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Logica e folle: la Juve di Monza e il secondo di Gatti

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Logica e folle: la Juve di Monza e il secondo di Gatti. E se per i bianconeri di Allegri questo fosse veramente l’anno buono?

Per un solo secondo, che però da troppo non vivevo – esattamente da 3 anni – ho seriamente pensato che questo sia l’anno buono. É il tempo che è intercorso da quando Gatti ha ciccato il pallone a quando se l’è ritrovato lì per metterlo dentro. Trasformando così una gigantesca e meritata condanna di un calcio eccessivamente difensivo nella promozione di un calcio che porta proprio un difensore – non a caso – a segnare la rete della vittoria. Tutto follemente logico, verrebbe da dire, o logicamente folle, se non fossero entrambi un ossimoro. Che non è da meno dell’essere nei quartieri alti della classifica annullando il gioco quasi in modo totale. La Juve non gioca e non fa giocare. Per segnarle contro devi sbagliare. Perché faccia gol, pure. É come erigere un monumento alla bruttezza nel centro del villaggio e scoprire che sta bene nelle fotografie. Non oso pensare alla notte insonne che devono avere passato alcuni. E non mi riferisco agli interisti, ma agli esteti che non se ne faranno proprio una ragione.

A Monza la Juve ha avviato bene la sua partita per come immediatamente ha trasfornato un episodio non banalmente negativo quale il rigore sbagliato da Vlahovic (non il primo errore che fa dal dischetto) in immediato vantaggio con la nostra arma preferita, i calci d’angolo. Dove, peraltro, avremmo potuto colpire anche dopo, ma Gatti si mangia un gol da un metro (e chi lo aveva capito che era il pre-finale del film?). Il 2-0 sarebbo stata la sublimazione della concretezza di una squadra che ha il merito di sbloccare il risultato in fretta senza dover per forza di cose proporre la sua faccia più determinata.

La Juve è partita facendo possesso, spesso molto arretrato, cerca di far muovere un po’ le punte. Che ragionano ben poco insieme, non per mancanza d’intesa ma perché servono di più in funzione di appoggio per dare qualche aiuto a una manovra dove non c’è luce centrale. Si fa fatica a pensare che Nicolussi abbia un ruolo da regista, talmente sono pochi i palloni che tocca, semmai è impegnato a fare da frangiflutti e – come tutto il resto della squadra – a impegnarsi per muoversi in maniera compatta difensivamente, mentre davanti si vive di qualche accensione un po’ solitaria e anche velleitaria di Chiesa.

Dopo il vantaggio la squadra non riparte quasi mai convinta, quasi che sentisse di non averne il bisogno, oltre che non averne la mentalità. La si può capire, per certi versi. Dietro nei primi minuti non si rischia, infatti, praticamente nulla, il Monza non propone né cambi di ritmo né soluzioni con un qualche tasso d’imprevedibilità. Ancora una volta la Juve sembra funzionare quasi totalmente per come inibisce le qualità altrui, per come svuota il gioco degli avversari persino nelle intenzioni più che per una proposta che non sia la massimizzazione degli episodi (nel conteggio delle occasioni, va annoverato anche un tiro di Rabiot che – oltre al gol – appare semplicemente come il più capace).

Insomma, il mix è chiaro, coerente, continuo: grande funzionamento nella fase difensiva, stavolta – così come con l’Inter – con un incremento dei palloni recuperati dai nostri centrocampisti; limiti tecnici piuttosto corposi ogni qualvolta si cerca di trasformare un break in una risposta (e buon per noi che c’è un Alex Sandro molto lucido e mobile, qualcosa ci garantisce nella pulizia di alcune uscite).

Poi la Juve esce dall’intervallo bene, offrendo l’idea (sempre parziale, ma questo siamo) di potere anche chiudere la gara. Persino oltre le proprie intenzioni visto che il Monza non sembra assorbire benissimo i cambi in avanti proposti da Palladino e che poi, dopo un po’, produrranno invece conseguenze, determinando una gara piena di cross per trovare una punta centrale. Rabiot sembra funzionare da assaltatore in appoggio alle punte, ciò che dovrebbe fare decisamente di più in partita (nella follia finale, potrà stupire tutto ciò che fa Gatti, liscio del tiro e poi botta in porta, non l’azione del francese che propizia il gol). Ovviamente, è un segnale timido, non siamo in grado proprio “culturalmente” di chiudere le partite.

Perciò, nell’ultima mezzora c’è il tempo per registrare il consueto copione. Juve arroccata dietro a proteggere Szczesny praticamente inoperoso. Pensieri su quanti giocatori bianconeri non appaiano comunque nella loro migliore serata, vedendo una serie di errori che si fanno quando si prova a ripartire. Sospetti più che fondati che così giocando certo non li si educa a migliorarsi, se non appunto nell’applicazione difensiva dove forse meriteremmo già la laurea. Infine, l’idea che essere puniti dagli episodi (da un gol che non doveva essere un cross) sia giusto quanto essere premiati da uno di segno opposto, un tiro sbagliato così male da lasciare la palla lì, pronta per la vittoria.

Dicono che questo sia il calcio. Non ne sono sicurissimo. In ogni caso, felici quelli che lo vivono, a cercarne le leggi e le ragioni è decisamente più faticoso.

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