli bene e sto notando che sta facendo bene dove è ora. Sono contento per ora».

GIOVANI IN ITALIA – «Non è vero che giocano poco. Forse all’estero hanno meno paura a buttarli dentro, però poi chi giudica è sempre il campo. Scalvini mi piace, abbiamo sempre giocato contro ma anche insieme in Nazionale. E’ molto forte».

LA JUVE FA FATICA – «Dal mio punto di vista, indipendentemente dal periodo, noi dobbiamo fare il massimo per vincere. E’ un fatto di responsabilità e attaccamento alla maglia. Sappiamo che gli infortunati potrebbero aiutarci, ma chi va in campo ha la responsabilità di dare il massimo. Siamo la Juve indipendentemente da chi c’è in campo. Sono gobbo da cima a fondo, sempre stato».

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