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Modello Juve: ecco come giovani talenti diventano campioni – VIDEO
Da Fagioli a Bellucci: la Juve costruisce i propri talenti badando alla crescita tecnica e umana, i risultati sono la naturale conseguenza
«Vincere non è importante. E’ l’unica cosa che conta». In casa Juve la strada è tracciata da tempo, e ha tappe precise. Da Corso Galileo Ferraris alla Continassa (che sono solo le ultime due sedi della storia bianconera) il concetto non è mai cambiato: i successi passano dalla programmazione, su tutti i livelli della società. Certosino, viscerale il lavoro svolto quotidianamente dal club sulla crescita dei suoi giovani, linfa vitale per il futuro. In barba a chi continua a parlare con pessimismo dei talenti di casa nostra. Anche quì la genetica ha canoni precisi, e trasmettere la mentalità è ancora più importante delle nozioni tecniche. Juventus è tra i pochi club che in Italia lavorano per garantire un futuro al calcio italiano. Per spazzar via la negatività di chi si è adagiato ormai da tempo all’idea che gli allori d’un tempo resteranno solo nei ricordi. Probabilmente, perché è sempre più facile piangersi addosso piuttosto che mettersi in discussione e trovare soluzioni alternative.
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Metodo Juve: ecco come i giovani talenti diventano campioni
«Vedere giocare a calcio quel ragazzo lì è un piacere, perché è un ragazzo del 2001 che conosce il calcio» ha detto Massimiliano Allegri qualche settimana fa in conferenza stampa, spezzando la monotonia dei disfattisti nei confronti del nostro calcio. L’esempio di Nicolò Fagioli, cresciuto negli ultimi anni nelle giovanili della Vecchia Signora e quest’anno aggregato in pianta stabile alla prima squadra dopo una stagione in Under 17, va snocciolato per bene per non scivolare nell’ovvio. Perché il talento del ragazzo non si discute. Ma dietro la sua formazione c’è soprattutto il lavoro di una società, di una serie di allenatori che lo hanno portato a quel livello. E le parole di Allegri, allenatore della prima squadra, sono soprattutto di elogio per i colleghi che gli hanno recapitato un prodotto pronto per l’ultimo grande salto tra i grandi. Così mister Francesco Pedone, che la scorsa stagione ha guidato Fagioli nella Juventus Under 17.
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Le vittorie del futuro si costruiscono con il sacrificio del presente. A costo di non ottenere un risultato positivo sul campo. In questo senso, sono fin troppe le realtà che sporcano la vera essenza del calcio giovanile. Dagli allenatori che giocano egoisticamente solo per vincere partite e i campionati ai genitori che esercitano pressioni sui figli senza lasciar loro spazio e tempo per maturare autonomamente. Ai programmi di allenamento che danno sempre più spazio alla tattica a discapito della tecnica. Così il compito di un club organizzato, e chiaramente ambizioso, si moltiplica di gran lunga. La politica interna della Juventus passa attraverso le parole dei suoi allenatori: nessuna prima donna, massima attenzione alla crescita individuale del giocatore e mentalità vincente che non ha bisogno di alibi quando le cose non vanno per il verso giusto. Dalle parole di Allegri che premiano il lavoro svolto da Pedone, a quelle di Paolo Beruatto, allenatore della Juventus Under 16, dopo una sconfitta della sua squadra.
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Vestire la maglia della Juventus è un privilegio. Il sogno di molti che in pochi riescono a realizzare. E ogni tappa di avvicinamento alla massima serie va vissuta dando dimostrazione del proprio valore tecnico e umano. La costruzione dell’uomo in casa Juve passa anche da esclusioni da ricordare, com’è è capitato al talentuoso Davide Di Francesco qualche settimana fa. Un paio di minuti di ritardo in allenamento gli sono costati la tribuna in Primavera. E, a scanso di equivoci, trattasi di un giocatore che sette giorni dopo si è poi guadagnato la prima convocazione in Under 23, in una categoria superiore rispetto a quella che gli compete. Significative le parole del tecnico della Juventus Primavera Francesco Baldini.
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Il modello Juve viene replicato anche nel settore femminile. Già all’esordio in campionato, coach Rita Guarino ha avuto modo di buttare nella mischia alcune delle giovani a sua disposizione: Caruso, Panzeri e Bellucci, quest’ultima all’esordio assoluto in Serie A. E anche in questo caso il tecnico della prima squadra ha premiato il lavoro svolto nella costruzione dei talenti, dando merito a quegli allenatori che spesso restano in ombra ma che rappresentano lo zoccolo duro del club.
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I risultati in casa Juve sono dunque la naturale conseguenza di un lavoro quotidiano che non lascia niente al caso. Con una società che guarda ben oltre e che, non a caso, è stata l’unica a farsi trovare pronta per mettere in pista la seconda squadra. In una categoria complessa come la Serie C, che è stata la tappa comune della carriera della maggior parte di quei giocatori azzurri che nel 2006 furono con merito campioni del mondo.